Ogni anno, dal 2007, la Fondazione Cavour, in collaborazione con l’Associazione Amici della Fondazione Cavour, assegna il Premio Cavour ad un italiano eccellente o a un’istituzione nazionale di particolare rilievo. La premiazione avviene sempre il 20 settembre, anniversario dell’ingresso delle truppe italiane nella città di Roma, allora capitale dello Stato Pontificio, avvenuta il 20 settembre 1870. Nel corso degli anni il riconoscimento, che consiste in una riproduzione in oro degli occhiali dello statista piemontese, è stato assegnato, tra gli altri, al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, a Mario Draghi, a Carlo Petrini e a Carla Fracci.
Lunedì 20 settembre 2021, a Santena, nel complesso cavouriano recentemente riaperto al pubblico, si è svolta la cerimonia di assegnazione di quest’anno. Il riconoscimento è stato conferito a Romano Prodi con la seguente motivazione: “Una carriera universitaria, manageriale, politica e di governo senza uguali; sempre al servizio del Paese. Il professor Romano Prodi ha interpretato in modo contemporaneo lo spirito, l’intelligenza, il coraggio e la lungimiranza politica di cui Camillo Cavour è stato antesignano. La sua presidenza della Comunità Europea ha sancito il ruolo importante che l’Italia ha avuto sin dalla nascita del grande progetto continentale, completando così l’opera iniziata dallo statista sabaudo”.
La cerimonia si è aperta con l’esecuzione dell’ Inno di Mameli, effettuata dall’orchestra del liceo Cavour di Torino, e si è emblematicamente conclusa con l’Inno alla gioia di Beethoven, la sigla ufficiale dell’Unione Europea.
Nel corso della premiazione, Prodi è stato intervistato da Giovanni Minoli, il giornalista che è stato premiato lo scorso anno. La conversazione si è svolta con pochi riferimenti alla politica italiana, dove però non sono mancati gli apprezzamenti di Prodi a Draghi e a Mattarella. Parecchie, invece, sono state le sue considerazione di carattere internazionale, come quelle sulla crisi dell’Afghanistan, per la quale ha denunciato la mancanza di informazioni e di coordinamento degli Stati Uniti con i suoi alleati: “Sono un atlantista adulto e richiedo il rispetto della dignità di tutte le nazioni che partecipano alla Nato”. A proposito delle tensioni tra la Cina e gli Usa, ha sostenuto che bisogna distinguere tra i contrasti politici e l’interdipendenza economica che, secondo lui, alla fine eviterà di ricorrere alle armi. Molti, invece, i rimandi alla realtà europea: “Uno stato, anche quello europeo si fonda su due pilastri, la moneta e l’esercito, ma una forza armata continentale non serve se non esiste una politica estera comune: questa è la sfida che ci attende”. “L’allargamento dell’Unione a 27 stati non è stato un errore – ha continuato Prodi-, perché ha evitato che le nazioni dell’ ex Patto di Varsavia, che ora sono nell’UE, si trovassero in condizioni di estrema difficoltà, come invece si trovano quelle dell’ex Unione Sovietica, come ad esempio, l’Ucraina. Il problema non è stato l’ampliamento, ma il mantenimento del diritto di veto. Con l’unanimità non si governa neanche un condominio. Il prossimo obiettivo dovrebbe essere l’allargamento dell’UE a tutti gli stati dell’ex Jugoslavia e all’Albania, e poi basta. Si dovrebbe così costituire una media potenza continentale in grado di moderare le tensioni internazionali”. Non è mancato, infine, un riferimento allo statista piemontese e alla sua prematura scomparsa: “Che peccato, chissà come sarebbe stata (in meglio) l’Italia”.
L’incontro, con la partecipazione delle autorità e del pubblico compatibile con le attuali norme, si è svolto alla vigilia delle presentazioni dell’autobiografia di Prodi (scritta in collaborazione col giornalista Marco Ascione), Strana vita, la mia (Feltrinelli), che racconta, dal suo punto di vista privilegiato, anni importanti del nostra recente storia.