Il Governo inizia a frenare il gioco d’azzardo. Lo ha fatto con un decreto firmato sabato 17 luglio dal ministro della Salute Roberto Speranza, dopo il report diramato dall’Osservatorio del Ministero che ha registrato un forte rischio della ripresa delle ludopatie combinando i fattori della riapertura delle sale slot dopo le restrizioni e la crisi economica generata dalla pandemia.
Tra le misure c’è l’obbligo per le Asl di ispezionare tutti i locali di gioco sia per il rischio Covid sia accertando il comportamento dei clienti. Inoltre i gestori hanno l’obbligo di interrompere l’utilizzo delle slot machine ad intervalli programmati, anche accogliendo le ordinanze e le disposizioni dei Comuni. Infine il decreto prevede l’illuminazione a giorno dei locali e la visibilità dall’esterno, oltre all’affissione di cartelli ben visibili con i riferimenti dei servizi di cura e di aiuto disponibili sul territorio.
Una stretta che in Piemonte arriva all’indomani dell’abrogazione della legge regionale del 2016 a contrasto del gioco d’azzardo patologico sostituita da un nuovo provvedimento votato dalla maggioranza di centro-destra meno restrittivo in merito all’apertura delle sale gioco e alle distanze dai «luoghi sensibili» (scuole, ospedali, istituti di credito, parrocchie).
Sul dibattito abbiamo raggiunto mons. Marco Brunetti, Vescovo di Alba e delegato della Conferenza episcopale piemontese per la Pastorale della Salute. Mons. Brunetti lo scorso aprile, insieme ai Vescovi delegati della Caritas e della Pastorale Sociale e del Lavoro aveva rivolto un appello alla Regione che chiedeva di non tornare indietro sulla normativa a contrasto del gioco patologico visti gli ottimi risultati raggiunti sotto il profilo della tutela della salute, in particolare dei soggetti più facilmente esposti all’inganno dell’azzardo.

«Mi spiace», sottolinea mons. Brunetti, «constatare che la Regione Piemonte alla fine ha abrogato la legge del 2016, nonostante l’imponente opposizione della società civile, delle associazioni e dei movimenti, molti legati al mondo cattolico, che in questo anno hanno lavorato proficuamente sul tema. Gli indiscussi benefici che il precedente impianto normativo ha portato nel contrasto all’insorgere di patologie sono passati in secondo piano rispetto alle ragioni politiche che hanno prevalso».
Come evidenziato dal decreto del Ministero della Salute il problema della ludopatia resta alto.
«Una patologia», prosegue mons. Brunetti, «che tra l’altro va a pesare con costi non indifferenti sul Servizio sanitario nazionale. Fa dunque stridere i denti apprendere come, appena varata la nuova legge della Regione Piemonte, il Governo intervenga andando in senso contrario».
C’è poi il tema dei posti di lavoro su cui i gruppi di maggioranza in Regione hanno fatto leva per modificare il provvedimento che era stato approvato all’unanimità nel 2016 durante l’allora Giunta Chiamparino.
«Non è ammissibile pensare di incentivare il lavoro sulla pelle di persone deboli e fragili, sia sul piano sociale che sul piano psicologico, non è una correlazione eticamente corretta», osserva il Vescovo di Alba, «il lavoro non può mettere a rischio la salute di altre persone, un concetto fondamentale che la precedente legge aveva ben espresso. Credo sia certamente possibile promuovere forme alternative di lavoro che possano assorbire gli operatori del comparto convertendone gli obiettivi economici senza metterli in contrasto con quelli etici e sociali».
Il Vescovo delegato della Pastorale della Salute trova incoraggiante il segnale del Ministero della Salute: «mi sembra un primo passo da parte del Governo nazionale in merito al contrasto al gioco d’azzardo patologico, una vera e propria piaga sociale. Credo che il Governo e il Parlamento debbano proseguire nel dibattito per normare a livello nazionale il settore dell’azzardo in modo che diminuiscano le occasioni di gioco da parte delle persone più vulnerabili e ci sia un’uniformità di regole in tutta Italia».
«Confido», conclude, «che la società civile continui a tenere alta l’allerta sui rischi dell’azzardo e che i sindaci, che sono le persone più vicine ai territori e ai problemi sociali, possano contrastare l’uso delle slot machine, pericolose in particolare in merito alle problematiche legate alla salute mentale che si sono acuite con la pandemia».