Un dono a tutti i preti nella Messa Crismale, un dono per fare tesoro di una ricchezza della Chiesa torinese condivisa con tante Chiese «sorelle» nel mondo.
È il volume «Doni di fede, 60 anni di fidei donum nella Chiesa di Torino» edito da Em che Giovedì santo viene distribuito ai sacerdoti perché, come mons. Nosiglia ha ricordato nell’introduzione, leggere le diverse storie significa anche «alimentare nei nostri cuori quel ‘fuoco per la missione’ che li ha animati, oltre che pregare per loro, sentirci fratelli tra fratelli, vera Chiesa ‘in uscita’ come ci ricorda Papa Francesco».
Si tratta di un lavoro a quattro mani: quelle di don Marco Prastaro, fidei donum in Kenya per 12 anni, direttore sino allo scorso anno dell’Ufficio Missionario diocesano, oggi Vicario Episcopale per Torino Città, moderatore della Curia e incaricato dei fidei donum della diocesi subalpina, di Morena Savian, vicedirettrice dell’Ufficio Missionario e di due diaconi giornalisti, Lorenzo Bortolin e Stefano Passaggio. «L’idea», racconta don Prastaro «è nata nel gruppo dei fidei donum rientrati a Torino, dalla consapevolezza di avere una memoria da recuperare e custodire. Lo scorso anno ricorrevano i 60 anni dell’enciclica ‘Fidei donum’ e ripercorrere quanto quel documento (che nel volume è illustrato da mons. Carlo Ellena oggi Vescovo emerito di Ze Doca in Brasile, stato dove giunse fidei donum per la prima volta nel 1974) ha suscitato nella nostra Chiesa ci sembrava un modo interessante per ricordarlo. Potevamo fare un elenco delle opere realizzate: chiese, dispensari, scuole… ma ci siamo resi conto che sarebbe stato sterile, non si cercava un modo per celebrarsi, ma per andare alle origini di quel percorso che ha portato persone diverse, in contesti diversi a donarsi anche al di fuori delle proprie terre». Ecco dunque che i profili dei nostri fidei donum – o interpellati direttamente, o tracciati a partire da testimonianze di amici, familiari, articoli e interviste sulla Voce del Popolo – cercano di rispondere a tre interrogativi che aiutano a cogliere lo spirito dell’enciclica incarnato da sacerdoti, diaconi e laici (oggi sempre più ‘nuova forza del movimento’ che si sono messi in gioco: «Abbiamo chiesto quali motivazioni alle origini della partenza, quali le attività che hanno caratterizzato l’esperienza e quale, a posteriori il bilancio. Abbiamo scoperto tratti comuni, abbiamo individuato luoghi e tempi che sono stati terreno fertile come il seminario di Giaveno che ha avuto molti fidei donum tra i suoi docenti, o la fraternità sacerdotale Jesus Caritas che ha dato generosa disponibilità alla terra algerina… Oppure abbiamo colto l’impatto che ebbe l’appello a partire rivolto dal Cardinale Giovanni Saldarini il Giovedì santo del 1990».
Nelle pagine del volume sono cosi stati raccolti settantadue profili: 72 storie di scelte e partenze, di fatiche e scoperte, di entusiasmi e disillusioni… Nei racconti c’è il dialogo interreligioso, c’è l’impatto duro con la miseria, il confronto con abitudini e spiritualità diverse. C’è il desiderio dell’annuncio evangelico, della promozione umana, c’è il disorientamento del rientro, la nostalgia, la voglia di far fruttare qui nelle parrocchie diocesane l’arricchimento ricevuto. Conoscere le tante esperienze raccontate nel libro è ora un’opportunità per i sacerdoti che hanno sempre svolto il loro ministero entro i confini diocesani e per quanti vogliano attingere a una ricchezza di esperienze che coinvolge e che può stimolare ciascuno ad assumere quello spirito missionario che non è legato a confini geografici, età o vocazioni specifiche.
“Molti sacerdoti” prosegue don Prastaro “in particolare i più giovani conoscono poco questa realtà, con il libro vogliamo tenerne viva la memoria, magari stimolando anche altre diocesi a fare un lavoro analogo, tenendo conto che oggi l’esperienza dei fidei donum è in forte calo. Negli ultimi anni di italiani se ne contano una quarantina, mentre nelle nostre diocesi ne sono presenti circa ottocento provenienti da tutto il mondo. Un dato che fa riflettere e che ci può far domandare se vale ancora la pena partire. Ecco rileggere la storia dei nostri fidei donum mi ha convinto ulteriormente del fatto che, comunque sia, questa esperienza ha ancora senso nella nostra Chiesa. Forse si potrebbe dire che fa più bene a noi che alle nostre Chiese sorelle. Certamente abbiamo noi bisogno di aiuto, non solo e non principalmente di personale apostolico, ma di freschezza della fede, di doni spirituali, di riscoperta del primato di Dio, della sua presenza amorevole e premurosa in mezzo a noi, di qualcuno che ci ricordi che la dimensione di fede e religiosa è irrinunciabilmente costitutiva della natura umana”.