«Se in Piemonte c’è grande aridità di vocazioni e in Puglia c’è sovrabbondanza, pensate a una condivisione “Fidei domun” dei sacerdoti». È una delle raccomandazioni di Papa Francesco il 21 maggio 2018 all’assemblea della Conferenza episcopale italiana (21-24 maggio). Altre due non sono meno importanti: gestire in modo trasparente le risorse delle diocesi; e soprattutto ridurre il numero delle diocesi, accorpando le più piccole, argomento questo sul quale i vescovi sembrano fare orecchi da mercanti da 157 anni, cioè dall’unità d’Italia nel 1861.
«NON LO DICO PER BASTONARVI, vi dico le mie preoccupazioni e poi vedete voi, anche per le critiche». Così esordisce Bergoglio. In un Paese di grande tradizione come l’Italia, l’emorragia delle vocazioni «è il frutto avvelenato della cultura del provvisorio, del relativismo e della dittatura del denaro che allontanano i giovani dalla vita consacrata, accanto al tragico fenomeno dell’inverno demografico nonché agli scandali e alla testimonianza tiepida. Quanti seminari, chiese, monasteri, conventi saranno chiusi nei prossimi anni per mancanza di vocazioni? Dio lo sa. È triste vedere questa terra, per secoli fertile, con vocazioni di sacerdoti, religiosi, religiose che, insieme al vecchio Continente, sperimenta una sterilità vocazionale senza cercare rimedi efficaci, o comunque li cerca ma non li troviamo». L’esempio Piemonte-Puglia è calzante. La condivisione «Fidei donum» tra le diocesi, arricchisce chi dona e chi riceve «rafforzando il “sensus Ecclesiae” nel clero e nei fedeli. Pensate una creatività bella. Vediamo se ne siete capaci».
«SEMPRE LA POVERTÀ È MADRE E MURO della vita apostolica: madre perché la fa nascere e muro perché la protegge. Senza povertà non c’è zelo apostolico». Il Pontefice chiede di gestire in modo onesto e trasparente le risorse della Chiesa: «È una controtestimonianza parlare di povertà e fare vita di lusso, come un faraone. È uno scandalo gestire i beni della Chiesa come personali. Voi conoscete gli scandali finanziari in alcune diocesi. Per favore, mi fa molto male sentire un ecclesiastico che si è fatto manipolare da qualcuno o ha addirittura gestito in maniera disonesta “gli spiccioli della vedova”. Noi abbiamo il dovere di gestire con esemplarità, con regole chiare e comuni. Penso a uno di voi che conosco bene che mai, mai, mai invita a cena con i soldi della diocesi, ma paga dalla sua tasca. Sono piccoli gesti, ma importanti».
PROGETTO DA CHIUDERE AL PIÙ PRESTO «la riduzione e l’accorpamento delle diocesi. Non è facile, soprattutto in questo tempo: l’anno scorso eravamo per accorpare una diocesi piccolina, ma sono venuti a dirmi: “Ma padre come fa questo? L’università se n’è andata via, hanno chiuso una scuola, adesso non c’è il sindaco ma un delegato, e adesso anche voi andate via?”. Uno sente questo dolore e dice: “Che rimanga il vescovo”. Forse c’è una o due diocesi non si possono fare adesso perché sono in terra abbandonata, ma si può fare qualcosa. Non è facile ma ci sono diocesi che si possono accorpare. L’ho già accennato il 23 maggio 2013 (primo incontro di Francesco con la Cei, n.d.r.). È un’ esigenza pastorale studiata più volte, già Paolo VI nel 1964 (quando Papa Montini il 14 aprile istituisce la Cei, n.d.r.) e poi nel 1966 (Paolo VI parla alla prima assemblea della Cei 21-23 giugno, n.d.r.) tornò sull’argomento, dicendo che è “necessario ritoccare i confini di alcune diocesi; ma più che altro si dovrà procedere alla fusione di non poche diocesi, in modo che la circoscrizione risultante abbia un’estensione territoriale, una consistenza demografica, una dotazione di clero e di opere, idonee a sostenere un’organizzazione diocesana veramente funzionale, e a sviluppare un’attività pastorale efficace e unitaria”. Nel 2016 la Congregazione per i vescovi ha chiesto alle Conferenze episcopali regionali di inviare un progetto di riforma. Stiamo parlando di un argomento datato e attuale che si è trascinato per troppo tempo e credo sia giunto il tempo di concluderlo al più presto».
«ORA LA PAROLA A VOI VESCOVI. Parlate apertamente, non è peccato criticare il Papa qui, si può fare. Dite l’ispirazione che portate nel cuore». E le porte dell’aula nuova del Sinodo – dove si svolgono i lavori – si chiudono per tutti: restano solo il Papa e i vescovi. Bergoglio era giunto, come sempre, a piedi con in mano una cartellina di appunti; ha salutato il fotografo e ha stretto la mano alle due guardie svizzere all’ingresso. Dopo l’Ora Media, lo saluta il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia che racconta un episodio della sua vita. Nel 1979 il cardinale arcivescovo di Firenze Giovanni Benelli lo nomina rettore del Seminario, «una cosa più grande delle mie possibilità. Mi sembrò di sprofondare. Gli chiesi: “Cosa devo fare?”. Con un sorriso rispose: “Mi basta che quando vengo in Seminario mi senta in casa mia”. Santo Padre, le vogliamo dire che è in casa sua, la sentiamo padre, fratello, amico». Francesco esordisce: «Benvenuti in Vaticano, ma credo che quest’aula è in Vaticano solo quando c’è il Papa, altrimenti è su territorio italiano, anche l’aula Paolo VI, dicono che sia così». Poi invoca la Madonna: è il 21 maggio, lunedì di Pentecoste, e la Chiesa celebra per la prima volta la memoria liturgica di «Maria mater Ecclesiae»: «In questa giornata di Maria madre della Chiesa, mostra che sei la madre, facci sentire la maternalità della Santa madre Chiesa “gerarchica”, come diceva Sant’Ignazio», fondatore della Compagnia di Gesù.
«QUALE PRESENZA ECCLESIALE nel contesto comunicativo» è il tema della 71ª assembla: relazione di Pier Cesare Rivoltella, docente di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento all’Università Cattolica di Milano; confronto sulla responsabilità educativa e missionaria della Chiesa in una cultura fortemente plasmata dalla comunicazione; contenuti e iniziative per il Sinodo; aggiornamento del decreto su «Disposizioni per la tutela della buona fama e riservatezza».