Torino ospiterà l’unica sede italiana del Centro di competenze per l’innovazione sociale dell’Unione Europea, un polo di formazione, orientamento e intervento tecnico-politico di stimolo all’economia sociale. L’obiettivo dichiarato è preparare la pubblica amministrazione e le imprese sociali ad intercettare le risorse del Fondo sociale europeo, 120 miliardi di euro su scala europea per i prossimi anni, 15 dei quali assegnati all’Italia, con il vincolo di declinarli in progetti concreti.
Più che l’allestimento di una sede fisica, si tratterà di una serie di attività, spiega Mario Calderini, docente del Politecnico di Milano e fondatore di Torino Social Impact, «dedicata a quelle forme di impresa, anche nel settore profit, che coniugano insieme la sostenibilità economica con la capacità di affrontare e risolvere problemi sociali», come la disoccupazione, l’esclusione sociale, le discriminazioni di genere…
Una lunga tradizione – L’Unione europea – dicono gli osservatori qualificati del settore – ha riconosciuto a Torino l’esperienza storica dei santi sociali e l’esistenza di imprese sociali radicate, con forti collaborazioni anche con il settore profit e le fondazioni bancarie. Il Fondo sociale europeo è il principale strumento utilizzato dall’Unione per sostenere l’occupazione, aiutare i cittadini a trovare posti di lavoro migliori e assicurare opportunità lavorative più eque: a Torino si tenterà di declinarlo sul versante dell’impresa sociale nella sua più larga accezione – non solo no-profit e terzo settore, ma qualsiasi impresa che intervenga per il miglioramento della condizione sociale generale o di specifiche categorie.
La definizione è larga, ne sono consapevoli gli stessi attori, e può dare luogo ad uno slittamento verso forme di impresa lontane dall’impegno sociale. I più addentro al settore spiegano che pezzi della cooperazione o dell’impresa sociale no profit si stanno effettivamente finanziarizzando e compromettono il sistema valoriale di partenza delle iniziative sociali; tante aziende profit, allo stesso tempo, mettono al centro della loro attività la ricaduta positiva della loro produzione sul territorio. Un approccio al lavoro e all’impresa, quest’ultimo, aderente al testo della Costituzione italiana («L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana», articolo 41) e alle sollecitazioni della Dottrina sociale della Chiesa affinché l’impresa «renda effettivamente autentico il diritto al lavoro e la sua connaturata dignità», tema più volte rilanciato dall’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, in occasione delle numerose crisi industriali aperte nel torinese.
Guida all’innovazione – L’approdo del Centro per l’innovazione sociale a Torino è il risultato della vittoria ottenuta dal Comune, come ente capofila, nel progetto europeo EaSI – programma per l’occupazione e l’innovazione sociale, che prevede un budget di 900 mila euro. Gli altri partner sono Fondazione Brodolini, Politecnico di Milano, Università di Bologna, Politecnico di Torino, Euricse, Fondazione Italia Sociale. Il centro torinese non si fermerà ai confini nazionali, ma diventerà il polo di riferimento per altri paesi comunitari: Romania, Grecia e Slovenia.
Reti, relazioni, capacità di innovare… in concreto, come si tradurranno queste azioni per le imprese torinesi? Lo spiega Fabrizio Ghisio, segretario generale di Confcooperative Piemonte Nord: «Immaginiamo una cooperativa che dà lavoro a persone svantaggiate, con disabilità oppure provenienti da percorsi difficili: per offrire un servizio capace di stare sul mercato avrà bisogno di aggiornarsi, di sviluppare le competenze digitali dei propri lavoratori, di adattare la propria. Ci aspettiamo che il Centro intervenga con percorsi guidati mirati per garantire l’innovazione a queste realtà del privato sociale».
Modello internazionale – Torino ospiterà a maggio il prossimo summit mondiale sull’impact investing, mentre a novembre il summit internazionale di Ashoka, la più grande rete al mondo di imprenditori per l’innovazione sociale, che mette in rete oltre 3.500 imprenditori sociali, attivi in diversi settori nel mondo. Per Mario Calderini, «sono segnali importanti: Torino sta diventando infatti un modello a livello internazionale, capace di intercettare l’iniziativa europea che ha formalmente inserito l’imprenditorialità sociale nei 14 settori europei decisivi per uscire dalla crisi post Covid».