Il Governo sta strangolando la libertà di stampa

La legge di bilancio 2019 prevede lo stanziamento della metà del fondo per l’editoria, cioè 30 milioni destinati poi a sparire. Nel 2019 è previsto un taglio del 20 per cento, nel 2020 del 50 per cento, nel 2021 taglio del 75 per cento, dal 1° gennaio 2022 neppure più un euro

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Due i modi principali per soffocare la libertà di stampa. Il primo modo è quello del comunismo, del nazismo, del fascismo, del militarismo e di tutte le dittature. In Italia, giunto al potere, Benito Mussolini pone il bavaglio alla stampa, una delle prime operazioni per chiudere occhi e orecchi agli italiani. La censura fascista nel ventennio (1922-1943) esercita un controllo totale e sistematico della comunicazione, della libertà di pensiero, parola, espressione, stampa e nella repressione della libertà di associazione, assemblea, religione.

LA COSTITUZIONE ITALIANA– L’altro modo è quello adottato dall’attuale governo giallo-verde, cioè soffocare  economicamente i giornali. «Basta ai giornali finanziati con i soldi pubblici» è da sempre il ritornello dei grillini, tanto che lo hanno inserito nel programma per il voto del 4 marzo 2018. In questo sono ben spalleggiati dai leghisti. La Costituzione italiana all’articolo 21 afferma: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».

UN PO’ DI STORIA – Una legge del 1981 stabilisce un contributo fisso per ogni copia stampata, con una maggiorazione del 15 per cento nel caso il giornale sia edito da una cooperativa di giornalisti. Nel 1990 si finanziano anche i giornali organi di partito. Nel 2008 il Parlamento abolisce ogni criterio legato alla tiratura. Nel 2016 la legge 198 – proposta dal ministro dello Sport con delega all’Editoria Luca Lotti (PD) – introduce maggiore trasparenza. Possono chiedere il contributo: cooperative giornalistiche; enti e imprese senza fini di lucro; quotidiani e periodici delle minoranze linguistiche; imprese ed enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti; associazioni di consumatori; editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero e radio-tv locali. Sono esclusi i giornali di partito e quelli che fanno capo a gruppi editoriali quotati in Borsa. Nel 2016 hanno ricevuto finanziamenti, tra gli altri, «Avvenire, Italia Oggi, Il Foglio, Il Manifesto, L’Opinione, La Voce, Libero, Secolo d’Italia». Merita ricordare che «La Padania», organo ufficiale della Lega, ha incassato 61 milioni di euro in 17 anni di vita, dei quali ha beneficiato anche Matteo Salvini che per anni è stato a «La Padania» e «Radio Padania Libera».

GOVERNO GIALLO-VERDE – Nel gennaio 2018 Luigi Di Maio ribadisce l’intenzione di «abolire i finanziamenti ai quotidiani e all’editoria». Il contratto giallo-verde dedica poche righe alle telecomunicazioni: «Nella gestione del servizio radiotelevisivo pubblico intendiamo adottare linee di gestione improntate alla trasparenza, all’eliminazione della lottizzazione politica e alla promozione della meritocrazia alla valorizzazione delle risorse professionali dell’azienda». Lega e 5 Stelle hanno incrementato la lottizzazione: si sono spartiti i vertici e l’informazione Rai. Vincenzo Crimi, sottosegretario all’editoria, spiega a un giornale amico come «Il Fatto Quotidiano» che «sono stanziati 200 milioni tra contributi diretti, alle radio e alle tv, senza contare l’agevolazione delle tariffe telefoniche che può essere stimata in 60 milioni. Vanno aggiustate le distorsioni, visto che circa il 30 per cento dei fondi va a 4-5 testate».

AZZERAMENTO GRADUALE DEL FONDO PER L’EDITORIA – Questo l’obiettivo del governo. La legge di bilancio 2019 prevede lo stanziamento della metà del fondo, cioè 30 milioni, che poi spariranno. Anche per i  rimborsi a tutti i giornali per le spese telefoniche (32 milioni di euro) dimezzamento nel 2019 e taglio totale nel 2020. Anche sui giornali diffusi all’estero – che prendevano ogni anno 2 milioni – cala la mannaia. Si salva solo la stampa speciale per ipovedenti e non vedenti, per la quale non è previsto alcun taglio. In definitiva: nel 2019 taglio del 20 per cento; nel 2020 taglio del 50 per cento; nel 2021 taglio del 75 per cento; dal 1° gennaio 2022 neppure più un euro. Bisogna ricordare che, oltre i partiti di opposizione, proprio i giornali – quotidiani e periodici tra i quali i settimanali diocesani – sono i più puntuali critici del regime giallo-verde la cui politica sta portando alla rovina l’Italia e i cui effetti negativi saranno pagati dalle generazioni future.

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