«Guidati dai Santuari sparsi nel mondo, in questo mese di maggio recitiamo il Rosario per invocare la fine della pandemia e la ripresa delle attività sociali e lavorative. Oggi guida questa preghiera mariana il Santuario della Beata Vergine del Rosario a Namyang, in Corea del Sud. Ci uniamo a quanti sono raccolti in questo Santuario, pregando specialmente per i bambini e gli adolescenti».
È l’appello alla preghiera che papa Francesco ha rivolto al termine della catechesi del Mercoledì il 5 maggio, richiamando così l’iniziativa promossa dal dicastero per la Nuova Evangelizzazione che attraverso la recita quotidiana del rosario per tutto il mese di maggio coinvolge 30 Santuari di tutti i continenti.
Nella catechesi ha proseguito il tema della preghiera dedicandosi alla «contemplazione».
«Essere contemplativi non dipende dagli occhi, ma dal cuore. E qui entra in gioco la preghiera, come atto di fede e d’amore, come “respiro” della nostra relazione con Dio. La preghiera purifica il cuore e, con esso, rischiara anche lo sguardo, permettendo di cogliere la realtà da un altro punto di vista. Il Catechismo descrive questa trasformazione del cuore da parte della preghiera citando una famosa testimonianza del Santo Curato d’Ars: «La contemplazione è sguardo di fede fissato su Gesù. “Io lo guardo ed egli mi guarda”, diceva al suo santo curato il contadino di Ars in preghiera davanti al Tabernacolo. […] La luce dello sguardo di Gesù illumina gli occhi del nostro cuore; ci insegna a vedere tutto nella luce della sua verità e della sua compassione per tutti gli uomini» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2715). Tutto nasce da lì: da un cuore che si sente guardato con amore. Allora la realtà viene contemplata con occhi diversi».
«Io guardo Lui, e Lui guarda me!» – ha proseguito «È così: nella contemplazione amorosa, tipica della preghiera più intima, non servono tante parole: basta uno sguardo, basta essere convinti che la nostra vita è circondata da un amore grande e fedele da cui nulla ci potrà mai separare. Gesù è stato maestro di questo sguardo. Nella sua vita non sono mai mancati i tempi, gli spazi, i silenzi, la comunione amorosa che permette all’esistenza di non essere devastata dalle immancabili prove, ma di custodire intatta la bellezza. Il suo segreto era la relazione con il Padre celeste».
Uno sguardo, una preghiera, una relazione che non è da intendersi secondo Francesco come «passività», non in antitesi all’azione.
«Alcuni maestri di spiritualità del passato hanno inteso la contemplazione come opposta all’azione, e hanno esaltato quelle vocazioni che fuggono dal mondo e dai suoi problemi per dedicarsi interamente alla preghiera. In realtà, in Gesù Cristo nella sua persona e nel Vangelo non c’è contrapposizione tra contemplazione e azione, no. Nel Vangelo in Gesù non c’è contraddizione. Essa è venuta forse dall’influsso di qualche filosofo neoplatonico ma sicuramente si tratta di un dualismo che non appartiene al messaggio cristiano. C’è un’unica grande chiamata nel Vangelo, ed è quella a seguire Gesù sulla via dell’amore. Questo è l’apice, è il centro di tutto. In questo senso, carità e contemplazione sono sinonimi, dicono la medesima cosa. San Giovanni della Croce sosteneva che un piccolo atto di puro amore è più utile alla Chiesa di tutte le altre opere messe insieme. Ciò che nasce dalla preghiera e non dalla presunzione del nostro io, ciò che viene purificato dall’umiltà, anche se è un atto di amore appartato e silenzioso, è il più grande miracolo che un cristiano possa realizzare. E questa è la strada della preghiera di contemplazione: io Lo guardo, Lui mi guarda! Questo atto di amore nel dialogo silenzioso con Gesù fa tanto bene alla Chiesa».