I 90 anni del Gruppo Alpini di Pianezza, un volumetto

Pubblicazioni – È in libreria un agile e documentato volumetto sui 90 anni del Gruppo Alpini di Pianezza, a cura di Rinaldo Roccati (edizioni del Graffio)

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«Era trascorso un mese dall’inizio della Grande Guerra e il pianezzese Giovanni Borgione, classe 1891, padre di due bambini, moriva il 3 luglio 1915 in un’operazione sull’Isonzo dove furono feriti quattro alpini pianezzesi». Quindici anni dopo, il 26 gennaio 1930 – 93 anni fa – «in una fredda giornata in cui una fitta nevicata faceva rammentare le montagne dolomitiche e carsiche, si riunirono gli alpini pianezzesi attorno a un tavolo, un buon bicchiere di vino accompagnato dagli immancabili canti, per costituire il gruppo».

Lo scrive il pianezzese-doc Rinaldo Roccati nell’agile e documentato volumetto sui 90 anni del Gruppo Alpini di Pianezza. Erano tempi disgraziati per l’Italia sotto una dittatura infame e guerrafondaia e gli italiani – scrivevano i giornali – «si lasciarono prendere da incantamento». Si era fatto ammaliare anche uno dei pianezzesi più famosi, l’ordinario militare mons. Angelo Lorenzo Bartolomasi, che pure aveva dimostrato eroismo, coraggio e bontà come «vescovo al campo» a capo dei 2.500 cappellani militari. «L’apparire del vescovo castrense è salutato da vibranti “evviva” e dalle note della “Marcia reale” e di “Giovinezza”; gagliardetti e bandiere si innalzano e migliaia di braccia si tendono nel saluto romano. Il vescovo rivolge parole d’augurio ai nostri valorosi soldati che, nelle lontane terre d’Africa, in nome del re e del duce, combattono per la grandezza dell’Italia».

Il 3 maggio 1936 un’altra pagina di storia: «Terminata la guerra in Africa orientale con la completa vittoria delle nostre armi, è doveroso ringraziare l’Altissimo. Il cardinale arcivescovo Maurilio Fossati ordina che domenica 10 maggio in tutte le chiese, al suono festoso delle campane, si canti il “Te Deum”».

Fa bene Roccati a ricordare queste pagine buie. Il podestà Mauro Suppo scrive sul manifesto in onore di Bartolomasi: «Camice Nere! Cittadini! A lui che con amore paterno portò il conforto di Dio ai nostri cari soldati sulle pietraie del Carso e su ogni angolo dove si combatteva per il trionfo nostro, rivolgiamo la nostra muta preghiera. Benedica i nostri soldati che in Africa combattono la sana e dura battaglia». Cosa ci fosse di «sano» nei gas usati dagli italiani solo un podestà fascista poteva saperlo. I giovani nell’aprile 1938 vivono «una tre giorni di forti e puri». Così le giovani «future spose e madri, comprese nell’eccellenza della loro dignità, si dispongano a compiere l’alta missione di bene che Dio, la Chiesa e la Patria attendono per il decoro e la santità della famiglia».

Nella guerra di Liberazione Pianezza e gli Alpini pagano «un enorme tributo di sangue e di sofferenza alle mire espansionistiche del fascismo: oltre ai militari, ci sono 22 vittime tra partigiani e civili e 60 giovani e quattro alpini internati in Germania. Molti alpini contribuirono alla Liberazione».

Gli Alpini sono nati 150 anni fa il 15 ottobre 1872 con un decreto di Vittorio Emanuele II. La fondazione si deve a un torinese di adozione, Giuseppe Domenico Perucchetti, milanese di Cassano d’Adda, dove nasce nel 1839, allora Lombardo-Veneto sotto l’Austria. Capitano di Stato Maggiore sostiene che la difesa dei monti deve essere affidata «a gente di montagna perché quelli di pianura non sono adatti e poco pratici». Si ritira a Cuorgné, paese della moglie, e muore il 5 ottobre 1916.

Pier Giuseppe Accornero

  • Rinaldo Roccati, «Novant’anni del Gruppo Alpini di Pianezza», Edizioni del graffio, Borgone di Susa (Torino), 2022 

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