Anche la Corte dei Conti del Piemonte, nell’annuale relazione sulle attività di controllo dei conti pubblici, lancia l’allarme sui costi dei medici «a gettone» nei Pronto Soccorso e nei reparti ospedalieri piemontesi. I magistrati contabili sono preoccupati dal ricorso, ormai diffusissimo, a medici assunti «a giornata» dagli ospedali regionali, per sopperire alla pesantissima carenza di personale interno.
I professionisti «a gettone» – così vengono definiti – sono reclutati dagli ospedali attraverso agenzie di somministrazione lavoro (impropriamente chiamate «cooperative») che incassano una parte del cospicuo pagamento: oltre mille euro al giorno per ogni medico in servizio, cento euro per ogni ora di turno. Sono cifre che stanno facendo vacillare le casse degli ospedali e delle Asl e che rischiano di scaricarsi sulla tenuta complessiva del bilancio regionale.

L’assessore regionale alla Sanità, Luigi Icardi, mette le mani avanti preparandosi a ricevere i bilanci consuntivi 2022 delle Aziende sanitarie: «I conti dovranno tenere conto della cassa che certo non è gonfia di soldi e, soprattutto, del fatto che le spese sono aumentate e aumenteranno, talvolta in maniera spaventosa». Pesano sui budget i costi energetici, ma anche l’ingaggio – appunto – dei professionisti esterni. Insomma, ammonisce Icardi «niente tagli, ma attenzione ed efficientamento». Parole che non sono piaciute ai medici del Sindacato Anaao, in prima linea contro il ricorso ai «gettonisti» e a favore di un deciso investimento in assunzioni: «Da parte dell’assessore notiamo posizioni diverse, almeno nella forma, da quelle di inizio mandato , quando – era la fine del 2019 – Icardi dichiarava il programma politico di ‘aumentare la spesa per la sanità privata’, che oggi si dimostra, con l’esempio dei ‘gettonisti’, molto più costosa e inefficiente di quella pubblica strutturata».
L’effetto del ricorso a medici esterni, in termini di qualità delle cure per i pazienti, è drammatico: i medici delle «cooperative» impiegati in Pronto Soccorso spesso non hanno conseguito alcuna specializzazione, provengono in molti casi da fuori Piemonte e non garantiscono alcuna continuità delle cure per i casi seguiti. Secondo gli osservatori qualificati del settore, «l’aumento del 100% della mortalità nei Pronto Soccorso italiani registrata negli ultimi dieci anni è provocato anche da questo fenomeno, che non garantisce cure adeguate e di qualità, tra l’altro con un costo enorme per la collettività».
Cure compromesse. La presidente della Sezione piemontese di controllo della Corte dei Conti, Maria Teresa Polito, così ha messo a fuoco il tema all’inaugurazione dell’Anno giudiziario, lo scorso 28 febbraio: «Negli ultimi anni in diverse Aziende sanitarie locali gli incarichi ai medici ‘gettonisti’ si sono quasi decuplicati». A seguito dei controlli sui bilanci consuntivi di tutte le diciotto Aziende sanitarie piemontesi per l’anno 2021, Polito ha osservato: «Il problema più rilevante è quello della carenza del personale sanitario. L’assenza adeguata di programmazione e della valutazione degli esiti delle scelte effettuate anni addietro è il risultato di una serie di fattori: numero chiuso a Medicina, numeri limitati nei bandi per le scuole di specializzazione, gestione restrittiva dei piani di rientro in diverse regioni con elevati disavanzi finanziari». Tuttavia, le formule utilizzate per far fronte alla difficoltà del Servizio sanitario, come quella dei medici ‘gettonisti’, «non sono adeguate – precisa la relazione di Polito – sia sotto il profilo economico-finanziario che della qualità del servizio reso, con evidente documento di un diritto essenziale come quello della salute, costituzionalmente tutelato».
Mancano medici. La pratica dei medici privati assunti a giornata si è ampliata a dismisura anche per ragioni di redazione tecnica dei bilanci. Il costo del ricorso a fornitori privati viene imputato alla voce «beni e servizi» delle Aziende sanitarie, anziché a quella del «personale», sottoposta negli ultimi decenni a un rigido tetto e alle occhiute valutazioni regionali e ministeriali. L’escamotage ricorda quello adottato in anni recenti dagli enti pubblici, che per aggirare la «spending review» imputavano le spese a società partecipate il cui bilancio non gravava su quello dell’ente principale, operazione che si è rivelata avere esiti a medio e lungo termine tutt’altro che felici sulle casse pubbliche.
Le dimensioni dell’esternalizzazione dilagante in sanità la danno i numeri degli appalti per medici non strutturati: vi ha fatto ricorso almeno la metà dei 34 Pronti Soccorso regionali (ma la pratica è utilizzata anche per la copertura di molti altri reparti ospedalieri).
Secondo i dati del sindacato medico Anaao «l’organico dei Pronti Soccorso piemontesi prevede, sulla carta, 640 medici, oggi ne mancano fisicamente 300». E non va meglio per la sanità territoriale: ultima manifestazione di sofferenza in ordine tempo è la nota dell’Asl To 5 con la quale la direzione generale ha reso note le carenze di medici di medicina generale sul territorio, che corre parallela a quella dei pediatri: ne mancano 25 per un equivalente di oltre 40 mila pazienti tra il chierese, il carmagnolese, Moncalieri e i comuni vicini.
Liste di attesa. Un altro passaggio della relazione della Corte dei Conti insiste su un nervo scoperto della Sanità piemontese: le liste d’attesa per visite, esami, interventi chirurgici. Secondo la presidente Polito «l’analisi dei bilanci 2021 ha evidenziato che solo il 65% delle risorse destinate al recupero delle liste è stato speso». Se per un verso è ormai assodato che molte prestazioni non fruite tra 2020 e 2021 per ritardi legati alla gestione Covid non saranno recuperate (per esempio, tutte le visite annuali programmate, slittate all’anno successivo), rimane da valutare l’effetto della mancata prevenzione «soprattutto – sottolinea Polito – nell’ambito degli screening oncologici, con pesanti conseguenze sull’accertamento tempestivo di tali patologie. I ritardi accentuano ancora di più le diseguaglianze fra i cittadini bisognosi di cure» tra i quali solo chi ha potuto è ricorso alle cure del privato non convenzionato.