Fiamme alla Sacra di San Michele, l’immagine che resterà negli occhi

Notte di paura – Forse un cortocircuito all’origine del rogo che ha avvolto e distrutto in poche ore una parte del tetto del celebre monastero

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Un incendio è divampato la sera del 24 gennaio nella Sacra di San Michele, antica abbazia monumento simbolo della Regione Piemonte e luogo che ha ispirato Umberto Eco per il best seller «Il nome della Rosa». Prima di essere domate dai Vigili del Fuoco le fiamme (foto di Roland Crosazzo) hanno bruciato una porzione del tetto del monastero, situato all’imbocco della Valle di Susa, dove erano in corso lavori di ristrutturazione. Ancora da accertare le cause del rogo.

Ci sono edifici sacri che fanno parte dell’identità di un territorio, di una città o di paese indipendentemente dall’appartenenza religiosa degli abitanti. Per questo, come è accaduto a Torino nella notte dell’11 aprile 1997, quando le fiamme divorarono la Cappella della Sindone e migliaia di torinesi rimasero con il fiato sospeso, anche nella serata di mercoledì 24 gennaio, appena si è divulgata la notizia di un rogo alla Sacra di San Michele, non solo i Valsusini hanno temuto il peggio. Sì, perché  la millenaria abbazia benedettina, simbolo della Regione Piemonte, intitolata all’Arcangelo Michele è famosa in tutt’Europa non solo  perché ha ispirato «Il Nome della Rosa» di Umberto Eco. Per la Sacra passava, in epoca medievale, un’importante via di pellegrinaggio oggi riscoperta: la via Francigena, nella sua variante alpina della Val di Susa che univa Mont-Saint-Michel, in Francia, al santuario di San Michele Arcangelo, vicino a Foggia.

Così quando all’indomani dell’incendio (innescato probabilmente a causa di un cortocircuito avvenuto nel tetto nella parte più recente dell’edificio in fase di restauro) si è appreso che i danni erano circoscritti tutti i piemontesi hanno tirato un sospiro di sollievo.

«La Sacra» ci dice mons. Alfonso Badini Confalonieri, Vescovo di Susa la diocesi cui appartiene l’Abbazia «è nel cuore di tutti i Valsusini, oltre ad essere un punto di riferimento spirituale per tutto il Piemonte: per questo mercoledì notte siamo stati tutti in apprensione anche perché, data la posizione dell’edificio e la scarsità d’acqua, un incendio di vaste proporzioni sarebbe stato un disastro».

Invece, come rileva Francesco Antonielli, presidente emerito dell’associazione Amici della Sacra, un sodalizio che dal 1986 si preoccupa di valorizzare l’Abbazia, «il pronto intervento delle squadre dei Vigili del fuoco accorse dalla Bassa Valle per spegnere l’incendio ha limitato i danni» (stimato intorno ai 500 mila euro e che verranno rimborsati dalla Regione, ndr). Del resto come accade di frequente, «quando si restaurano edifici così antichi, ci si sottopone sempre a rischi se i lavori non sono eseguiti in assoluta sicurezza».

Nessuno dei tre padri rosminiani che abitano nel monastero, subito allontanati, è rimasto ferito. Il rettore, padre Giuseppe Bagattini, 82 anni da 15 anni alla Sacra costruita in cima al monte Pirchiriano all’imbocco della Valle di Susa tra il 983 e il 987,   ha precisato all’indomani dell’incendio che dopo molta paura per lui e i suoi due confratelli «non ci sono stati problemi gravi e non abbiamo dovuto abbandonare il convento, semplicemente ci siamo spostati nelle altre stanze fuori dalla zona pericolosa. Non vi sono stati nemmeno danneggiamenti alle opere d’arte e alle testimonianze storiche che la Sacra contiene».

Sulle cause del rogo, Luisa Papotti, soprintendente alle Belle arti della Città Metropolitana di Torino, ha precisato che potrebbe esserci stata «una coincidenza con il cantiere di messa in sicurezza del tetto» ma che occorre aspettare la condivisione delle indagini. Per ora si procederà «con una copertura della parte di tetto bruciata per evitare che la pioggia e la neve aggravino la situazione e nel frattempo pensare a un nuovo tetto».

«Grazie alla presenza e all’attività culturale e di studio dei padri Rosminiani» conclude il Vescovo di Susa «la Sacra è tornata ad essere un luogo vitale di spiritualità che ogni anno  accoglie migliaia di pellegrini e di turisti che vengono quassù spinti dalla fede o alla ricerca di una religiosità antica. La nostra speranza è che il testimone dei padri Rosminiani a diffondere la spiritualità della Sacra possa essere raccolto in futuro da altre vocazioni religiose per non disperdere un patrimonio di valori inestimabile».

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