Basta tragedie nel Mediterraneo e la comunità internazionale agisca garantendo «sicurezza e dignità di tutti». Liberare le donne dalla schiavitù della prostituzione. Due categorie di poveri tormentano il cuore di Papa Francesco.
LE TRAGEDIE IN MARE – Nell’Angelus di domenica 28 luglio 2019 esprime dolore per la disgrazia del 25 luglio al largo della città libica di Al Khoms: nel naufragio di due barconi muoiono oltre 150 persone. È l’incidente più grave degli ultimi due anni nel Mediterraneo, diventato un mare di morte. «Ho appreso con dolore la notizia del drammatico naufragio, avvenuto nei giorni scorsi nelle acque del Mediterraneo, in cui hanno perso la vita decine di migranti, tra cui donne e bambini. Rinnovo un accorato appello affinché la comunità internazionale agisca con prontezza e decisione, per evitare il ripetersi di simili tragedie e garantire la sicurezza e la dignità di tutti. Vi invito a pregare insieme a me per le vittime e per le loro famiglie e anche dal cuore domandare: “Padre, perché?”».
UNA GESTIONE CONCERTATA DEI FLUSSI MIGRATORI – «Il calcolo politico e l’indifferenza dell’Europa uccidono più delle onde del Mediterraneo» denuncia don Aldo Buonaiuto, della «Comunità Papa Giovanni XXIII», che chiede di istituire la Giornata mondiale del migrante ignoto. Così spiega a «Radio Vaticana»: «La proposta nasce da questi drammi incessanti e spaventosi. Nessuno dovrebbe abituarsi a queste tragedie di persone “invisibili”, senza nome e volto che periscono tra le onde. Nel Mediterraneo e in altri mari, nei deserti, nelle lande abbandonate e in tante frontiere moltissimi rischiano la vita e sperano di salvare la propria famiglia e di migliorare la propria condizione di vita. La “Giornata” dovrebbe sensibilizzare l’opinione pubblica ed educare le coscienze. Il fenomeno non può essere taciuto. Bisogna che le istituzioni dicano “mai più, mai più”. Non possiamo accettare questi olocausti». Perciò serve una gestione concertata dei flussi migratori e l’apertura di corridoi umanitari sistematici e continuativi. Queste persone rischiano la vita e arrivano da un inferno, ma non hanno colpe se sono in condizioni di bisogno e di vulnerabilità. Con la «politica dei porti chiusi» il ministro dell’Interno Matteo Salvini dimentica che l’Italia è un Paese accogliente, sempre in prima linea per la solidarietà. Se è giusto che l’Italia non resti sola in questa accoglienza, è bene non dimenticare che tutti i Paesi dell’Europa sono alle prese con il dramma dell’immigrazione. È necessaria una politica in linea con i valori fondamentali dell’umanità. Nel 2018 oltre 2.140 persone sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa attraverso il Mediterraneo, diventato una «tomba», come dice Bergoglio: «Un mare così bello è diventato il luogo dell’ecatombe di tante persone che cercano di sfuggire alle condizioni disumane delle loro terre». Immagini che lo hanno guidato nelle visite a due isole-simbolo delle tragedie in mare: l’8 luglio 2013 a Lampedusa e il 16 aprile del 2016 Lesbo in Grecia.
LE DONNE CROCIFISSE DELLA PROSTITUZIONE COATTA – «Quando in uno dei “venerdì della misericordia” nell’Anno Santo straordinario sono entrato nella casa di accoglienza della “Comunità Papa Giovanni XXIII”, non pensavo che avrei trovato donne così umiliate, affrante, provate, crocifisse. Nella stanza in cui ho incontrato le ragazze liberate dalla tratta della prostituzione coatta, ho respirato tutto il dolore, l’ingiustizia e l’effetto della sopraffazione». Così Bergoglio scrive nella prefazione del libro «Donne crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada» di don Aldo Buonaiuto: «Un’opportunità per rivivere le ferite di Cristo. Dopo aver ascoltato i racconti commoventi e umanissimi di queste donne, alcune delle quali con il bambino in braccio, ho sentito forte desiderio, quasi l’esigenza di chiedere loro perdono per le vere e proprie torture che hanno dovuto sopportare a causa dei clienti, molti dei quali si definiscono cristiani. Una persona non può mai essere messa in vendita. Vorrei che questo libro trovasse ascolto affinché, conoscendo le storie che sono dietro i numeri sconvolgenti della tratta, si possa capire che senza fermare una così alta domanda dei clienti non si potrà contrastare lo sfruttamento e l’umiliazione di vite innocenti. La corruzione è una malattia che non si ferma da sola, serve una presa di coscienza, anche come Chiesa, per aiutare queste sorelle e per impedire che l’iniquità del mondo ricada sulle più fragili e indifese creature. Qualsiasi prostituzione è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l’amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme. È una ferita alla coscienza collettiva. È patologica la mentalità per cui una donna vada sfruttata come se fosse una merce da usare e gettare. È una malattia dell’umanità. Liberare queste schiave è un gesto di misericordia e un dovere. Il loro grido di dolore non può lasciare indifferenti. Nessuno deve voltarsi dall’altra parte o lavarsi le mani del sangue innocente che viene versato sulle strade del mondo».