I 200 anni dell’Opera Barolo

Torino – Giovedì 19 gennaio l’Arcivescovo mons. Roberto Repole, nella chiesa di Santa Giulia, ha celebrata una Messa in suffragio di Giulia Colbert di Barolo, da cui discende il “Distretto Sociale Barolo”, un insieme di edifici di proprietà dell’Opera Barolo, tra le vie Cigna e Cottolengo, messi a disposizione di realtà ecclesiastiche e civili per realizzare opere caritative

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Giovedì 19 gennaio, presieduta dall’arcivescovo Repole, nella chiesa di Santa Giulia a Torino, è stata officiata una messa in suffragio di Giulia Colbert, la nobile francese che, nel 1807, sposò il marchese Carlo Tancredi Faletti di Barolo e che, in seguito al suo matrimonio, è oggi più conosciuta come Giulia di Barolo. L’occasione è stata la ricorrenza dei duecento anni dalla realizzazione del “Rifugio”, una delle opere sociali dei coniugi Barolo, creato per assistere ex detenute e ragazze bisognose di assistenza. L’edificio è ora racchiuso in quello che è chiamato “Distretto Sociale Barolo”, un insieme di 14 edifici di proprietà dell’ Opera Barolo, che sono stati messi a disposizione di realtà ecclesiastiche e civili per realizzare opere assistenziali, un complesso che è situato all’incrocio delle vie Cigna e Cottolengo.

Le attività caritative di Giulia, discendente di Jean Baptiste Colbert che fu  ministro delle Finanze di Luigi XIV, e del marito Carlo Tancredi, ultimo esponente del ramo principale della famiglia Faletti di Barolo, una delle più agiate del regno sabaudo, furono molteplici, ma soprattutto orientate al recupero, alla difesa, all’istruzione di donne in difficoltà. Furono tra le iniziative che contraddistinsero la cosiddetta stagione dei santi e sante sociali piemontesi che accompagnarono più di un secolo della nostra storia (indicativamente da Giuseppe Cottolengo a Pier Giorgio Frassati, transitando per Giovanni Bosco e Maria Mazzarello, solo per citarne alcuni).

Giulia sopravvisse al marito Carlo (che morì nel 1838) e continuò ed ampliò i loro progetti fino alla morte (1864) ed oltre, a seguito dei suoi lasciti testamentari. Una delle sue ultime opere fu la costruzione della citata chiesa di Santa Giulia, completata successivamente alla sua scomparsa.

Rispetto agli altri esponenti della santità piemontese dell’800, Giulia e Carlo, ora entrambi venerabili,  hanno caratteristiche uniche: erano molto ricchi (ma misero a disposizione dei poveri una cospicua parte delle loro ricchezze), erano sposati (rappresentano un interessante esempio di religiosità coniugale) ed ebbero rapporti diretti con importanti personalità della loro epoca, anche straniere. Il salotto di palazzo Barolo, in via delle Orfane, fu frequentato da esponenti politici di alto livello già negli anni che precedettero i Moti del ’21 e videro avvicendarsi i principali protagonisti di quella stagione e degli anni successivi, da Cesare Balbo a Santorre di Santa Rosa, i D’Azeglio e i Cavour, ecc. Giulia ben conosceva la famiglia Santa Rosa: visitò in carcere Santorre, quando era prigioniero a Parigi;  il suo segretario, lo scrittore e patriota Silvio Pellico, era amico di Pietro, ministro e cugino di Santorre, e una sua figlia, Santorrina, iniziò un’esperienza religiosa in un’opera a lei legata. Il respiro internazionale delle opere dei Barolo inizia già nel 1816, quando visitarono il carcere londinese di Newgate; continua con la corrispondenza epistolare con la filantropa inglese Elizabeth Fry, dedita ad attività analoghe di recupero delle detenute, e prosegue ancora con altri contatti, tra i quali una corrispondenza col pensatore e ministro francese Alexis de Tocqueville, allora il principale studioso della democrazia statunitense, per meglio comprendere il sistema carcerario nordamericano.

Per una serie di originali  circostanze, molte opere sociali dei santi piemontesi si svilupparono in una zona ai margini dell’allora piccola Torino, Valdocco, che ancora oggi comprende, oltre al Distretto Barolo, la casa madre dell’opera salesiana e le principali attività del Cottolengo.  È quello un angolo di città che, negli ultimi decenni, ha visto aggiungersi l’Arsenale della Pace del Ser.mig.: un concentrato di attività sociali, assistenziali e caritative che, forse, non ha eguali nel mondo, in un territorio così piccolo.

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