Lunedì 16 aprile i vertici di FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e i sindacati si incontreranno per discutere sul futuro di Mirafiori e del polo produttivo di Grugliasco. Un incontro che anticipa l’investor day del prossimo 1 giugno e che si è reso necessario di fronte all’ennesimo ricorso alla Cassa Integrazione Ordinaria negli stabilimenti torinesi, programmato per l’inizio di maggio. Un incontro che trae origine da forti preoccupazioni sul futuro del polo automobilistico torinese, le stesse espresse tempo fa da dal presidente Chiamparino e dalla sindaca Appendino con una lettera inviata ai vertici di FCA, rimasta per il momento senza risposta.
In Piemonte l’industria dell’auto e l’indotto , diretto e indiretto, forniscono circa il 20% del valore aggiunto prodotto dal settore manifatturiero. A Torino il contributo è più elevato e raggiunge il 25%. Sono valori importanti che, al di là di ogni altra motivazione, giustificano ampiamente le preoccupazioni dei sindacati e delle Istituzioni.
Non è solo il futuro dell’auto a preoccupare; sono fonti di preoccupazione gli ultimi dati sulla disoccupazione che confermano le difficoltà che incontrano l’economia piemontese e torinese a creare nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani. Il confronto con le performance di economie a noi vicine è frustrante: in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna il tasso di disoccupazione è sceso al 6%.; da noi rimane attestato al 9%, un differenziale di 3 punti che diventano poco meno di 10 se il confronto è fatto sul livello dei tassi di disoccupazione giovanile. E non c’è da stupirsi se nel ranking delle regioni e delle province italiane più ricche il Piemonte è sceso all’11° posto; Torino al 24°.
Lo sviluppo dei territori dipende dalla potenza dei motori che ciascuno è in grado di produrre. Oggi le strutture delle economia delle regioni più sviluppate si assomigliano: la deindustrializzazione ha lasciato il posto alla terziarizzazione; il primato nella produzione di lavoro e redditi è passato ai servizi con effetti sulla produzione di benessere spesso diversi nei vari territori. I casi di Torino e del Piemonte sono da questo punto di vista emblematici e ci aiutano a spiegare la minor potenza dei nostri motori. Da noi l’esplosione dei servizi è un fenomeno più recente; fa perno su comparti dinamici ma relativamente poveri, non strutturati per produrre livelli elevati di reddito e di occupazione stabile e adeguatamente retribuita.
Da noi la deindustrializzazione è sfuggita di mano e ha lasciato sul terreno molti vittime, ma la nostra manifattura dimostra ancora oggi una buona tenuta come dimostra la capacità di stare sui mercati mondiali. Da noi l’industria è un motore di cui non conosciamo tutte le potenzialità: la riflessione che Istituzioni e sindacato stanno facendo sul futuro dell’auto va estesa a tutti i settori per conoscere i punti di forza, capire quali imprese sanno rendersi indispensabili nei ruoli più importanti dei processi produttivi che caratterizzano il commercio mondiale.