Il Papa sulla crisi Iran-Usa, “dialogo e rispetto della legalità”

Al Corpo Diplomatico – «Scongiurare un conflitto di più vasta scala» tra Iran e Usa, ha chiesto Papa Francesco l’8 gennaio. La crisi in Libia nasconde «la piaga dei traffici di persone. Occorre sostenere il processo di pace in Terra Santa»

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L'Udienza di Papa Francesco con il Corpo Diplomatico - 9 gennaio 2020 (foto Sir)

«Scongiurare un conflitto di più vasta scala» tra Iran e Usa, chiede Papa Francesco l’8 gennaio 2020 nel discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. La crisi in Libia nasconde «la piaga dei traffici di persone. Occorre «sostenere il processo di pace in Terra Santa». Per spegnere i tanti fuochi di guerra, bisogna partire dalla pace nei cuori per costruire la pace sulla terra. Sui profughi chiede «soluzioni durature» in alternativa al Mediterraneo (o altri mari) «cimitero». Elogia l’impegno dei giovani per «sensibilizzare sui cambi climatici» e augura all’Italia un «nuovo Rinascimento».

IN PRIMO PIANO SEMPRE IL MEDIO ORIENTE – Particolarmente preoccupanti i segnali che giungono dalla regione con l’innalzamento della tensione fra Iran e Stati Uniti: «Si rischia di mettere a dura prova il lento processo di ricostruzione dell’Iraq e di creare le basi di un conflitto di più vasta scala che tutti vorremmo poter scongiurare». Questa è questione geopolitica più urgente. Rinnova l’appello «perché tutte le parti interessate evitino un innalzamento dello scontro e mantengano accesa la fiamma del dialogo e dell’autocontrollo, nel pieno rispetto della legalità internazionale».

«IL POPOLO SIRIANO STREMATO DA UNA GUERRA DECENNALE» – Occorre rompere «la coltre di silenzio che rischia di coprire la guerra che ha devastato la Siria in questo decennio: è particolarmente urgente trovare soluzioni adeguate e lungimiranti che permettano al popolo siriano, stremato dalla guerra, di ritrovare la pace e avviare la ricostruzione». La Santa Sede – ragiona il Papa – «accoglie con favore ogni iniziativa volta a porre le basi per la risoluzione del conflitto ed esprime ancora una volta la propria gratitudine alla Giordania e al Libano per aver accolto ed essersi fatti carico, con non pochi sacrifici, di migliaia di profughi siriani». Denuncia: «Oltre alle fatiche provocate dall’accoglienza, altri fattori di incertezza economica e politica, in Libano e in altri Stati, stanno provocando tensioni tra la popolazione, mettendo a rischio la fragile stabilità del Medio Oriente».

DIALOGO E RISPETTO DELLA LEGALITÀ INTERNAZIONALE – «Il desiderio della pace, la ricerca della giustizia, il rispetto della dignità della persona, la cooperazione umanitaria e l’assistenza» sono i principi fondativi delle Nazioni Unite ancora attuali che «esprimono le giuste aspirazioni dello spirito umano e costituiscono gli ideali che dovrebbero sottostare alle relazioni internazionali». Nel suo settimo discorso agli ambasciatori, Bergoglio ricorda il 75° dell’Onu, nata il 24 ottobre 1945, sulla scia della Società delle Nazioni, con l’entrata in vigore dello statuto: vi aderiscono 193 Stati su 196 riconosciuti sovrani: «Le quattro finalità delineate nell’articolo 1 della Carta, rimangono valide. L’impegno delle Nazioni Unite è stato in gran parte un successo nell’evitare un’altra guerra mondiale». Di fronte alla «crisi del sistema multilaterale è urgente riprendere il percorso verso una complessiva riforma del sistema multilaterale, che lo renda più efficace, tenendo in considerazione il contesto geopolitico».

RICORDO DI RAFFAELLO NEL 500° DELLA MORTE – Parla all’Italia e  dell’Italia nel 500° della morte di Raffaello Sanzio, grande artista deceduto a Roma il 6 aprile 1520. A lui «dobbiamo un ingente patrimonio di inestimabile bellezza. Come il genio dell’artista sa comporre armonicamente materie grezze, colori e suoni diversi rendendoli parte di un’unica opera d’arte, così la diplomazia è chiamata ad armonizzare le peculiarità dei vari popoli e Stati per edificare un mondo di giustizia e pace. Raffaello è stato un figlio importante del Rinascimento, che ha arricchito l’umanità. Un’epoca non priva di difficoltà, animata da fiducia e speranza. Attraverso questo insigne artista, desidero far giungere i miei più sentiti auguri al popolo italiano, al quale auguro di riscoprire quello spirito di apertura al futuro che ha contraddistinto il Rinascimento e che ha reso questa Penisola così bella e ricca di arte, storia e cultura». Rivolge un pensiero alle donne nel 25° della IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla donna (Pechino, 1995): «Sia sempre più riconosciuto il loro ruolo nella società e cessi ogni ingiustizia, disuguaglianza e violenza. Ogni violenza alla donna è una profanazione di Dio. Esercitare violenza o sfruttarla non è un semplice reato, è un crimine che distrugge l’armonia, la poesia e la bellezza che Dio ha dato al mondo».

LA MILLENARIA DIPLOMAZIA PONTIFICIA – Fino al secolo IV i Papi inviano «legati temporanei» ai Concili in Oriente e agli imperatori bizantini per trattare questioni particolari; nel secolo V inviano a Bisanzio gli «apocrisari o responsores, incaricati di portare le risposte» della Chiesa. In Occidente le relazioni con le Chiese particolari sono curate da «vicari apostolici», «legati nati» cioè vescovi locali, «legati a latere». Ma i vescovi mal sopportano che a uno di loro sia conferita una superiorità in quanto «legato pontificio», i Papi inviano nelle Nazioni europee vescovi «legati stranieri»: nascono le legazioni o nunziature apostoliche, che nei secoli XV-XVI assumono i caratteri attuali. Il Congresso di Vienna (1815) stabilisce che i nunzi siano i decani del corpo diplomatico. I Paesi che hanno rapporti con la Santa Sede aumentano: 14 con Pio X; 27 con Benedetto XV; 80 con Paolo VI; 170 con Giovanni Paolo II; 183 (su 196 Stati) con Benedetto XVI e Francesco. I rappresentanti pontifici sono 103 perché alcuni lo sono in più Paesi. Paolo VI nella «Sollicitudo omnium Ecclesiarum» (1969) stabilisce che i nunzi sono inviati anzitutto alle Chiese locali con una supremazia della dimensione ecclesiale.

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