«Una guerra di aggressione è intrinsecamente immorale. Nel tragico caso in cui essa si scateni, i responsabili di uno Stato aggredito hanno il dovere di organizzare la difesa anche usando la forza delle armi». Lo affermano il «Catechismo della Chiesa cattolica» e il «Compendio della dottrina sociale della Chiesa»: «L’uso della forza, per essere lecito, deve rispondere ad alcune condizioni: il danno dell’aggressione sia durevole, grave e certo; tutti i mezzi per porvi fine siano impraticabili o inefficaci; il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi».
GLI ELEMENTI DELLA «GUERRA GIUSTA» – Manifestamente è il caso dell’Ucraina per la quale è doveroso parlare non di guerra ma di aggressione e di invasione da parte della Russia di Vladimir Putin, un incorreggibile guerrafondaio in 22 anni di strapotere: Cecenia (1999), Georgia-Ossezia (2008), Siria(2011), Crimea-Ucraina (2014). Asserisce la «Gaudium et spes» del Concilio Vaticano II: «Altro è ricorrere alle armi perché i popoli siano legittimamente difesi, altro è soggiogare altre nazioni. La potenza bellica non legittima ogni impiego militare o politico». Le esigenze della legittima difesa giustificano l’esistenza delle forze armate, che devono essere al servizio della pace. Di più «ogni membro delle forze armate è moralmente obbligato a opporsi agli ordini che incitano a compiere crimini contro il diritto delle genti e i principi universali». I crimini di guerra – sentenzia il «Catechismo» – «non si possono giustificare con il motivo dell’obbedienza a ordini superiori». La «Carta» delle Nazioni Unite proibisce il ricorso alla forza per risolvere le contese tra gli Stati, salvo due casi: la legittima difesa e le misure prese dal Consiglio di sicurezza per mantenere la pace.
«JAMAIS LA GUERRE! JAMAIS LA GUERRE! MAI PIÙ gli uni contro gli altri, e neppure gli uni sopra gli altri ma sempre gli uni con gli altri. Ascoltate le parole di un grande scomparso, John Kennedy: “L’umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità”». Il volto assorto, la voce roca dai toni bassi e marcati, il 4 ottobre 1965 Paolo VI parla in francese all’assemblea generale delle Nazioni Unite. Quasi sessant’anni dopo, il 23 febbraio 2022 Papa Francesco ricorda: «Gesù ci ha insegnato che all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, la preghiera e il digiuno». Il 2 marzo ai polacchi dice: «Voi, per primi, avete sostenuto l’Ucraina, aprendo i vostri confini, i vostri cuori e le vostre case agli ucraini. Vi sono profondamente grato e vi benedico».
IL 1° MARZO 2022 SENATO E CAMERA APPROVANO a maggioranza – contrari 13 senatori e 25 deputati – il decreto Ucraina, che all’articolo 1 autorizza a fornire armi letali a Kiev per contribuire alla difesa. La lista delle armi è segreta ma si tratta di lanciarazzi, mitragliatrici, blindati, missili terra-terra e terra-aria (Stinger). Decisione controversa. Subito il ministro degli Esteri di Mosca Sergey Lavrov minaccia i parlamentari. L’art. 11 della Costituzione afferma: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
PER STEFANO CECCANTI, COSTITUZIONALISTA CATTOLICO, docente di Diritto, capogruppo Pd nella Commissione Affari costituzionali della Camera, la Costituzione collega due elementi, «il ripudio della guerra e l’apertura alla logica multilaterale a limitazioni di sovranità» cioè si esclude la guerra di aggressione per sé stessi e, contro le guerre di aggressione altrui, ci si affida al multilateralismo, in particolare all’Onu. Cosa si fa se l’Onu non è in grado di operare, dato che la Russia ha diritto di veto? Risponde Ceccanti: «Si cerca di aiutare chi è aggredito, anche con armi». In che senso Ue e Nato sono chiamate a difendersi? Intervistato dal sito «Rossoporpora», Ceccanti si chiede: «Cosa fare se l’Onu non è in grado di operare? Accettare l’aggressione perché il Paese che aggredisce ha diritto di veto all’Onu? Possono intervenire altre realtà multilaterali come Ue e Nato, che è un’alleanza difensiva liberamente scelta dai contraenti».
OGNI ARMA ACCRESCE IL NUMERO DEI MORTI, delle distruzioni e degli sfollati. Insomma, la fornitura di armi alimenta la tensione? Spiega Ceccanti: «Il punto è la congruenza tra mezzi e fini. Qui il fine è evitare una vittoria totale e rapida dell’aggressore, la cui forza è incomparabilmente maggiore, e per ricondurre tutti alla trattativa. La proporzionalità deve essere il criterio guida sulla scelta dei mezzi». Inviando armi a Kiev, l’Italia non entra di fatto in guerra con la Russia? «No, non entra in guerra con la Russia perché, aiutando indirettamente un aggredito, ci si assume un compito di doverosa resistenza al male e a un’aggressione evidente, si collabora allo sforzo difensivo e si tiene aperta una trattativa diplomatica altrimenti priva di basi».
«LA RESISTENZA AL MALE È UN DOVERE MORALE» – Aggiunge il costituzionalista: «I cattolici democratici italiani sono in prima fila nel promuovere le giuste scelte della Nato e dell’Unione europea e si impegnano a partire dall’eredità politica degasperiana di convergenza tra democrazie. Le democrazie sono i sistemi meno aggressivi e più preziosi da preservare. Forse, se c’è stato un errore, non è stato quello di voler espandere la Nato, alleanza difensiva a cui nuovi Stati danno l’adesione per evitare che si ripeta la subordinazione all’ex Urss. Ma è stato illudersi su un effettivo cambiamento interno ed esterno della Russia ferma all’anacronistica nostalgia imperiale e zarista. Mosca e San Pietroburgo sono grandi metropoli europee, non asiatiche. La Russia ha aggredito perché si sente minacciata non militarmente dalla Nato ma dagli Stati costituzionali, dal diffondersi dell’idea di un potere limitato dal diritto e dai diritti che trasmettono le democrazie occidentali».