«La gravità della situazione attuale, che la pandemia del Covid ha fatto risaltare ancora di più, esige una responsabile presa di coscienza di tutti gli attori sociali, tra i quali voi avete un ruolo primario: le conseguenze delle nostre azioni e decisioni vi toccheranno in prima persona, pertanto non potete rimanere fuori dai luoghi in cui si genera, non dico il vostro futuro, ma il vostro presente. Voi non potete restare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra». È il passaggio più forte del videomessaggio con cui Papa Francesco nel pomeriggio di sabato 21 novembre si è rivolto ai giovani economisti e imprenditori di 115 Paesi del mondo che dal 19 al 21 novembre hanno partecipato on line, attraverso dibattiti e conferenze, al vertice «The Economy of Francesco» che si sarebbe dovuto tenere in presenza ad Assisi.
E proprio i giovani nelle giornate in collegamento con la città di san Francesco e con tutto il pianeta «molto più di un rumore superficiale e passeggero che si può addormentare e narcotizzare col tempo», come ha sottolineato il Papa, «sono stati i motori di un processo da vivere come vocazione, come cultura e come patto».
«È tempo, cari giovani economisti, imprenditori, lavoratori e dirigenti d’azienda», ha esortato Francesco, «di osare il rischio di favorire e stimolare modelli di sviluppo, di progresso e di sostenibilità in cui le persone, e specialmente gli esclusi (e tra questi anche sorella Terra), cessino di essere – nel migliore dei casi – una presenza meramente nominale, tecnica o funzionale per diventare protagonisti della loro vita come dell’intero tessuto sociale». Ed ecco l’invito, «a far crescere e sostenere gruppi dirigenti capaci di elaborare cultura, avviare processi, tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze…».
Oltre ai giovani sono intervenuti diversi economisti internazionali. Centrale, l’intervento del premio Nobel per la Pace 2006 Muhammad Yunus, ideatore del micro-credito, che ha sottolineato come la pandemia del Covid-19 abbia rivelato tutte le debolezze del sistema attuale. «Coloro che erano ai margini dell’esistenza», ha detto, «sono finiti ancora di più ai margini. Ora tutti lavorano per tornare alla situazione precedente al Coronavirus. Ma perché vogliamo tornare a quel sistema che era terribile? Forse è il momento giusto per seguire la direzione opposta: un mondo senza inquinamento, senza concentrazione della ricchezza, senza disoccupazione massiccia».
Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, che si occupa di riabilitazione e inserimento sociale di bambini e ragazzi con gravi disabilità, ha esortato i giovani «a costruire un sistema economico inclusivo, che non produca più nemmeno una singola vittima. Non ci sarà sviluppo o progresso senza prendersi cura dei membri più fragili della società».
Tra i partecipanti ai dibattiti in streaming nei diversi «villaggi» tematici in cui era organizzato l’evento, c’erano anche 50 giovani piemontesi, selezionati in base al loro curriculum e alla loro propensione ad essere motore di cambiamento nella società. Abbiamo ha raggiunto alcuni di loro.
Sara Meneghetti, 34 anni, consulente legale presso Fiat Chrysler a Torino, volontaria dell’Operazione Mato Grosso, ha fatto parte del «villaggio» che ha approfondito il tema delle diseguaglianze («CO2 of Inequalities»). «Insieme a giovani economisti, ricercatori, imprenditori e change makers provenienti da tutto il mondo», ha detto, «abbiamo sfruttato questi mesi di preparazione all’appuntamento di Assisi per iniziare a conoscerci, discutere e lavorare ad una economia più giusta, sostenibile, uguale. Ciascun ‘villaggio’ è diventato la nostra comunità, luogo dove confrontarsi e mettere a disposizione le nostre competenze e la nostra storia. Questa tre giorni di conferenze è stata la prima tappa ufficiale del nostro cammino ed è stato un dialogo tra la nostra comunità di giovani ed economisti, attivisti, premi Nobel. Non ci siamo accontentati di ascoltare, siamo stati protagonisti di questo dialogo. Alla fine dell’evento, ci siamo lasciati con la consapevolezza che il lavoro da fare è tanto ma che ci sono tantissimi giovani con grandi competenze, passione, sensibilità».
Daniele Lonardo, 30 anni, avvocato ed europrogettista, è coordinatore del gruppo giovani dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti (Ucid), sezione di Torino. «Dopo tre giorni intensi di dibattiti», sottolinea Lonardo, «dobbiamo ora ‘sporcarci le mani’ per avviare soluzioni concrete rispetto ai temi che abbiamo analizzato nei ‘villaggi’. Avviamo processi capaci di far crescere e sostenere, a partire dai giovani, gruppi dirigenti (tanto a livello comunitario quanto a livello istituzionale) capaci di creare cultura».
Gregorio Pellegrino, 30 anni, ingegnere informatico, che insieme a sua moglie lavora alla gestione di alcune aziende del torinese e fa parte dell’Aipec piemontese (Associazione italiana imprenditori per un’economia di comunione), ha aggiunto: «L’Economia del Papa non è una nuova economia, ma un approccio diverso all’economia prevalente. Penso siano evidenti i limiti dell’attuale sistema economico: la pandemia lo ha dimostrato. Dobbiamo allora lavorare per un’economia che metta al centro la persona e non il profitto; nei collegamenti da Assisi abbiamo visto l’importanza di stare a contatto con i poveri. Questo non vuol dire mettere in contrapposizione profit e non-profit, anzi dobbiamo superare questa dicotomia. Il profitto è un bene, è ciò che alimenta il lavoro, che mantiene le aziende sane. Pensiamo però che il profitto non sia il fine, ma il mezzo con cui cambiare il mondo».
Il giovane imprenditore ha preso parte al villaggio «Vocation&Profit», «Fare impresa come vocazione». «In uno dei confronti ho raccontato», condivide Pellegrino, «che nel 2016 mi colpì un intervento dell’economista Luigino Bruni che diceva che essere imprenditori è costruire un’arca: avere una visione e iniziare a lavorarci, costruire una realtà robusta, così da caricare tutte le persone che gravitano intorno all’azienda: i collaboratori, i clienti, i fornitori. Per me è molto importante avere questa visione del fare azienda, soprattutto in questo momento di pandemia in cui siamo in piena tempesta».
Per i giovani piemontesi l’appuntamento di Assisi non è il punto di arrivo, ma è l’inizio di un processo di cambiamento. Ed ecco l’invito della gioventù alle istituzioni e alle forze economiche e produttive del Paese a prenderne parte da ora. Tutti i video delle giornate sono pubblicati su www.francescoeconomy.org.
Modello di sviluppo? Facile!
Leggere il discorso di Robert Kennedy del 18 Marzo 1968.