Il boom delle Messe in streaming

Liturgia – Lo scoppio della pandemia, prima con il lockdown e poi con l’obbligo del distanziamento anticontagio, ha inciso sulle modalità di partecipazione all’Eucaristia domenicale: le Messe social, trasmesse da numerose parrocchie e santuari, non sono uno spettacolo ma neppure una celebrazione comunitaria per chi le segue da casa. Abbiamo raccolto l’opinione di alcuni sacerdoti della diocesi di Torino.

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In Italia l’inizio ufficiale della Messa tramessa in televisione dalla Rai è datato domenica 3 gennaio 1954: da allora sono passati quasi 70 anni e uno dei «programmi» più seguiti, soprattutto quando a presiedere è il Papa, ha continuato ad interrogare i liturgisti ed esperti di pastorale sulla «validità» della celebrazione eucaristica in Tv. Lo scoppio della pandemia che lo scorso anno, a causa del lockdown, ha richiesto la sospensione delle liturgie «in presenza» ha spinto, anche su invito della Conferenza episcopale  italiana, a dare spazio alla «creatività» perché i fedeli, anche se non si potevano incontrare in chiesa per la Messa comunitaria, comunque avessero l’opportunità con i nuovi media di mantenere un legame con la propria parrocchia. E così in tutte le diocesi, parroci e rettori di santuari, coadiuvati da giovani e volontari abili a «smanettare» sui vari device, si sono attrezzati per trasmettere le Messe domenicali sul sito della parrocchia o aprendo un canale YouTube.

Ora che gradualmente, anche se con le dovute norme igieniche e di distanziamento, si è tornati a celebrare «in presenza» molti santuari e parrocchie anche nella nostra diocesi (come si può consultare ogni sabato sera sul sito www.avvenire.it) continuano a mandare sul web le Messe nell’intento di offrire un servizio a chi è malato o, a causa del Covid, è in isolamento. Un «fenomeno nuovo» che ci ha imposto la straordinarietà della pandemia ma che ripropone gli stessi interrogativi pastorali sorti con l’avvento della Messa in Tv e a cui, già nel 1973, il compianto don Domenico Mosso, sacerdote e liturgista torinese, dedicava un libro ancora attualissimo («La Messa teletrasmessa. Problemi teologici e pastorali», Edizioni Dehoniane, Bologna). Don Mosso rifletteva, tra l’altro, sulle differenze tra chi segue la Messa da casa perché malato o per i famigliari che assistono chi è infermo. Molto diverso, pur potendo andare in parrocchia, è preferire le celebrazioni davanti al piccolo schermo a cui oggi si aggiungono tablet, smarthphone e quant’altro.

Sul tema abbiamo sentito le esperienze dei rettori dei santuari diocesani. Partiamo da Maria Ausiliatrice, Casa Madre dei Salesiani a Torino. «È da oltre un anno, dall’inizio del Triduo Pasquale, che dalla Basilica ogni mattina alle 9 e la domenica alle 9.30 tramettiamo la Messa in diretta su Rete 7». spiega il rettore don Guido Errico. «Arrivare nelle case attraverso il piccolo schermo e i social quando non potevamo uscire dalle nostre case ha significato condividere un clima di famiglia, farsi prossimo a chi è nel dolore: lo stesso stiamo facendo in concreto ora che siamo tornati ad incontrarci ‘in presenza’ ma continuiamo a trasmettere le celebrazioni per far sentire parte della nostra comunità chi è ancora malato o ci segue da lontano. La pandemia ci ha insegnato il senso del limite, anche nell’impossibilità di celebrare con l’assemblea presente. Ma ci insegna ad annunciare che nella malattia e nell’esperienza della morte che stiamo sperimentando e che pensavamo fossero lontane dalle nostre vite non siamo soli. Anche don Bosco in tempo di coronavirus avrebbe usato i nuovi media per infondere speranza a chi non poteva raggiungere di persona».

Don Guido Errico, sdb, rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice

Nel vicino santuario della Consolata, patrona della nostra diocesi, dalla scorsa settimana è stato aperto anche un canale You Tube: collegandosi al sito del santuario si possono seguire tutte le celebrazioni feriali e festive. Inoltre, per tutto il mese di maggio e di giugno, vanno in diretta streaming «I Sabati della Consolata» con la Messa alle 10.30 e il rosario alle 17.30: una tradizione istituita dal beato Giuseppe Allamano nel 1899 quando era rettore del santuario per preparare la festa liturgica della patrona (20 giugno). «Le celebrazioni trasmesse sui social sono un aiuto alla preghiera per chi è impedito a muoversi da casa», precisa il rettore mons. Giacomo Martinacci, «ma certo non sostituiscono la Messa in santuario per chi può partecipare. Le liturgie televisive non sono uno spettacolo e chi è in difficoltà a venire in chiesa deve prendersi il tempo per pregare come se fosse in santuario o in parrocchia, non facendo altro. Occorre però precisare che l’età media delle persone che frequentano la Consolata è alta e le limitazioni durante la pandemia sono state pesanti, la paura è ancora molta. E allora ben vengano gli anziani che si uniscono alla nostra preghiera da casa».

Mons. Giacomo Martinacci, rettore del Santuario della Consolata

Anche mons. Giuseppe Trucco, rettore del santuario della Madonna dei Fiori di Bra, meta di pellegrini non solo dal Piemonte, sottolinea  che i fedeli del santuario sono anziani e malati e molti per timore del virus non escono. «Durante il lockdown trasmettevamo due Messe streaming. Dopo la riapertura chi si occupa delle riprese mi ha fatto notare che erano molto seguite e così abbiamo deciso di continuare a mandare in rete almeno una Messa domenicale. La devozione alla Madonna dei Fiori, famosa per il miracolo del Pruneto che fiorisce a dicembre, è diffusa in tutt’Italia e spesso ricevo messaggi di fedeli che ci seguono da lontano. Nessuna Messa social supplisce alla celebrazione con l’assemblea se non hai ostacoli a partecipare ma, per un anziano che per tutta la sua vita ha avuto come punto di riferimento il santuario, crediamo sia un servizio trasmettere la Messa domenicale: tutto sta nel buon senso di chi la segue».

Mons. Giuseppe Trucco, rettore del santuario Madonna dei Fiori a Bra

Concorda don Franco Pairona, giuseppino del Murialdo, rettore della parrocchia-santuario torinese Nostra Signora della Salute che, a partire dal blocco, ha  pubblicato sul sito della parrocchia la Messa domenicale: «All’inizio i collegamenti erano 400, i parrocchiani. Poi si è arrivati a 5 mila, 10 mila, 15 mila, fino a più di 20 mila. Così abbiamo stabilito di registrare ogni sabato la Messa prefestiva delle 18 e mandarla on line dalle 20  sul nostro canale You tube in modo da evitare i problemi tecnici delle dirette streaming e i fusi orari. Perché chi ci segue – in tanti ci scrivono con richieste di preghiere per i defunti, per i malati o per intenzioni particolari -oltre che dalle nostre missioni, sono fedeli da tutt’Italia e non solo. Certo la Messa on line non ha il valore di quella vissuta con la comunità: ma per chi è infermo è comunque un modo per sentirsi in comunione. E le nostre celebrazioni a sorpresa così seguite hanno fatto conoscere a molte persone la figura di san Leonardo Murialdo, che veneriamo in santuario, in questo anno speciale dedicato a san Giuseppe, patrono della nostra famiglia religiosa».

Don Franco Pairona csi, rettore del Santuario Nostra Signora della Salute

Un’altra parrocchia-santuario, punto di riferimento non solo per i torinesi è Santa Rita. «Anche noi abbiamo iniziato a trasmettere la Messa streaming durante la chiusura totale», spiega il rettore mons. Mauro Rivella, «quando abbiamo ripreso a celebrare ‘in presenza’ le norme igieniche e il distanziamento non ci permettevano di far entrare in santuario tutti coloro che lo desideravano e così abbiamo attrezzato il nostro salone parrocchiale con i video e abbiamo deciso di trasmettere attraverso il nostro canale You Tube due Messe, la prefestiva del sabato e una la domenica mattina per permettere ai parrocchiani di partecipare con la comunità e ai malati e agli anziani che hanno ancora paura di uscire di collegarsi con noi. E sono numerosi coloro che, devoti a santa Rita in diocesi e non solo, seguono le nostre Messe perché sono in difficoltà a raggiungere la propria parrocchia. È un servizio che garantiamo grazie a tanti volontari che si occupano dell’accoglienza dell’igienizzazione e dell’animazione. È un tempo straordinario e la comunità deve continuare a farsi presente tenendo conto dell’emergenza».

Mons. Mauro Rivella, rettore del Santuario di Santa Rita

Secondo don Carlo Franco, parroco della Cattedrale San Giovanni Battista di Torino e direttore dell’Istituto diocesano di Musica e liturgia, non è in discussione che in tempi normali le Messe social per chi può frequentare la propria parrocchia «facciano le veci» delle celebrazioni «dal vivo». «La richiesta di poter seguire via social la Messa dalla parrocchia mi è arrivata da molti fedeli, soprattutto anziani che, con l’aiuto dei figli o dei nipoti, si potevano collegare con smartphone o pc per seguire l’Eucaristia domenicale. E così abbiamo cominciato a trasmettere la Messa festiva per venire incontro a tante persone che desideravano mantenere un legame con la comunità: da sempre ripeto che il precetto non ci fa cristiani e il senso della partecipazione in una qualsiasi Chiesa, purchè si vada a Messa la domenica, si svuota se non c’è un vincolo con la tua comunità di appartenenza. Quindi ben venga la Messa social per chi è malato o in un periodo di chiusura come quello che abbiamo vissuto lo scorso anno: ma il vero rischio, se non educhiamo i fedeli all’appartenenza alla propria parrocchia, è l’impoverimento della vita comunitaria che è alla base del nostro essere cristiani».

Don Carlo Franco, parroco della Cattedrale di Torino

«Le Messe in streaming sono state un aiuto prezioso nella situazione straordinaria che abbiamo vissuto l’anno scorso, soprattutto nel tempo del confinamento», conclude don Paolo Tomatis, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano. «Nel ritorno ad una sana ordinarietà, il rischio è quello di incoraggiare una sostituzione permanente della liturgia in presenza con la liturgia trasmessa in streaming. Per questo motivo, è bene soprattutto per le comunità parrocchiali non dare l’impressione che una forma sia equivalente all’altra. Il grande rischio è stato quello di ridurre, con una sola telecamera a disposizione o uno smarthphone, la Messa alle cose che dice e fa il prete all’altare, riducendo di molto la ricchezza della celebrazione eucaristica. La Messa, infatti, è anche l’assemblea che prega, il coro che canta, i ministeri che sono coinvolti. Se pensiamo al fatto che già per se stessi, questi aspetti hanno subito una riduzione a causa delle norme di contenimento del Covid, la trasmissione in streaming ha ridotto ulteriormente ciò che era già limitato, con la conseguenza negativa di rinforzare la percezione sbagliata secondo cui la Messa la fa il prete».

Don Paolo Tomatis, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano

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