Il discutibile diritto dei francesi alla blasfemia

Francia – Il diritto alla blasfemia non esiste, anche se la legge francese sulla libertà di stampa del 1881 ha abolito il delitto di blasfemia; anche se il Presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente rivendicato tale diritto

1896
Emmanuel Macron

Il diritto alla blasfemia non esiste, anche se la legge francese sulla libertà di stampa del 1881 ha abolito il delitto di blasfemia; anche se il presidente Emmanuele Macron ha ripetutamente rivendicato tale diritto: «In Francia la libertà di blasfemia è collegata alla libertà di coscienza. Io sono qui per tutelare queste libertà». Allo stesso modo non esiste il diritto degli islamici di ammazzare le persone che insultano o dileggiano Allah e l’Islam. È quindi molto, molto discutibile il diritto alla bestemmia che si arrogano i francesi, che lo considerano parte integrante della loro laicità. Il mio diritto – così mi hanno insegnato fin da piccolo – si ferma quando invade il terreno del diritto di un altro. L’uomo ha la possibilità di bestemmiare, ma in questo non c’è alcuna grandezza né superiorità. L’uomo che si compiace della bestemmia assomiglia al ragazzino che si sente grande perché comincia a dire parolacce: resta un ragazzino.

A offendersi e a provare dolore per le ingiurie contro il sacro sono coloro che si identificano nei simboli del sacro, che hanno un legame con la religione. A un cristiano una bestemmia contro la Madonna fa lo stesso effetto di una parolaccia indirizzata a sua madre; a un musulmano un insulto a Maometto fa l’effetto di una diffamazione del proprio padre.

È quello che papa Francesco dice il 15 gennaio 2015 sull’aereo che lo porta a Manila, interpellato sul massacro di «Charlie Hebdo»: «Libera espressione sì, ma se il dottor Gasbarri, mio amico caro, dice una parolaccia contro la mia mamma, si aspetti un pugno»: Gasparri era il funzionario vaticano che organizzava i viaggi papali. Un limite alla libertà di espressione è che non ridicolizzi la fede: «Non si “giocattolizza” la religione degli altri. Credo che tutti e due siano diritti umani fondamentali, la libertà di religione e la libertà di espressione. Non si può nascondere una verità: ognuno ha il diritto di praticare la propria religione, senza offendere. Non si può offendere o fare la guerra, uccidere in nome della religione, cioè in nome di Dio. A noi questo stupisce, ma pensiamo alla storia con le guerre di religione. Non si può uccidere in nome di Dio. Ognuno ha non solo la libertà o il diritto ma anche l’obbligo di dire quello che pensa se ritiene che aiuti il bene comune. Avere questa libertà, ma senza offendere. Non si può provocare, insultare, ridicolizzare la fede degli altri; e non si può reagire violentemente». Per Francesco «spezzare vite in nome della religione è un uso blasfemo del nome di Dio. Non è la religione che incita alla guerra, ma l’oscurità nei cuori di coloro che commettono atti irrazionali. Dio ci chiama a convivere come fratelli e la fratellanza ci unisce ben al di là di qualunque limite geografico o ideologico. Tutti costituiamo la grande famiglia umana. Questa coscienza, insieme al rispetto e alla tolleranza, dobbiamo trasmettere alle prossime generazioni. Dio ci ha creato uguali nei diritti, nei doveri, nella dignità».

In Europa, Francia compresa, la libertà di espressione conosce limiti di legge, a esempio quando la blasfemia è incitamento all’odio e alla violenza contro un gruppo religioso. L’abrogazione del rispetto per il sacro prelude all’abrogazione del rispetto per l’uomo; se tutto ciò che attiene alla religione può essere impunemente insultato e profanato, ciò che è umano finirà allo stesso modo. Già si vedono le prime conseguenze sulla dignità umana profanata: le leggi che rendono legale l’aborto, l’eutanasia, il suicidio assistito, la manipolazione degli embrioni umani sono tutte spie dell’erosione della dignità umana.

La bestemmia o blasfemia è un’ingiuria o un epiteto offensivo rivolto a Dio, alla divinità oggetto di venerazione da parte dei fedeli. Per la religione giudaico-cristiana è una violazione del comandamento biblico «Non nominare il nome di Dio invano» (Esodo 20,7; Deuteronomio 5,11). Il «Catechismo della Chiesa cattolica» al numero 2148 sancisce: «La bestemmia si oppone direttamente al secondo comandamento. Consiste nel proferire contro Dio parole di rimprovero e di sfida; nel parlare male di Dio; nel mancare di rispetto verso Dio; nell’abusare del suo nome. È blasfemo ricorrere al nome di Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in schiavitù, torturare o mettere a morte. L’abuso del nome di Dio per commettere un crimine provoca il rigetto della religione. La bestemmia è contraria al rispetto dovuto a Dio e al suo santo nome. È un peccato grave».

In Francia la pena di morte per blasfemia è introdotta nel XIII secolo sotto Luigi IX (1214-1270), ossessionato dalla lotta contro eretici, ebrei e musulmani. Gli articoli 10-11 della «Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino» (26 agosto 1789) eliminano la blasfemia. Anche la Restaurazione (1814-15) la dichiara illegale. Così nel 1830. È definitivamente rimossa il 29 luglio 1881 ma «l’incitamento a commettere crimini e offese» è ancora una violazione di legge; come l’incitamento, l’odio, la violenza basata su religione, nazionalità, appartenenza etnica, razza, orientamento sessuale, handicap; come le offese contro gruppo religioso, nazionalità, gruppo etnico, razza, orientamento sessuale o handicap.

In Italia, a seguito del Concordato (11 febbraio 1929), la legge del 1930 punisce l’offesa alla sola religione cattolica, ma questa limitazione è lesiva delle altre religioni. Con il nuovo Concordato (18 febbraio 1984) cade lo status di «religione dello Stato» e tutte le religioni sono uguali. Con la sentenza 440 del 8 ottobre 1995 la Corte Costituzionale estende l’offesa alla divinità venerata in ogni credo religioso, non solo nella religione cattolica: «Si impone la pari protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione religiosa» e dichiara incostituzionale l’articolo 724 del Codice penale che definiva il Cattolicesimo religione di Stato. Dal 1999 la bestemmia non è più reato ma illecito amministrativo.

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