Embraco non riparte, torna la paura

Riva presso Chieri – Sono passati 14 mesi e tutto tace. L’ex fabbrica Embraco, 409 lavoratori, non ha ancora ripreso l’attività produttiva. Era stato annunciato il piano di salvataggio, ma la nuova proprietà tentenna. E i lavoratori tornano ad avere paura.

730

Ex Embraco, ora è allarme rosso. Sono trascorsi 14 mesi dal «salvataggio» dell’azienda da parte della holding italoisraeliana Ventures: ma la produzione non è ripartita né ci sono segnali incoraggianti per i 409 addetti che tra dieci mesi rischiano di andare in mobilità. E adesso la proprietà fa sapere di aver bisogno di aiuto dalle banche per avviare i lavori: mancherebbero 3 milioni.

Lunedì 16 settembre gli addetti hanno scioperato per quattro ore: uno sciopero sui generis, dal momento che è stato fatto non per interrompere la produzione bensì per chiederne l’avvio. In teoria a Riva di Chieri dovrebbero assemblare robot per la pulizia dei pannelli solari, distributori d’acqua, mattoncini elettronici «intelligenti» tipo Lego, biciclette elettriche. Ma in pratica non ci sono i macchinari.

Infatti gli enormi capannoni sono vuoti: «Gli operai vivono nel limbo, imbiancano le pareti, fanno le pulizie, montano e smontano prototipi di bicicletta elettrica» afferma il segretario Uilm Dario Basso. «Ora attendiamo con trepidazione l’incontro a Roma, al ministero per lo Sviluppo economico. Apprezziamo l’intervento del presidente della Regione Alberto Cirio, che ha promesso di fare pressione, per sapere una volta per tutte se il piano industriale sia fondato».

Cirio e l’assessore regionale al lavoro Elena Chiorino sono intervenuti a Riva al presidio organizzato da Fim, Fiom e Uilm: con loro anche i sindaci di Chieri Alessandro Sicchiero e di Riva Lodovico Gillio.

«Questi lavoratori sono stati presi in giro due volte» hanno sottolineato Cirio e Chiorino. «Prima da Bruxelles, perché è inaccettabile che l’Europa consenta a una multinazionale che si insedia in un Paese europeo di prendere milioni di euro di aiuti pubblici per poi trasferire la produzione altrove, sempre in Europa, dove però il lavoro costa meno. E poi da Roma, perché la soluzione individuata dall’allora ministro Calenda avrebbe dovuto garantire la ripartenza della produzione entro quest’estate, con autonomia finanziaria e un piano industriale chiaro. Ora scopriamo invece che l’azienda che ha acquisito Embraco ha bisogno di un supporto da parte delle banche per poter avviare la produzione».

L’aspetto finanziario è quello che più preoccupa: «Per la prima volta la proprietà ha riconosciuto di non avere la capacità finanziaria per fare un intervento da sola» afferma Cirio «per questo la prossima settimana organizzeremo un incontro tra gli istituti di credito e la proprietà. Ho inoltre contattato il sottosegretario al lavoro Francesca Puglisi, per illustrarle nel dettaglio la situazione e ribadire la richiesta di convocare con urgenza il tavolo di crisi».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome