«Attenti al cuore razzista. ”Ma i migranti…”. I migranti, siamo noi! Gesù è stato un migrante. Non avere paura dei migranti. “Ma sono delinquenti”. La mafia non è stata inventata dai nigeriani; è un valore nazionale. La mafia è nostra, made in Italia. Tutti possiamo essere delinquenti. I migranti ci portano delle ricchezze». Testuali parole ha detto Papa Francesco a braccio il 6 aprile 2019 a 1.950 studenti e 220 insegnanti del Collegio San Carlo di Milano, che celebra i 150 anni: istituito nel 1869, conta tra gli alunni Achille Ratti, che diverrà Pio XI, e Ludovico Necchi tra i fondatori dell’Università Cattolica. Un dialogo con domande e risposte.
Donald Trump e Giorgia Meloni, Marine Le Pen e Matteo Salvini dovrebbero leggere e meditare questa lezione di storia, salutare alla vigilia delle elezioni europee: «L’Europa è stata fatta da migranti. I migranti, i barbari, i celti, tutti questi che venivano dal Nord e hanno portato le culture. L’Europa si è accresciuta con la contrapposizione delle culture. Ma oggi c’è la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri nel cuore e nella terra per impedire l’incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza e costruisce un muro, finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito. “Ma dobbiamo accogliere tutti i migranti?” Ci vuole un cuore aperto per accogliere; se ho il cuore razzista, devo esaminare bene perché e convertirmi».
Perché Dio sembra fare preferenze? «Dio non fa differenze, siamo noi a farle con sistemi economici ingiusti e con le armi. Qualcuno può dirmi: ”Non sapevo che lei fosse comunista”. No! Questo ci ha insegnato Gesù e quando andremo davanti Gesù, ci dirà: “Grazie perché ero affamato e mi hai dato da mangiare”. E a coloro che uccidono di fame i bambini dirà: “No, tu vattene, perché ero affamato e non mi hai guardato”. Perché ci sono tante guerre? Se non avessero le armi, non farebbero la guerra. Fanno la guerra perché noi, Europa e America, vendiamo le armi per ammazzare i bambini. Chi vende le armi ha sulla coscienza la morte di tanti bambini».
Un altro esempio fiammante: «Nella tua classe, quando arriva un bambino forse troppo gonfio, che non sa giocare, chi è che inventa e organizza il bullismo? Dio? Siete voi! Tutti abbiamo dentro il seme della distruzione degli altri. Perché abbiamo la tendenza a fare delle differenze».
Come trasmettere valori radicati nella cultura cristiana e conciliarli con l’educazione all’incontro? «Non si può fare una cultura del dialogo senza conoscere la propria appartenenza a un popolo». I giovani devono nutrirsi delle radici «e annaffiarle parlando con gli anziani che sono la memoria del popolo. Quando era a Buenos Aires esortava i ragazzi ad andare a trovare gli anziani nelle case di riposo. Suonavano la chitarra e gli anziani si animavano e i giovani non volevano più andarsene. «Non siamo funghi, nati soli; siamo gente nata in famiglia e in un popolo. Patriottismo non è cantare l’inno nazionale o fare l’omaggio alla bandiera ma è appartenenza a una terra, a una storia, a una cultura». Aggiunge: «I migranti vanno integrati perché prendano i nostri valori e noi conosciamo i loro».
Come essere un buon insegnante? Risponde con un’espressione argentina: «Bisogna mettere tutta la carne sulla griglia», cioè mettercela tutta, giocare tutto sé stessi. Offrire una valida testimonianza: «Altrimenti, se non si è capaci, si converta o scelga un altro mestiere più scientifico». E poi amorevolezza – come chiedeva San Giovanni Bosco -, «capacità di accarezzare le anime, con la pazienza della persuasione; insegnate ai giovani ad avviare processi e non a occupare spazi»