Ci sono eventi, pur importanti, che passano quasi inosservati perché sono annegati in altri ancora più significativi e a loro concomitanti.
A fine aprile del 1911 Torino era concentrata sul cinquantenario dell’unità italiana (proclamata in città il 17 marzo 1861) e sull’inaugurazione dell’Esposizione internazionale dell’industria e del lavoro, una vera e propria “esposizione universale”, che si sarebbe e inaugurata il giorno 29 di quello stesso mese.
Furono, quindi, quasi ignorati sia il suicidio, sia i funerali di lì a poco successivi, di Emilio Salgari, scrittore nato in Veneto, ma ormai piemontese d’adozione, avendo vissuto prima a Ivrea e a Cuorgnè e poi per lunghi anni a Torino.
Una forte depressione, una situazione familiare complessa, e quella economica forse ancor più disastrata, avevano spento la speranza in un romanziere molto apprezzato dai lettori, ma poco considerato dagli operatori culturali e che era sfruttato dagli editori.
Le sue opere principali, soprattutto quelle dei cicli dei Pirati della Malesia e dei Corsari delle Antille, sono ancora oggi continuamente ripubblicate e hanno trovato, e troveranno ancora, versioni cinematografiche e televisive di grande successo.
Salgari non fu solo uno scrittore di libri di avventura, ma fu anche un divulgatore scientifico ante litteram, disegnò figure femminili e rapporti interpersonali fuori dagli schemi della sua epoca ed ebbe mirabili intuizioni sui tempi futuri.
Le trame dei suoi romanzi sono accompagnate da descrizioni accurate dei luoghi in cui si svolgono, della fauna e della flora e dei costumi locali: forse tanti dettagli oggi appesantiscono la lettura, ma, a cavallo tra ‘800 e ‘900, rappresentavano una rara fonte di informazione per chi non aveva altro modo di istruirsi. Lo scrittore praticamente non viaggiò mai per il mondo: sembra che il suo unico viaggio marittimo sia stato un Venezia-Brindisi andata e ritorno, ma le sue assidue frequentazioni delle biblioteche torinesi colmarono questa lacuna e lo fecero diventare un narratore molto documentato.
Grande novità è che i suoi protagonisti lavorano spesso in gruppo e non fanno distinzione d’etnia: Sandokan è malese, Tremal Naik indiano e Yanez europeo, ma collaborano amabilmente tra loro. Hanno una storia d’amore con una donna bianca i primi due (non la stessa!) e con un’indiana il terzo. Poi, le coprotagoniste femminili delle sue storie sono persone forti ed indipendenti: Marianna, la Perla di Labuan, non accetta la sua vita stucchevole da dama coloniale, ma sceglie di stare col pirata Sandokan. Yara, la principessa india ne La regina dei Caraibi, è un altro esempio di autonomia. La “regina dei Caraibi”, la futura moglie del Corsaro Nero, Honorata, affronta con coraggio e dignità molte peripezie, e un destino avverso, e la loro figlia, protagonista di Jolanda la figlia del Corsaro Nero, è una donna d’azione, come lo è la Capitana dello Yucatan, protagonista dell’omonima storia. I suoi ritratti di eroi femminili sono, perciò, molto moderni e avanti sui tempi, anche se spesso sono venati da un senso di tragedia, forse perché l’autore era fortemente condizionato dalla malattia mentale di sua moglie, che poi morirà in manicomio. Anche le sue posizioni “anticolonialiste” non erano così scontate a quei tempi: i “buoni” sono quasi sempre rappresentati dalle popolazioni locali, mentre i “cattivi” sono per lo più gli occupanti spagnoli in Centro America e quelli inglesi in Estremo Oriente.
Da un punto di vista delle sue premonizioni sul futuro, la lettura de Le meraviglie del Duemila è irrinunciabile. Pubblicato nel 1907, è ambientato nel 1903 e proietta i suoi protagonisti nel 2003: crioconservazione dei corpi, macchine volanti, motori elettrici e inquinamento elettromagnetico (che causerà la morte dei due protagonisti ibernati, che si sono risvegliati dopo cento anni di “frigorifero”), televisione, materie plastiche, cibi pre preparati, e disponibili automaticamente nelle mense,… sono solo alcune delle “meraviglie” tecnologiche che troviamo in anteprima nel romanzo. Ma vi leggiamo anche di altri tipi di inquinamento, della scarsità di alimentazione, dei costi dell’allevamento bovino esasperato, di terrorismo, di un complesso ordine politico mondiale e di una Cina molto espansiva,…
Se Walt Disney l’avesse conosciuto, chissà quanti parchi tematici di divertimento avrebbe costruito con i suoi personaggi, le loro avventure e le sue intuizioni.
In un bosco della collina torinese questo visionario, ma incompreso scrittore, si diede la morte in una città distratta da altri avvenimenti, proprio il 25 aprile, un giorno che in Italia diventerà una festa nazionale, un motivo in più per il quale il ricordo del suo suicidio sarà sempre posto molto in secondo piano.