Condannare eutanasia e suicidio assistito, «errori morali e religiosi»; accompagnare il fine vita; rispettare l’obiezione di coscienza. Le tre religioni monoteistiche e abramitiche – Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo – in una «Dichiarazione congiunta sulle problematiche del fine vita», firmata il 28 ottobre 2019 in Vaticano, censurano senza riserve eutanasia e suicidio assistito, chiedono che la volontà del paziente di non essere più un peso «non lo induca a scegliere la morte».
Le religioni monoteiste si oppongono «a ogni forma di eutanasia e al suicidio assistito, che sono in contraddizione con il valore della vita umana, perciò sbagliate dal punto di vista morale e religioso e dovrebbero essere vietate senza eccezioni. La società si assicuri che il desiderio del paziente di non essere un onere, non lo induca a scegliere la morte piuttosto che voler ricevere la cura e il supporto che potrebbero consentirgli di vivere il tempo che gli resta nella tranquillità».
Obiettivo della dichiarazione è presentare la posizione delle religioni monoteistiche a beneficio dei pazienti, dei familiari, degli operatori sanitari e dei responsabili politici; migliorare la capacità degli operatori sanitari nel comprendere, aiutare e confortare il credente e la sua famiglia; promuovere comprensione e sinergie tra i differenti approcci tra le religioni monoteistiche e l’etica laica. I progressi rendono possibile il prolungamento della vita, spesso accompagnata da sofferenza e dolore a causa di disfunzioni organiche, mentali ed emotive. Nei Paesi sviluppati si muore in ospedali o cliniche e molti sono attaccati a macchinari, «mentre in passato solitamente si moriva in casa».
Constatato che «la maggior parte delle decisioni sul paziente non sono di natura medico-scientifica, ma sociali, etiche, religiose legali e culturali», si definisce il paziente in fase terminale «persona affetta da male incurabile e irreversibile, in una fase in cui la morte giungerà nell’arco di pochi mesi». Stesso rifiuto per l’accanimento terapeutico: «Gli interventi sanitari sono giustificati solo come possibile aiuto. Quando la morte è imminente, è giustificato rifiutare trattamenti che prolungano una vita precaria, gravosa, sofferente. Bisogna fare il possibile per offrire sollievo, alleviare il dolore, dare compagnia e assistenza al paziente e alla sua famiglia». Negli accanimenti terapeutici il testo non comprende: supporto respiratorio, nutrizione e idratazione artificiali, chemioterapia o radioterapia, somministrazione di antibiotici, farmaci per la pressione.
Le religioni monoteiste si oppongono «a ogni forma di eutanasia, atto diretto deliberato e intenzionale di prendere la vita; e al suicidio medicalmente assistito, diretto, deliberato e intenzionale supporto al suicidarsi»: entrambi sono «in contraddizione con il valore della vita umana e perciò azioni sbagliate dal punto di vista morale e religioso» che dovrebbero essere vietate. Qualsiasi pressione e azione sui pazienti «per indurli a metter fine alla propria vita è categoricamente rigettata».
La dichiarazione chiede di garantire assistenza spirituale e religiosa «diritto fondamentale del paziente e dovere della comunità religiosa, è il miglior contributo all’umanizzazione della morte»; sollecita per ogni paziente «la migliore e più completa assistenza palliativa possibile, una qualificata e professionale presenza delle cure palliative ovunque e per ciascuno perché è un obbligo morale e religioso fornire conforto, sollievo al dolore, vicinanza, assistenza spirituale al morente e ai suoi familiari»; ribadisce «il valore e la dignità della vita, che merita di essere curata e sostenuta fino alla fine naturale».
Il grande artefice del documento è mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita: la stesura è stata realizzata da un gruppo interreligioso, formato dai rappresentanti delle tre religioni e coordinato dalla Pontificia Accademia.
La dichiarazione fu proposta a Papa Francesco dal rabbino Avraham Steinberg, copresidente del Consiglio nazionale israeliano di Bioetica.