«Il bene della famiglia sia al centro nelle cause di nullità», auspica Papa Francesco inaugurando il 29 gennaio 2021 l’anno giudiziario della Rota romana: «bonum familiae», specie quando la nullità è richiesta da un coniuge e non accettata dall’altro e ci sono i figli da tutelare. Chiede ai vescovi, giudici naturali nel «processo breve» per la nullità, di lavorare con consapevolezza pastorale. Non si nasconde che ci sono resistenze alle riforme del processo dopo l’abbandono della procedura della «doppia sentenza conforme».
«Mi chiamò un vescovo e mi disse che aveva un problema»: una ragazza voleva sposarsi in chiesa ma era già stata sposata in chiesa. I testimoni dicevano che era stata costretta e che il matrimonio era nullo. Gli disse: «Hai una penna in mano? Firma, senza tante storie! Tu sei il giudice naturale». Perché tante resistenze? Semplice, risponde Bergoglio: «Perché non si vogliono perdere i soldi. Ho ricevuto tante lettere, quasi tutte di notai, che perdevano la clientela. C’è un problema di soldi. In Spagna si dice: per i soldi balla la scimmietta. E ho registrato, con dolore, che in alcune diocesi c’è la resistenza di qualche vicario giudiziale: con questa riforma perde un po’ di potere perché il giudice non è più lui, ma il vescovo». Benedetto XIV (Prospero Lambertini, Papa 1740-1758) inventò «la doppia sentenza per problemi economici. Oggi il giudice-vescovo va aiutato dal vicario giudiziale e dal promotore di giustizia: è il giudice e non può lavarsene le mani».
Il criterio del discernimento nell’Anno della famiglia. Ricorda che l’esortazione apostolica «Amoris laetitia» (19 marzo 2016), scritta dopo i due Sinodi sulla famiglia, spiega che la separazione «a volte può essere moralmente necessaria, ma è un estremo rimedio». Si tratta di tutelare la famiglia e i figli. Ai giudici della Rota romana nel 2019 sottolinea l’importanza della preparazione al matrimonio; nel 2020 si concentra sulla necessità di avere coppie di sposi evangelizzatori; quest’anno parla del «bonum familiae» nei matrimoni che falliscono. Si era parlato anche del fatto che il bene della famiglia potesse rappresentare un capo di nullità, ma poi «tale possibilità fu opportunamente chiusa. Il bene della famiglia non può essere uno dei capi di nullità, ma è sempre e comunque il frutto del patto coniugale; non può estinguersi in toto con la dichiarazione di nullità, perché non si può considerare l’essere famiglia come un bene sospeso». Cosa fare se una parte non accetta la sentenza del matrimonio giuridicamente nullo? «Va individuata la via che porta a scelte congruenti con i principi. Siamo consapevoli di quanto sia arduo il passaggio dai principi ai fatti. Quando si parla del bene delle persone bisogna domandarsi come può questo avverarsi nelle molteplici situazioni in cui si trovano i figli».
«Come spiegare ai figli che la mamma, abbandonata dal padre e non intenzionata a stabilire un altro vincolo, riceve l’Eucaristia mentre il padre, convivente o in attesa della nullità, non può partecipare alla mensa eucaristica?» Guardando ai due Sinodi sulla famiglia – straordinario nel 2014, ordinario nel 2015 – ricorda che l’argomento è stato dibattuto: «A volte è impossibile dare risposte» e «Amoris laetitia» offre «chiare indicazioni affinché nessuno, soprattutto i piccoli e i sofferenti, sia lasciato solo o trattato come mezzo di ricatto tra i genitori divisi». Chiede ai giudici della Rota di testimoniare «l’ansia apostolica della Chiesa, considerando che il bene delle persone richiede di non restare inerti davanti agli effetti disastrosi che la decisione di nullità può comportare». È necessario rendere il più possibile gratuite le cause di nullità, e invita ad aprirsi «agli orizzonti di questa pastorale difficile, ma non impossibile, che riguarda la preoccupazione per i figli vittime innocenti di rotture, divorzi e unioni civili». Quello dei giudici è un servizio «carico di senso pastorale» e non «atto freddo di mera decisione giuridica. Le sentenze del giudice ecclesiastico non possono prescindere dalle luci e dalle ombre che hanno segnato la vita dei coniugi e dei figli. Occorre cercare il bene della famiglia anche quando si sgretola». Esorta i vescovi a «proseguire con tenacia e portare a compimento un necessario cammino ecclesiale e pastorale, volto a non lasciare i fedeli sofferenti al solo intervento delle autorità civili». Ci vuole «fantasia nella carità» ed è «quanto mai urgente che i collaboratori del vescovo – vicario giudiziale, operatori di pastorale familiare e parroci – esercitino tutela, cura e accompagnamento del coniuge abbandonato e dei figli che subiscono le sentenze di nullità matrimoniale».