Il Papa ai preti, “vi ringrazio per il coraggioso e costante esempio”

Lettera – Nel 160° anniversario della morte di Giovanni Battista Vianney Papa Francesco ha scritto ai sacerdoti

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«Dolore, gratitudine, coraggio e lode per essere preti in uscita». Nel 160° della morte di Giovanni Battista Vianney (1859-4 agosto-2019), il curato d’Ars, Papa Francesco in una «lettera ai fratelli presbiteri» esprime incoraggiamento e vicinanza a coloro che «senza rumore» lasciano tutto per impegnarsi nelle comunità, lavorano «in trincea», ci mettono la faccia «per curare e accompagnare il popolo di Dio» e «in maniera inosservata e sacrificata, nella stanchezza o nella fatica, nella malattia o nella desolazione, assumono la missione come un servizio a Dio e al suo popolo». Un altro passo rivoluzionario di Bergoglio: firma non da San Pietro ma da San Giovanni in Laterano come Vescovo di Roma.

DOLORE – Senza condanne o liste di proscrizione conforta i suoi preti; ricorda l’importanza del loro servizio; riconosce che la maggior parte ha subìto lo scandalo  come una coltellata. Non indica nemici o capri espiatori: «Abbiamo sentito il grido dei nostri fratelli vittime di abusi di potere, di coscienza e sessuali da parte di ministri ordinati. Senza negare e misconoscere il danno, sarebbe ingiusto non riconoscere tanti sacerdoti che offrono tutto per il bene degli altri, sanno piangere con coloro che piangono, fanno della loro vita un’opera di misericordia. Vi ringrazio per il vostro coraggioso e costante esempio».

GRATITUDINE – Nelle difficoltà, fragilità e debolezze, «in cui emergono i nostri limiti», è importante «non perdere la gratitudine per il passaggio del Signore nella nostra vita, per il suo sguardo misericordioso che invita a metterci in gioco per lui e per il suo popolo. Solo se siamo in grado di contemplare e ringraziare per i gesti di amore, generosità, solidarietà, fiducia, perdono, pazienza, sopportazione e compassione, lasceremo che lo Spirito ci doni quell’aria fresca in grado di rinnovare (e non rattoppare) la nostra vita e missione. Abbiamo pronunciato un “sì” nato e cresciuto nella comunità grazie ai “santi della porta accanto” sconosciuti e ignorati».

CORAGGIO – La «missione» non salva i preti da sofferenza, dolore, incomprensione. «Al contrario ci chiede di affrontarli e assumerli per lasciare che il Signore li trasformi e ci configuri a lui. Può capitare di comportarsi come il levita o il sacerdote della parabola che si voltano dall’altra parte e ignorano l’uomo che giace a terra. Altri si rifugiano nei luoghi comuni, danno spazio a fatalismo e scoraggiamento; si avvicinano con sguardo di preferenze selettive; generano isolamento ed esclusione; seminano scoraggiamento e disperazione».

LODE – Delusi dalla realtà, dalla Chiesa o da sé stessi, i preti spesso vivono «la tentazione di aggrapparci all’accidia. Nella preghiera sperimentiamo la precarietà e il bisogno del Signore. Per mantenere il cuore coraggioso è necessario non trascurare i due legami costitutivi della nostra identità: con Gesù e con il popolo. Non isolatevi; non rinchiudetevi in gruppi chiusi ed elitari. Maria, donna dal cuore trafitto, ci insegna la lode capace di aprire lo sguardo al futuro e restituire speranza al presente. Non abbiamo paura di contemplare Maria e intonare il suo canto di lode».

JEAN-BAPTISTE-MARIE VIANNEY – Nasce l’8 maggio 1786 a Dardilly presso Lione. Di famiglia contadina, vuole farsi prete, ma tutto congiura contro: la famiglia povera, il padre ostile, la Rivoluzione che scristianizza la Francia, Napoleone che lo chiama soldato. È uno «zuccone»: non capisce, non impara, non sa predicare. Prete a 29 anni nell’agosto 1815 mentre gli inglesi portano Napoleone a Sant’Elena, il Congresso di Vienna apre alla Restaurazione e a Castelnuovo d’Asti il 15 agosto nasce Giovannino Bosco. Lo mandano ad Ars-en-Dombes, 300 poverissimi abitanti. Conduce una vita di bontà, carità, preghiera, predicazione, catechismo. Prega, celebra Messa, confessa 16 ore al giorno, si accolla le penitenze dei peccatori. La folla è attratta dal «curé» deriso dagli altri preti, perseguitato dal demonio, denunciato al vescovo. Muore il 4 agosto 1859.

L’OMAGGIO DEI PAPI – Pio XI beatifica don Giuseppe Cafasso (1° novembre  1924), canonizza il curato d’Ars (31 maggio 1925, stesso anno di Teresina di Liseux), lo proclama «celeste patrono di tutti i parroci» (1929) e li definisce «nuovi astri sorti sull’orizzonte della Chiesa, due belle, care, provvidamente opportune figure: piccola e umile, povera e semplice e gloriosa la figura del parroco d’Ars. Don Cafasso altra bella, grande, complessa, ricca figura di sacerdote, maestro e formatore di sacerdoti». Pio XII lo propone come esempio ai parroci e ai quaresimalisti di Roma (16 marzo 1946). Giovanni XXIII promulga l’enciclica «Sacerdotii nostri primordia» nel 100° della morte (1° agosto 1959). Paolo VI lo annovera tra i «testimoni e maestri». Giovanni Paolo II visita Ars (6 ottobre 1986). Benedetto XVI indice l’«Anno sacerdotale» (19 giugno 2009-11 giugno 2010) nel 150° della morte.

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