Il Movimento Sviluppo e Pace compie 50 anni

27 dicembre 1968 – «Scopo di Movimento Sviluppo e Pace, associazione aconfessionale e apolitica, è la collaborazione allo sviluppo e alla promozione umana, muovendo dal problema della fame nei Paesi via di sviluppo e in stato di grave emergenza, e la sensibilizzazione a questi problemi». È chiarissimo l’articolo 3 dello statuto del benemerito movimento nato 50 anni fa

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«Scopo di Movimento Sviluppo e Pace, associazione aconfessionale e apolitica, è la collaborazione allo sviluppo e alla promozione umana, muovendo dal problema della fame nei Paesi via di sviluppo e in stato di grave emergenza, e la sensibilizzazione a questi problemi». È chiarissimo l’articolo 3 dello statuto del benemerito movimento nato cinquant’anni fa, il 27 dicembre 1968.

Nel 1961 l’agronomo brasiliano Josué de Castro, segretario della Fao, Agenzia Onu per l’alimentazione e l’Agricoltura, lancia un drammatico appello: la comunità internazionale si impegni a «debellare la fame» di interi popoli di Paesi definiti «Terzo Mondo» nel 1957 dal giornalista francese Alfred Sauvy. In quegli anni le potenze coloniali concedono l’indipendenza a numerosi Stati, ma sono responsabili di tanti mali: schiavismo, occupazioni militari, lavori forzati, genocidi.

Come nasce Sviluppo e Pace? «Un giorno a inizio 1963 incontrai in piazza San Carlo, Giorgio Piovano, allora presidente della Giunta di Azione Cattolica. Mi raccontò che avevano lanciato una campagna contro la fame nel mondo promuovendo una “Quaresima di fraternità” nelle parrocchie e associazioni». Così inizia un appunto di Edo Gorzegno sulla fondazione del Movimento, che arriva cinque anni dopo la «Quaresima di fraternità», sorta al termine del lungo episcopato del cardinale arcivescovo di Torino Maurilio Fossati (1930-1965). Spiegò il vescovo coadiutore Felicissimo Stefano Tinivella: «La Quaresima va vissuta nella penitenza per la carità, nella volontaria rinunzia a qualche cosa di superfluo da tradurre in offerta per un efficace contributo alla lotta contro la fame».

L’iniziativa è stimolata dall’enciclica «Mater et magistra» (1961) di Giovanni XXIII che denuncia le disparità tra Nazioni ricche e povere e invita a «non restare indifferenti di fronte a chi si dibatte nell’indigenza, nella miseria e nella fame»; dalla campagna annuale dell’AC che nel 1963 riflette sul comando di Cristo «Amatevi come io vi ho amati» (Giovanni 15,17); dall’impegno Fao «a combattere la fame nel mondo». Da Torino la «Quaresima di fraternità» si estende in Piemonte e in Italia.

L’Azione Cattolica, allora presieduta dall’agronomo Aldo Morgando, e le Conferenze di San Vincenzo, capeggiate dall’ingegner Giorgio Ceragioli, istituiscono il «Comitato torinese contro la fame nel mondo» al quale  partecipano organizzazioni cattoliche e importanti Istituti missionari: don Luigi Bertuzzi dei Salesiani, padre Mario Bianchi dei Missionari della Consolata, padre Ottavio Fasano dei Cappuccini. Al «Centro cattolico» subentrerà il Servizio diocesano Terzo Mondo.

Tra i promotori e sostenitori il vicario generale mons. Vincenzo Rossi; preti molto attivi don Livio Maritano, don Esterino Bosco, don Franco Peradotto, don Antonio Revelli; esponenti dell’Azione Cattolica Aldo Morgando e Carla Rossi e laici molto impegnati poi diventati pret: Giorgio Piovano, Antonio Amore, Dario Berruto.

Infaticabile promotore e animatore è Giorgio Ceragioli, laurea in Ingegneria civile, docenza ad Architettura del Politecnico. Fondatore con Giovanni Ermiglia del «Movimento Sarvodaya» e delle «Serva Seva Farms», viaggia per studiare le situazioni locali. Nel gennaio 1965 si reca con il salesiano don Bertuzzi in India e a Calcutta incontra  Madre Teresa che, invitata dalla «Quaresima di fraternità», nel febbraio-marzo 1966 arriva per la prima volta a Torino, sconosciuta in Italia. Due anni prima Paolo VI l’aveva incontrata a Bombay in India (2-5 dicembre 1964) dove concludeva il 38° Congresso Eucaristico internazionale e le aveva regalato l’auto che aveva usato.

Gorzegno la ricorda bene: «Ci aprì nuovi orizzonti: dovevamo impegnarci non solo a dare pane ma anche a rendere giustizia e dovevamo farlo con tutti gli uomini di buona volontà, come lei stava facendo con gli indu». Il 26 marzo 1967 (Pasqua), Paolo VI promulga l’enciclica «Populorum progressio» che definisce «lo sviluppo il nuovo nome della pace» (n. 76). Padre Michele Pellegrino, succeduto nel 1965 a Fossati come arcivescovo di Torino, nella lettera pastorale della Quaresima 1967 esorta tutti a «dilatare i nostri orizzonti».

«È allora – ricorda Gorzegno – che fondiamo “Sviluppo e Pace” basato sul pluralismo ideologico-culturale. Era indispensabile ripensare le motivazioni spirituali del Cattolicesimo nel campo dello sviluppo e della pace e aiutare coloro che desideravano approfondire altre spiritualità. Il Movimento promosse diverse campagne: “Per il Biafra” (1968), “Facciamo qualcosa” (1969), “Contro la siccità” (1973-74); “Per il Guatemala” (1976); “100.000 lire per una vita in  India”. La diocesi non solo approvò ma affidò al Movimento l’organizzazione della “Quaresima di Fraternità”».

Il 27 dicembre 1968 il notaio Federico Bottino redige l’atto costitutivo. Osserva Pier Giorgio Gilli, una delle «colonne» di quei decenni: «Nel 1968, mentre bruciano (in senso metaforico) fabbriche, scuole e università, dieci amici torinesi, credenti e non,  sono i “padri fondatori”: Giovanni Bertone, il salesiano don Luigi Bertuzzi, Giorgio Ceragioli, il gesuita padre Sterfano Trovati (già deceduti); poi Giuseppe Andreis, Carlo Baffert, Piero Bello, Valentino Castellani, Paolo Clerici, Edoardo Gorzegno». Sino al 31 dicembre 1969 il Movimento è retto da un Consiglio composto da 16 membri: Giovanni Giovannini, Giorgio Ceragioli, Carlo Baffert, Pietro Bello, Giovanni Bertone, Luigi Bertuzzi, Giovanni Buzzelli, Valentino Castellani, Edoardo Gorzegno, Stefano Trovati, Maurizio Vogliazzo, Giuseppe Andreis, Giuseppe, Roberto Corti, Marco Peyron,  Paolo Clerici, Giovanni Ermiglia.

Conclude Gorzegno: «Alla fine degli anni Settanta emerge la necessità di creare uno spazio per approfondire le motivazioni di fede e lo specifico cristiano nell’impegno per lo sviluppo, nonché un collegamento tra gruppi ecclesiali di appoggio al Terzo Mondo: è il Servizio diocesano Terzo Mondo, con un coordinatore laico di nomina arcivescovile».

Quaresima di fraternità, Movimento Sviluppo e Pace e Servizio diocesano Terzo Mondo aiutano molto i sacerdoti diocesani missionari «Fidei donum». Con i fondi raccolti, in accordo con l’Ufficio Missionario diocesano, si provvede al sostentamento e si finanziano i progetti di sviluppo.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

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