Il Papa alla Grotta per invocare aiuto nella pandemia

Vaticano – Alla vigilia di Pentecoste, sabato 30 maggio alle 17.30, Papa Francesco presiede la recita del Rosario alla grotta di Lourdes nei Giardini vaticani per invocare aiuto nella pandemia. In diretta mondovisione pregano donne e uomini in rappresentanza di varie categorie fra cui un medico, un’infermiera, un sacerdote, un cappellano

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foto Sir

«Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa. Apparvero lingue come di fuoco che si dividevano e si posavano su ciascuno di loro; e furono tutti pieni di Spirito Santo» (Atti 2,1-3). Il racconto della Pentecoste è solenne e segna l’inizio della Chiesa e della sua missione. Alla vigilia, sabato 30 maggio 2020 alle 17,30, Papa Francesco presiede la recita del rosario alla grotta di Lourdes nei Giardini vaticani per invocare aiuto nella pandemia.

In diretta mondovisione, pregano donne e uomini in rappresentanza di varie categorie: un medico e un’infermiera; una persona guarita e una che ha perso un familiare; un sacerdote, cappellano ospedaliero, e una suora infermiera; una farmacista e una giornalista; un volontario della Protezione civile; una giovane famiglia, alla quale è nato un bambino proprio in queste settimane. Si collegano numerosi santuari. Europa: Lourdes (Francia); Fatima (Portogallo); San Giovanni Rotondo e Pompei (Italia); Czestochowa (Polonia). Americhe: Immaculate Conception di Washington D.C. (Stati Uniti); Nostra Signora di Guadalupe (Messico); Chiquinquira (Colombia); Lujan e Milagro (Argentina). Africa: Elele (Nigeria) e Nôtre-Dame de la paix (Costa d’Avorio).

Il rosario è preghiera cara a numerosi santi perché – come dice Giovanni Paolo II – «concentra la profondità del messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio». Devozione antica, esercita un forte influsso sulla mente e sul cuore dei credenti e appartiene alla vita del popolo cristiano come il lavoro e il pane. Si pone nell’orizzonte dei grandi Concili che hanno trattato della Madre di Dio e del Vaticano II che ha delineato il culto alla Madre di Dio orientato a Cristo, centro della fede, e lo ha inserito nel discorso della Chiesa, tanto che Paolo VI propose una nuova invocazione: «Maria madre della Chiesa». L’origine del rosario è in relazione con la preghiera continua con la ripetizione di una formula breve, come: «O Dio, vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto» (Salmo 69,2). Nel Medioevo si pone attenzione ai misteri di Cristo e alla sua umanità, ai dolori e alle gioie della Madonna, alla passione e morte di Cristo e ai dolori di Maria. Nascono cos’ i «Misteri gaudiosi, dolorosi, gloriosi»

I Pontefici danno molta importanza al rosario. Il domenicano San Pio V (1566-1572), l’unico Papa piemontese – Michele Gislieri nasce a Bosco Marengo (Alessandria) nel 1504, vescovo di Mondovì (1560) – nella bolla «Consueverunt Romani Pontifices» raccomanda la recita del rosario (17 settembre 1569). Così Leone XIII con l’enciclica «Supremi apostolatus officio» (1883). Pio XI nella «Ingravescentibus malis» (1937) esorta alla recita del rosario per scongiurare la Seconda guerra mondiale. Pio XII con la «Ingruentium malorum» (1951) invita a rencitare il rosario per «la concordia in famiglia e la pace tra le nazioni». Giovanni XXIII nella lettera apostolica «Il religioso convegno» (1961) e in «Oecumenicum Concilium» (1962) chiede la recita del rosario per il buon andamento del Vaticano II. Paolo VI nell’esortazione apostolica «Marialis cultus» (1974) sottolinea il carattere evangelico e cristologico del rosario. Giovanni Paolo II nella lettera apostolica «Rosarium Virginis Mariæ» (2002) sottolinea: il senso profondo del rosario consiste nella contemplazione del volto di Cristo attraverso lo sguardo di Maria e propone la  serie di cinque «misteri della luce»: battesimo di Cristo, autorivelazione alle nozze di Cana, annuncio del Regno di Dio, trasfigurazione, istituzione dell’Eucaristia.

Il rosario è evangelico perché evangelici sono «Pater, Ave, Gloria». Il domenicano torinese Costantino Gilardi osserva: «I Vangeli parlano con molta discrezione di Maria. Giovanni ne parla solo due volte, all’inizio della vita pubblica di Gesù a Cana e alla fine ai piedi della croce. I discepoli la circondano di particolare amore e rispetto. Il popolo cristiano ha sempre amato Maria in modo speciale perché è la madre di Gesù. Ogni volta che il Vangelo ci parla di lei, appare non solo come la donna che partorì e allevò il bambino Gesù, ma anche come colei che entrò nel mistero e nella missione di suo Figlio. La vita di Maria, secondo i Vangeli, è pienamente umana, ma l’umanità di Maria è piena del mistero della comunione con Dio e dell’amore di Lui, della cui profondità noi a fatica riusciamo a farci un’idea.

Nel rosario contempliamo la figura e la vita di Gesù, non però come nella Via Crucis, in modo diretto, ma attraverso lo sguardo e la vita di Maria».

Il rosario è preghiera semplice, come la preghiera del cuore. I monaci, per entrare nel clima della preghiera, stando in coro, prima dell’inizio della preghiera delle ore, ripetevano meccanicamente molti «Pater» e molte «Ave» per passare dal lavoro e dagli impegni quotidiani allo spazio interiore della preghiera. La ripetizione è allora solo la forma esteriore della preghiera, quasi una tecnica, e ha lo scopo di rendere il movimento interiore più calmo e più pieno. Padre Girardi constata e suggerisce: «La nostra mente raramente si concentra su una sola cosa, più frequentemente pensiamo due cose contemporaneamente, anche quando leggiamo, quando ascoltiamo una conferenza, una predica o altro. Le tecniche ripetitive tengono in conto questo funzionamento della nostra mente: la ripetizione delle dieci “Ave” occupa una parte  della nostra mente, lasciando un’altra parte più libera per meditare il mistero. La ripetizione forma così come il letto di un fiume o di un torrente che incanala l’acqua e diventa, nel rosario, il “letto” sul quale può scorrere la meditazione. Dallo specialissimo rapporto con Cristo che fa di Maria la “Theotòkos, Madre di Dio”, deriva la forza della supplica con la quale ci rivolgiamo nella seconda parte della preghiera, affidando alla sua materna intercessione la nostra vita e la nostra morte».

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