Il grido delle periferie

Verso le elezioni – Il voto dei quartieri popolari deciderà il prossimo Sindaco di Torino. I parroci della zona Nord della città denunciano il degrado, la criminalità che cresce e il grande senso di abbandono. Appello ai candidati sindaco

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«Il quartiere è ormai terra di nessuno. Spaccio di droga a cielo aperto in pieno giorno, anche davanti ai bambini, risse frequenti fra bande con botte e bottiglie sferrate addosso che imbrattano di sangue strade, marciapiedi e portoni. La parrocchia spesso diventa il pronto soccorso per i feriti dagli scontri o per persone tossicodipendenti che stanno male». È la fotografia che don Stefano Votta, parroco di Maria Regina della Pace fra corso Giulio Cesare e corso Palermo, lascia a La Voce e il Tempo per descrivere il clima della periferia nord di Torino che si appresta a scegliere la prossima amministrazione comunale nelle consultazioni di domenica 3  e lunedì 4 ottobre.

Don Stefano Votta

Una situazione degenerata negli ultimi mesi che mette in luce la debolezza di una strategia sulla riqualificazione dei quartieri popolari che non ha certamente retto all’onda lunga del Covid mettendo in primo piano tutti i nodi irrisolti delle grandi periferie: la mancanza di un’integrazione reale, il lavoro che non c’è, i giovani che restano neet, la solitudine per gli anziani, la povertà che aumenta lasciando spazio alla criminalità.

«Siamo lasciati soli, le istituzioni, e anche le forze dell’ordine, sono assenti», evidenzia don Votta, «il quartiere è sempre più abbandonato a se stesso: io e i sacerdoti della parrocchia riscontriamo un evidente peggioramento in ordine alla sicurezza rispetto al nostro arrivo tre anni fa o anche solo alla scorsa estate: vediamo fiume di droga ormai senza freni, botte da orbi quasi tutte le sere, disordini e tensioni».

Così la gente inizia ad avere paura. «Abbiamo salutato nelle ultime settimane 5 famiglie della parrocchia che si sono trasferite in altre zone della città o nella prima cintura perché non si sentivano più sicure», racconta il parroco della Pace, «sono tanti i nuclei familiari, sia italiani che stranieri, che vengono a dirmi di voler andare via perché non intendono far crescere i loro figli in un contesto di violenza».

Ed ecco l’appello di don Votta ai candidati sindaco: «occorre dare una virata immediata per evitare che la nave vada a schiantarsi contro un iceberg: è urgente in primo luogo mettere in sicurezza il quartiere in quanto la situazione è divenuta fuori controllo e la gente ha paura, poi è fondamentale una riqualificazione urbanistica ed edile che consenta di contrastare il degrado e allo stesso tempo bisogna lavorare insieme ai diversi attori del territorio per una integrazione vera che è certamente possibile: lo dimostra ciò che avviene in oratorio dove si ritrovano tutte le etnie e le religioni. Un segno di vita e di speranza laddove c’è morte e distruzione».

Il sacerdote chiede poi ai candidati di visitare i quartieri di periferia: «venite qui a vedere la situazione: occorre ripartire da questi problemi che vanno affrontati di petto per dare un futuro a Torino».

La parrocchia della Pace rimane in trincea insieme alle numerose associazioni che continuano a tamponare una situazione che diventa sempre più difficile con molteplici iniziative: un piano «salva sfratti» per chi non riesce a pagare l’affitto, a causa della perdita del lavoro, l’accompagnamento dei gruppi caritativi per oltre 320 famiglie.

Anche la parrocchia Maria Speranza Nostra (via Chatillon), affidata ai Missionari della Consolata, continua a tutto campo a sostenere le fragilità.

«Si parla sempre di sicurezza a Barriera di Milano», sottolinea il parroco padre Nicholas Muthoka, «ma mancano sempre i due ingredienti essenziali per una soluzione reale: un processo di integrazione effettivo tra i diversi popoli che abitano nel quartiere, tra cui anche le persone irregolari, un nodo che va affrontato, e poi opportunità lavorative che evitino l’emergere del disagio e quindi l’insorgere della micro-criminalità o fenomeni più gravi».

Padre Nicholas Muthoka

Padre Muthoka auspica un «ascolto vero» da parte della nuova amministrazione: «qui si tocca con mano come manchino le istituzioni, mi auguro che si possa veramente attuare un’agorà in cui confrontarsi per affrontare i problemi, qui ci sono tutte le potenzialità».

Alcune famiglie della comunità prima dell’estate hanno accolto 27 giovani che negli ultimi mesi del 2020 avevano occupato l’ex fabbrica Gondrand in via Cigna, sgomberata lo scorso dicembre dal Comune. Gli occupanti a inizio gennaio si erano poi stabiliti in un’altra fabbrica dismessa del quartiere. «In accordo con l’Arcivescovo», spiega il parroco, «abbiamo stilato un progetto di accoglienza di tre mesi che ha permesso a 27 persone di trovare un lavoro, di uscire dal tunnel in cui si erano trovate e riprendere in mano la propria vita». C’è ancora un gruppo di giovani fragili che continua ad occupare le fabbriche dismesse della zona. Nei mesi estivi si erano nuovamente insediati nell’ex Gondrand, sgomberata un’altra volta dalle forze dell’ordine la scorsa settimana.

«Gli sgomberi», spiega il sacerdote, «non sono certamente l’unica soluzione in quanto, come continuano a dimostrare i fatti, non risolvono i problemi: occorre trovare dei percorsi di reinserimento sociale per questi giovani. Abbiamo cercato di coinvolgere il Comune e la Prefettura in un progetto condiviso ma l’unica risposta è stata quella degli sgomberi e del trasferimento in dormitori comunali».

Da corso Grosseto don Angelo Zucchi, parroco di San Giuseppe Cafasso, invita i candidati «a non guardare al disagio delle periferie come uno dei temi della politica ma come il punto di osservazione da cui giudicare gli interventi dell’amministrazione: una cartina di tornasole che mette in luce le carenze e i punti su cui lavorare».

Il parroco del «Centro della periferia» – così è conosciuta la parrocchia che si affaccia su corso Grosseto, che conta una scuola (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) e una moltitudine di servizi caritativi oltre alle attività dell’oratorio – ritiene che per diminuire il disagio siano necessari interventi strutturali  a cominciare dall’educazione.

don Angelo Zucchi

«Senza l’educazione», evidenzia don Zucchi, «si avranno sempre la movida e lo sballo; senza l’educazione si avranno sempre i neet, i giovani che né studiano e né lavorano; allo stesso modo è necessario un accompagnamento a tutto campo per chi si trova nella fragilità, ma anche per i volontari dei gruppi caritativi». Interventi che necessitano di un metodo di concertazione fra le istituzioni e chi opera nei territori a contrasto dell’emergenza sociale. Ed ecco l’appello per la futura Giunta «a favorire e a sostenere gli interventi paradigmatici di enti che già operano a tutto campo a supporto delle fragilità piuttosto che attivarne altri che vanno solo ad ‘innaffiare nel deserto’».

La parrocchia Cafasso nei mesi estivi ha riqualificato e utilizzato per le attività di estate ragazzi i campetti utilizzati fino a 4 anni fa dalla società Victoria Ivest in via Paolo Veronese, realizzati nel 2012 e dopo poco tempo lasciati al degrado. «Abbiamo portato l’oratorio in un’area degradata», conclude don Zucchi, «come segno di speranza e di rinascita per il quartiere periferico e la città: se si lavora insieme le soluzioni contro il degrado si trovano. È fondamentale una coprogettazione che sia reale ed efficace».

All’estrema periferia nord di Torino nel quartiere Falchera il parroco don Adelino Montanelli è preoccupato per il progressivo smantellamento dei servizi per i cittadini: «manca l’anagrafe sostituita con un bus con l’‘Anagrafe itinerante’ in piazza Astengo che perlopiù dirotta i cittadini agli uffici centrali in via della Consolata; è stato tagliato il personale della Biblioteca civica Don Milani, fior all’occhiello del quartiere». E poi il problema educativo per i giovani che non studiano e non lavorano: «c’è solo la parrocchia che li ascolta e li indirizza ma da soli non ce la facciamo».

Don Adelino Montanelli

Il nostro viaggio fra le parrocchie della periferia nord  termina alla «Spina 3» nel quartiere sorto nel 2005 sulla cenere delle fabbriche dismesse e mai portato a compimento.

Per il parroco delle Stimmate di San Francesco (via Livorno angolo corso Umbria), don Tonino Borio, «mancano centri di aggregazione e scuole elementari e medie: le famiglie si devono spostare in altri quartieri». Il parco Dora, definitivamente ultimato nell’estate, può rappresentare un’occasione: «mi auguro», prosegue don Borio, «che non rimanga un deserto ma possa essere abitato dalle associazioni del territorio per progetti sociali».

Don Tonino Borio al Parco Dora

La comunità delle Stimmate, in particolare, negli scorsi mesi ha avviato un percorso di collaborazione con la Moschea di via Aquila, nel quartiere basso San Donato, per animare gli spazi verdi della zona offrendo una presenza educativa per attività di aggregazione e culturali.

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