Terribile la situazione della pandemia in India, al momento il Paese più colpito al mondo con oltre 400 mila contagi e tremila morti al giorno, una situazione totalmente fuori controllo, precipitata nelle ultime settimane proprio quando l’emergenza sembrava ormai alle spalle. Nel solo mese di aprile si sono registrate 7 milioni di nuove infezioni. Abbiamo raggiunto don Shony Mathew, sacerdote cottolenghino che opera nella missione di Nilambur, nello Stato del Kerala a sud-ovest dell’India, dove il Cottolengo, che conta numerose presenze di sacerdoti, suore e fratelli in diverse aree della nazione indiana, gestisce un centro di riabilitazione e avvio al lavoro per persone con disabilità.

Don Shony, l’India è al momento il Paese più colpito al mondo dal Covid-19, anche a causa di una variante aggressiva e molto contagiosa. I media internazionali descrivono un’ecatombe: ospedali al collasso, mancanza di ossigeno, attrezzature e cure adeguate, corpi delle persone decedute a causa del virus bruciati per strada. Com’è la situazione nella zona di Nilambur dove operate?
Le elezioni nei giorni di Pasqua in numerosi distretti hanno aumentato a dismisura i contagi negli Stati meridionali del Kerala e Tamil Nadu. Nel Kerala, dove è situata la missione cottolenghina di Nilambur, si contano oltre 30 mila contagiati al giorno, mentre dall’inizio della pandemia ad oggi (30 aprile, ndr) sono morte in totale 5.211 persone, ma sono centinaia i decessi delle ultime settimane, in forte aumento. C’è grande mancanza di ossigeno e dispositivi medici, soprattutto negli Stati centrali del Paese. La gente ha paura di uscire, e tante famiglie sono affette dal Covid. Impressionante il numero delle persone rimaste senza lavoro, a causa dei vari lockdown, che ora rischiano di morire di fame, oltre che per il virus. Ingenti i danni provocati dall’isolamento. Dilaga la paura.
Il vostro Centro si è mobilitato per portare aiuti alle famiglie della zona?
Sì, come avvenne per la terribile alluvione che colpì la nostra zona nel 2018-2019, quando il Centro di Servizio sociale cottolenghino si mobilitò per portare viveri e beni di prima necessità alle famiglie che avevano perso tutto. Stavamo iniziando la ricostruzione quando è arrivata la pandemia che ora si abbatte duramente su città e villaggi poveri dove il contagio straripa e le condizioni sociali peggiorano. Anche grazie al nostro aiuto nella zona di Nilambur sono stati allestiti 7 «campi medici» (degli ospedali da campo, ndr) attraverso cui le persone malate di Covid possono avere accesso alle cure. Siamo riusciti a procurare libri e materiale scolastico ad oltre 500 studenti, in modo da permettere di proseguire gli studi, in quanto la scuola è indubbiamente l’unica arma di crescita sociale nel Paese. Quindi deve essere massimo lo sforzo per consentire, anche in questa situazione, l’accesso all’istruzione. Ogni giorno portiamo a chi è rimasto privo di risorse economiche viveri e prodotti per l’igiene personale, che produciamo nel Centro del Cottolengo con i nostri studenti con disabilità. Vicino alla nostra Casa vivono i Dalit, gli «intoccabili», i fuori casta, una comunità ai margini del sistema sociale indiano, colpita duramente dal Covid che sosteniamo con aiuti che non arriverebbero da nessun’altra parte.

Com’è organizzato il vostro Centro? Come avete gestito le attività durante la pandemia?
Accogliamo ragazzi e adulti con disabilità per la riabilitazione e l’inserimento sociale sostenendo le famiglie che non sono in grado di prendersene cura. Nella zona di Nilambur sono numerosi i disabili e carenti, o del tutto assenti, strutture idonee a seguirli per evitare che rimangano a casa senza un futuro. Organizziamo attività di formazione e insegniamo un mestiere a ciascuno a partire dai propri talenti e dallo sviluppo di abilità che già posseggono. Tra le diverse professioni i ragazzi imparano a preparare saponi, gel igienizzanti, a cucire e acquisiscono competenze informatiche. Capacità che consentono di trovare un lavoro in grado di mantenersi senza pesare sulle famiglie. Con il primo lockdown abbiamo dovuto chiudere il centro il 10 marzo 2020. Da subito abbiamo attivato le lezioni online a distanza grazie ad uno sforzo per offrire a ciascun ragazzo un computer, ma abbiamo sempre continuato a seguire i nostri studenti rimanendo in contatto con le famiglie. I giovani con disabilità, rimasti isolati a casa, hanno sofferto molto con un significativo peggioramento delle condizioni di salute psichica. Abbiamo riaperto la scuola nel mese di novembre 2020 nel rispetto dei protocolli anti Covid. Fino allo scorso marzo abbiamo proseguito i corsi in presenza. Dopo le vacanze di Pasqua non siamo più riusciti a riaprire a causa della seconda tremenda ondata. Continuiamo a portare aiuti alle famiglie dei nostri studenti, in particolare sosteniamo le madri, a cui sono lasciati tutti i pesi e le difficoltà della crescita dei figli disabili.
Può riassumerci le diverse fasi della pandemia in India?
Il primo caso di contagio di Covid-19 è stato individuato il 30 gennaio 2020 da uno studente indiano rientrato nello Stato del Kerala dall’Università di Wuhan, epicentro della pandemia in Cina. L’India è riuscita a tenere sotto controllo la prima ondata con il lockdown nazionale. La seconda ondata, invece, arrivata nelle ultime settimane è terribile e devastante, specialmente negli Stati centrali come Delhi, Maharashtra, Gujarat. I casi ora ammontano a 400 mila contagi al giorno, cifre fuori controllo. La maggior parte delle infezioni si attesta negli Stati di Maharashtra, Kerala, Karnataka, Utterpradesh, Tamil Nadu, Delhi.
Da dove è partita questa nuova variante del virus che ha portato un peggioramento così repentino della curva epidemiologica?
Questa variante è stata individuata il 20 dicembre 2020 nello Stato di Maharashtra dove, infatti, colpisce oltre la metà dei contagiati di Covid.
Quali strategie il Governo nazionale ha messo in campo?
Il Governo centrale ha lasciato la gestione dell’emergenza sanitaria ai singoli Stati, che stanno provando a contenere il contagio con lockdown ma senza una strategia unitaria, provocando così un grande disagio pubblico.
Com’è la situazione dei vaccini?
Finora solo il 2 per cento della popolazione è stato completamente immunizzato su 1,3 miliardi di abitanti. Anche se l’India produce un proprio vaccino c’è carenza di dosi. Fino ad ora la campagna vaccinale del Governo centrale è stata rivolta esclusivamente agli over 45, che possono accedere gratuitamente al vaccino, ma il piano ha avuto scarsi risultati. Il 1° maggio le vaccinazioni sono state aperte anche alla fascia d’età 18-45 anni, ma a pagamento in ospedali statali o privati. La stragrande maggioranza della popolazione non potrà permettersi il costo del siero.
Stanno arrivando aiuti dalla comunità internazionale?
Stanno giungendo aiuti dagli Stati Uniti, dai Paesi arabi e dall’Unione europea, anche dal Governo italiano, che ha inviato un sistema di produzione di ossigeno messo a disposizione dalla Regione Piemonte. La Chiese locali sono in prima linea per fornire assistenza alla popolazione, ma mancano fondi e strumentazioni mediche adeguate. Arriveranno i contributi della Quaresima di Fraternità della Diocesi di Torino. Purtroppo non riusciamo a far fronte a tutte le richieste di aiuti per mancanza di fondi. Abbiamo bisogno di più supporto economico per rispondere alle necessità del nostro centro e delle famiglie della zona.
La ragion d’essere dell’opera cottolenghina è l’attenzione ai poveri, che san Giuseppe Benedetto Cottolengo definiva «i nostri padroni». Come vivete la mission del Santo Cottolengo, di cui il 30 aprile si è celebra la memoria liturgica, in questo momento così difficile?
Semplicemente stando accanto alle persone di qualsiasi religione o stato sociale appartengano, come invita il Papa nell’enciclica Fratelli tutti. Solo comprendendo che siamo tutti sulla stessa barca si può uscire dalla pandemia, ed è purtroppo quello che manca in India, ma evidentemente non solo qui… Come azione concreta per la festa del Santo Cottolengo abbiamo attivato un nuovo servizio di sostegno psicologico e psicoterapia per le famiglie in quarantena che soffrono l’isolamento, ma anche la perdita del lavoro, la fame, la paura… Desideriamo, infine, grazie all’esperienza del nostro Centro offrire un contributo al Governo e alle Università statali e private nella ricerca sulla disabilità. Ci affidiamo alla Divina Provvidenza, che non fa mai mancare il suo sostegno, chiedendo che faccia cessare questa pandemia. Deo gratias!