Un «Treno della memoria» sta girando l’Italia – 5 mila chilometri in 17 tappe da Trieste a Palermo con destinazione Roma il 4 novembre – per ricordare l’anniversario dell’arrivo a Termini del convoglio su cui c’era la salma del Milite Ignoto. Il viaggio del Milite Ignoto da Aquileia alla Capitale nel 1921, 101 anni fa, «rappresentò -ricorda una nota del ministero della Difesa – una delle manifestazioni a cui gli italiani presero parte sotto la stessa bandiera, sentendosi un popolo unico e unito».
Il convoglio, partito da Trieste fa tappa a Trento, Milano Porta Garibaldi, Torino Porta Nuova (domenica 9 ottobre), Aosta, Genova Piazza Principe, Ancona, Perugia, L’Aquila, Campobasso, Bari Centrale, Potenza Centrale, Catanzaro Lido, Cagliari, Palermo Centrale, Napoli Centrale, a Roma Termini, Roma San Pietro.
Dietro l’iniziativa, 101 anni fa, c’è l’intuizione dell’ufficiale Giulio Douhet, teorico della superiorità dell’Aeronautica e del «dominio dell’aria» come elemento determinante delle guerre moderne. «Carattere intransigente incapace di compromessi – ricorda lo storico Gianni Oliva – Douhet nel 1916 scrive un memorandum» a Leonida Bissolati, ministro dell’Assistenza militare e delle Pensioni di guerra, contro manifesta incapacità del comandante supremo generale Luigi Cadorna, ma il documento viene intercettato prima che esca dagli Alti Comandi di Udine e l’autore viene deferito al Tribunale militare. Condannato per disfattismo, Douhet è rinchìuso nella fortezza di Fenestrelle in provincia di Torino «ed è verosimile – aggiunge Oliva – che proprio durante la detenzione nell’alta Val Chisone abbia pensato alla futura celebrazione della guerra». Riabilitato da Armando Diaz dopo Caporetto, diventato presidente dell’Unione ufficiali in congedo, nel 1920 propone di onorare i caduti non identificati con la creazione nel Pantheon di un monumento al Milite Ignoto. La proposta viene recepita dal Parlamento, che però sposta l’ubicazione dal Pantheon, tomba dei Reali d’Italia, al Vittoriale.
Dopo la Grande Guerra nelle piazze, nelle chiese, nei municipi d’Italia e d’Europa sorgono monumenti, cippi e lapidi con i nomi dei caduti. Il colonnello Douhet difende i soldati e polemizza con Cadorna che aveva addossato alla viltà dei soldati la colpa di Caporetto. Douhet dichiara a «Il dovere» (24 agosto 1920): «Tutto sopportò e vinse il soldato. Dall’ingiuria gratuita dei politicanti e dei giornalastri alla calunnia a scarico di una terribile responsabilità. Tutto sopportò e tutto vinse, da solo. Al soldato bisogna conferire il sommo onore. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba. Nel giorno in cui la salma giungerà al luogo di eterno riposo, tutta l’Italia deve vibrare all’unisono in una concorde armonia d’affetti. Tutti i cittadini debbono far ala al figlio e fratello di tutti, spentosi nella difesa della madre comune».
Il disegno di legge sul Milite Ignoto è approvato il 4 agosto 1921 dalla Camera all’unanimità e senza dibattito. L’unica modifica e il luogo di sepoltura: sarà inumato all’Altare della Patria al Vittoriano. Nei cimiteri di guerra vengono scelte 11 salme ignota e non identificabili per ognuna delle zone del fronte: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, da Castagnevizza al mare. Una sarà tumulata a Roma al Vittoriano. Le salme sono trasportate nella basilica di Aquileia. Qui è operata la scelta tra undici bare identiche. A guidare la sorte è chiamata una popolana di Trieste, Maria Bergamas, il cui figlio Antonio – disertore dell’esercito austriaco per militare volontario nelle fila italiane – è caduto in combattimento.
Don Solero, torinese delle Valli di Lanzo, cappellano militare è testimone commosso:
«La cerimonia si svolse nella basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921. Ci andai
con il “vescovo al campo” Angelo Lorenzo Bartolomasi, torinese di Pianezza. Erano schierate, avvolte nel tricolore, le salme di undici ignoti. C’erano il duca d’Aosta; i condottieri della guerra; l’aristocrazia dei combattenti che avevano versato il sangue e sui cui petti brillava l’oro del valor militare; la moltitudine umile e anonima dei fanti, dei cannonieri, dei marinai e degli aviatori. C’erano tanti cappellani. E bandiere, bandiere, bandiere. Sventolava il tricolore, che avevamo dovuto ripiegare e occultare
per non farlo lacerare e sputacchiare dai senza Dio e dai senza Patria. Il vescovo celebra Messa davanti alle undici bare e alla muta e immensa folla di vivi. Nel silenzio solenne ci sembra di sentire il battito dei nostri cuori. Solo un colpo di cannone scande il religioso silenzio».
La signora Maria Bergamas di Trieste, madre e vedova di guerra «dallo stuolo delle dolenti sola si avanza quasi barcollante: impersona il dolore di tutte le donne d’Italia. Accasciata da un peso insopportabile, la madre cade in ginocchio, si fa il segno di Croce, si solleva e tocca con la mano la seconda salma da destra. Quella madre italiana ha trovato il gesto sublime della fede e della vita. Un colpo di campana scocca lento e grave dalla torre millenaria, ripetuto da tutti i bronzi d’Italia. Otto braccia robuste di medaglie d’oro sollevano la salma del Milite Ignoto. Un carro
l’aspetta sul piazzale, un treno l’aspetta in stazione: passerà nelle regioni e vie d’Italia affollate di pellegrini che getteranno fiori, intoneranno cantici, inchineranno bandiere, faranno il segno della Croce, le moltitudini si leveranno».
Centouno anni fa, il 4 novembre 1921, ha luogo la tumulazione del Milite Ignoto nel sacello dell’Altare della Patria. Il feretro è trasferito a Roma su ferrovia, con un convoglio speciale sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma, ricevendo gli onori delle folle nelle stazioni e lungo il percorso. Più di trecentomila persone accorrono a Roma da ogni parte d’Italia.