«Caritas Christi urget nos!». Il 12 febbraio la Messa domenicale in diretta televisiva su Rai1 è stata trasmessa dalla Chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, in occasione della XXXI Giornata Mondiale del Malato che è stata celebrata l’11 febbraio.
Le telecamere della Rai sono entrate al Cottolengo mostrando in tutta Italia il cuore dell’opera fondata dal Santo della Carità nel 1828: qui tutto ruota intorno a quel «Caritas Christi urget nos!» (2 Cor 5, 14), il motto paolino scelto da san Giuseppe Benedetto Cottolengo nel dare vita alla Piccola Casa della Divina Provvidenza: «la carità di Cristo ci spinge», ha esclamato il Padre generale don Carmine Arice nell’omelia, «ci sprona a fare il bene e ci tiene uniti. La carità di Cristo è quell’amore più grande che non si accontenta di non fare del male ma si impegna con generosità a fare tutto il bene possibile, fino al sacrificio della vita».
Ed è questo bene generoso che quotidianamente, da 195 anni, viene sprigionato nelle opere del Cottolengo presenti nel mondo.
Nelle prime file c’erano «le perle» della Piccola Casa: gli ospiti anziani e con disabilità che il santo Cottolengo definiva ‘i padroni di casa’. Accanto a loro una rappresentanza di tutta la Famiglia carismatica cottolenghina, con i sacerdoti, le suore, i fratelli, i volontari, gli operatori…
Nell’assemblea erano presenti anche la Superiora generale delle suore del Cottolengo Madre Elda Pezzuto e il Superiore generale dei fratelli cottolenghini Fratel Giuseppe Visconti.
«Questa Casa, voluta dalla Divina Provvidenza», ha sottolineato Padre Arice, «è abitata da persone con disabilità e anziani che non possono vivere da soli, da malati talvolta rifiutati perché gravosi nella cura, da allievi delle scuole che vogliono camminare insieme a compagni che sono meno fortunati perché più fragili e vulnerabili».
Il Padre generale ha poi richiamato il messaggio di Papa Francesco per la XXXI Giornata Mondiale del Malato: «la malattia fa parte della nostra esperienza umana, [ma] essa può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione».
Padre Arice si è soffermato dunque sul dramma della solitudine «che ammazza prima della morte». «I malati», ha osservato, «hanno bisogno di cure adeguate, ma queste da sole non bastano, perché il loro cuore ha anche bisogno di vicinanza, di compassione e di tenerezza, come ci ha ricordato il Santo Padre nel suo messaggio». «Il Signore voglia benedire i buoni samaritani di ogni tempo», ha concluso, «illuminare le loro menti, fortificare le loro mani e custodire il loro cuore».
Foto gallery a cura di Andrea Pellegrini: