«Ci stiamo preparando a celebrare la vittoria del Signore Gesù sul peccato e sulla morte. Sul peccato e sulla morte, non su qualcuno e contro qualcun altro. Oggi c’è la guerra. Perché si vuole vincere così, alla maniera del mondo? Così si perde soltanto. Perché non lasciare che vinca Cristo che ha portato la croce per liberarci dal dominio del male. È morto perché regnino la vita, l’amore, la pace. Si depongano le armi! Si inizi una tregua pasquale; ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no! una tregua per arrivare alla pace, attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente. Che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?».
Domenica delle palme, Settimana Santa, Pasqua 2022 di grande sofferenza per Papa Francesco: «Nella follia della guerra si torna a crocifiggere Cristo». Nell’omelia della domenica delle palme ripete l’invito forte alla «carezza del perdono per reagire ai colpi dell’odio», c’è tutta l’amarezza di fronte alle sofferenze. Lo ascoltano 65 mila fedeli di varie nazionalità: «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno» (Luca 23,34). La Settimana Santa prelude alla passione e morte del Signore e alla luce della risurrezione, «varco nel buio dei dolori dell’umanità, già ricapitolati in Cristo, colui che non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, che si è umiliato e Dio lo ha esaltato». Francesco paragona la guerra a «Cristo è di nuovo crocifisso». E passa dal «Crocifisso» ai «crocifissi»: «Quando si usa violenza non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno sugli altri, che sono fratelli. Si dimentica perché si è al mondo e si arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo nella follia della guerra. Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli».
«Proviamo a immaginare il dolore lancinante che provocava la crocifissione. Nel dolore più acuto Cristo chiede perdono per chi lo sta trapassando. Vorrebbe gridare tutta la propria rabbia e sofferenza; invece dice: “Padre, perdona loro”. Non rimprovera i carnefici e non minaccia castighi in nome di Dio, ma prega per i malvagi. Il dono diventa per-dono». Nel momento più doloroso, Gesù vive il comandamento più difficile: l’amore per i nemici. Il Papa invita a pensare «a qualcuno che ci ha ferito, offeso, deluso. Bisogna reagire e spezzare il circolo vizioso del male e del rimpianto e reagire ai chiodi della vita con l’amore, ai colpi dell’odio con la carezza del perdono. Compassione e misericordia per tutti, perché Dio vede in ciascuno un figlio. Non ci divide in buoni e cattivi, in amici e nemici. Per lui siamo tutti figli amati, che desidera abbracciare e perdonare». All’Angelus lancia un forte appello a cessare le ostilità nel cuore dell’Europa, «una guerra che ogni giorno ci pone davanti agli occhi stragi efferate e atroci crudeltà compiute contro civili inermi».
Il Patriarca Kirill sarà cacciato dal Consiglio mondiale delle Chiese? Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie si muove in continuità con la dittatura sovietica e inventa una teologia tutta anti-occidentale. Questa è una guerra tra ortodossi. Domenica 10 aprile Kirill, cappellano di Putin e del putinismo, con una omelia si proclama a favore dell’intervento russo in Ucraina e invita i fedeli a «combattere i nemici interni ed esterni di Mosca. In questo periodo difficile per la nostra patria, possa il Signore aiutare ognuno di noi a unirci, anche attorno al potere. È così che emergerà la vera solidarietà nel nostro popolo, così come la capacità di respingere i nemici esterni e interni e di costruire una vita con più bene, verità e amore». Le dichiarazioni a sostegno dell’aggressione militare e a favore del dittatore del Cremlino provocano nel mondo ecumenico uno scossone tanto e spingono molti a chiedere al Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) di «espellere» il Patriarcato di Mosca. L’agenzia «Sir» gira la domanda al segretario generale ad interim, il reverendo Ioan Sauca, che fa parte della Chiesa ortodossa di Romania: «Ci sentiamo tutti arrabbiati, frustrati, delusi e tendiamo a prendere decisioni radicali. Ma, come seguaci di Cristo, ci è stato affidato il ministero della riconciliazione e dell’unità. Sarebbe molto facile usare il linguaggio dei politici ma dobbiamo a usare il linguaggio della fede. È facile escludere, scomunicare, demonizzare; ma siamo chiamati come Wcc a essere una piattaforma di incontro, dialogo e ascolto anche se e quando non siamo d’accordo».
191 pope della Chiesa ortodossa ucraina dipendente dal Patriarcato di Mosca raccolgono firme per un appello al Consiglio dei primati delle Chiese orientali per «fare causa contro il Patriarca di Mosca Kirill». Lo riporta l’«Ukrainska Pravda»: «Kirill sostiene apertamente la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e noi sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina abbiamo deciso di fare appello contro di lui». Gli aggressori russi hanno occupato e profanato la monumentale chiesa ortodossa dell’Ascensione del Signore nel villaggio Lukashivka: «Vi hanno interrogato e torturato le persone». La denuncia è di mons. Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev e capo della Chiesa greco-cattolica ucraina: «Vicino a questo edificio sacro troviamo decine di corpi di ucraini innocenti assassinati. Quelli che si proclamano cristiani hanno profanato il tempio, dove si onora il nome di Dio, che è stato trasformato in un luogo di tortura, umiliazione e omicidio».