Il Papa alla Caritas, “al centro gli ultimi, il Vangelo e la creatività”

50 anni di Caritas Italiana – «Non bastano i “like” per vivere, servono fraternità e vera gioia», ha detto Papa Francesco lo scorso 26 giugno ai membri della Caritas italiana nel 50° di fondazione esortandoli a camminare sulle vie degli ultimi, del Vangelo e della creatività

180

«Non bastano i “like” per vivere, servono fraternità e vera gioia», dice Papa Francesco il 26 giugno 2021 ai membri della Caritas italiana nel 50° di fondazione e li esorta a camminare sulle vie degli ultimi, del Vangelo e della creatività. Oltre mille persone, tra cui molti giovani, lo ascoltano: rappresentano le 218 Caritas, italiana e diocesane.

Nata mezzo secolo fa, il 2 luglio 1971, per decisione della Conferenza episcopale: «Siete parte viva della Chiesa, siete “la nostra Caritas”, come amava dire Paolo VI, che l’ha voluta e impostata». Incoraggia la Cei a dotarsi di un organismo pastorale per promuovere la testimonianza della carità nello spirito del Concilio Vaticano II «perché la comunità cristiana fosse soggetto di carità». «Confermo – aggiunge Bergoglio – il vostro compito: nell’attuale cambiamento d’epoca le sfide e le difficoltà sono tante, sono sempre di più i volti dei poveri e le situazioni complesse sul territorio. Ma – diceva sempre Paolo VI – “le nostre Caritas si prodigano oltre le forze”». I 50 anni sono «una tappa di cui ringraziare il Signore per il cammino fatto e per rinnovare, con il suo aiuto, lo slancio e gli impegni». Bergoglio indica «tre strade su cui proseguire il percorso».

LA VIA DEGLI ULTIMI – Il percorso parte dagli ultimi: «È bello allargare i sentieri della carità, guardare la realtà non dalla prospettiva dei vincenti ma da quella degli ultimi, dei poveri. È da loro che si parte, dai più fragili e indifesi. Si deve allargare lo sguardo ma partendo dagli occhi del povero. Quando il nostro cuore, guardando i poveri non si inquieta, qualcosa non funziona». Indovinato, in questo senso, è il titolo dell’inserto del «Corriere della Sera»: «Caritas 50 anni dalla parte di chi ha bisogno». Riflette Bergoglio: «La carità è la misericordia che va in cerca dei più deboli, che si spinge sino alle frontiere più difficili per liberare le persone dalle schiavitù che le opprimono e renderle protagoniste della propria vita. Molte scelte significative, in questi cinque decenni, hanno aiutato le Caritas e le Chiese locali a praticare la misericordia: dall’obiezione di coscienza al sostegno al volontariato; dall’impegno nella cooperazione con il Sud del Pianeta agli interventi nelle emergenze in Italia e nel mondo; dall’approccio globale al fenomeno delle migrazioni, con proposte rinnovative come i corridoi umanitari, all’attivazione di strumenti concreti come i centri di ascolto e gli osservatori delle povertà».

LA VIA DEL VANGELO – Poiché Gesù «è presente in ogni povero, vuole una Chiesa della tenerezza dove i poveri sono beati». Di qui nasce l’invito «alla parresia della denuncia, che non è mai polemica contro qualcuno, ma profezia per tutti; è proclamare la dignità umana quando è calpestata, è far udire il grido soffocato dei poveri, è dare voce a chi non ne ha. Lo stile di Dio è lo stile della prossimità, della compassione e della tenerezza. È lo stile dell’amore gratuito, che non cerca ricompense. È lo stile della disponibilità e del servizio, a imitazione di Gesù che si è fatto nostro servo. È lo stile descritto da San Paolo, quando dice che la carità “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Corinti 13,7). Mi colpisce la parola “tutto”. La carità è inclusiva, non si occupa solo dell’aspetto materiale e nemmeno solo di quello spirituale. La salvezza di Gesù abbraccia l’uomo intero. Abbiamo bisogno di una carità dedicata allo sviluppo integrale della persona: una carità spirituale, materiale, intellettuale. È lo stile integrale che avete sperimentato in grandi calamità, anche attraverso i gemellaggi, bella esperienza di alleanza a tutto campo nella carità tra le Chiese in Italia, in Europa e nel mondo».

LA VIA DELLA CREATIVITÀ – Ricordando la storia di Caritas, sottolinea: «La ricca esperienza di questi cinquant’anni non è un bagaglio di cose da ripetere; è la base su cui costruire per declinare in modo costante quella che San Giovanni Paolo II ha chiamato “fantasia della carità”. Non lasciatevi scoraggiare di fronte ai numeri crescenti di nuovi poveri e di nuove povertà. Continuate a coltivare sogni di fraternità e di speranza. Contro il virus del pessimismo, immunizzatevi condividendo la gioia di essere una grande famiglia. In questa atmosfera fraterna lo Spirito Santo, che è creatore e creativo, suggerirà idee nuove, adatte ai tempi che viviamo». Il vescovo di Roma ringrazia «operatori, sacerdoti e  volontari: nella pandemia la rete Caritas ha intensificato la presenza; ha alleviato la solitudine, la sofferenza e i bisogni di molti; decine di migliaia di volontari hanno offerto ascolto e risposte concrete a chi è nel disagio».

NON «LIKE» MA FRATERNITÀ E GIOIA VERA – Esorta a prestare attenzione ai giovani «vittime più fragili di questa epoca di cambiamento, ma anche potenziali artefici di un cambiamento d’epoca. Sono i protagonisti dell’avvenire. Non è mai sprecato il tempo che si dedica loro per tessere relazioni che superino le culture dell’indifferenza e dell’apparenza. Non bastano i “like” per vivere: c’è bisogno di fraternità e di gioia vera. La Caritas può far scoprire a tanti giovani il senso del dono, può far loro assaporare il gusto buono di ritrovare sé stessi dedicando il proprio tempo agli altri. Così la Caritas rimarrà giovane e creativa, manterrà uno sguardo semplice e diretto, che si rivolge verso l’Alto e verso l’altro». Paolo VI all’Angelus del 18 gennaio 1976 affermò: «Le nostre Caritas si prodigano oltre le forze». Come è accaduto dal 1971 a oggi: dall’appello ai politici a fermare la produzione e il commercio di armi (1983) agli interventi nella guerra in Rwanda e nell’alluvione del Piemonte (1994); dalla morte del medico Graziella Fumagalli in Somalia alle fondazioni antiusura (1995); dal sacrificio dei volontari Roberto Bazzoni e Antonio Sircana in Kosovo (1999) all’impegno contro ogni sfruttamento sessuale all’impegno contro la pandemia (2020-2021).

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome