Il torinese mons. Giorgio Marengo nominato cardinale

Vaticano – Padre Giorgio Marengo, Prefetto apostolico di Ulaabataar in Mongolia, Missionario della Consolata, nativo di Cuneo, ma torinese d’adozione, è tra i nuovi cardinali nominati da Papa Francesco che nel corso del Regina Coeli di domenica 29 maggio ha annunciato un Concistoro il 27 agosto prossimo. La porpora anche al piemontese mons. Arrigo Miglio 

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Mons. Marengo con il cardinale Tagle il giorno della sua ordinazione episcopale

«Quando solo due anni fa, proprio qui, partecipavamo all’ordinazione di mons. Giorgio Marengo, non avremmo mai pensato di ritrovarci per questa celebrazione: sono le sorprese di Papa Franceso che lo stima e ha un occhio particolare per la Mongolia…». La voce di mons. Giacomo Martinacci, rettore del Santuario della Consolata, si interrompe per la commozione, condivisa con sacerdoti, familiari, amici e fedeli che martedì 31 maggio, qui in Santuario, hanno partecipato alla prima Messa del Missionario della Consolata, prefetto Apostolico di Ulaanbaatar, dopo la nomina a cardinale.

Padre Marengo, classe 1974, sarà il più giovane del Collegio cardinalizio e il primo della congregazione missionaria fondata dal Beato Giuseppe Allamano. Nato a Cuneo, ma torinese d’adozione (a Torino la sua famiglia risiede dagli inizi degli anni ’80), ha studiato Filosofia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e Teologia alla Gregoriana di Roma; nel 2006 ha conseguito la Licenza e il Dottorato in Missionologia. Emessa la Professione perpetua il 24 giugno 2000 come membro dell’Istituto Missioni Consolata, ordinato sacerdote il 26 maggio 2001 a Torino per le mani del cardinale Severino Poletto, nel 2003 veniva destinato ad aprire la prima missione della congregazione in Mongolia.

Mons. Marengo martedì 31 maggio nel Santuario della Consolata a Torino (foto Bussio)

Il 2 aprile del 2020 la nomina a Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar e l’8 agosto dello stesso anno la consacrazione episcopale per le mani del card. Tagle nel Santuario della Consolata. Nella «culla» dei Missionari della Consolata, insieme ad un confratello e a ad alcune religiose, aveva ricevuto il mandato per la missione nel paese asiatico, e nell’ultimo giorno di maggio, padre Marengo vi ha voluto dunque tornare prima di ripartire, «per affidare la Mongolia alla Consolata e all’intercessione del Beato Allamano», per invocarne l’accompagnamento sul cammino che si apre con la nomina e per ringraziare per una decisione di Papa Francesco che lo ha colto totalmente di sorpresa.

«Sabato 28 maggio», ha raccontato, «sono stato dal Santo Padre con una delegazione buddista della Mongolia (in occasione della commemorazione dei 30 anni di presenza della Chiesa Cattolica nel Paese asiatico e del 30° anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Mongolia ndr) e con don Peter e don Joseph, i primi due sacerdoti locali che abbiamo, ordinati nel 2016 e 2021: è stato un incontro bello, fraterno, con un ricco scambio di messaggi e non mi sarei mai aspettato di ricevere all’indomani la notizia del cardinalato, che mi ha raggiunto proprio al termine della celebrazione dell’Eucarestia dalle nostre suore missionarie della Consolata nella loro casa generalizia.

Una cosa talmente inaspettata che solo quando ho iniziato a ricevere tanti messaggi ho capito che era vera». Messaggi giunti da ogni parte del mondo, congratulazioni condivise sui social, tantissime, in particolare dal Piemonte, da Cuneo e Torino dove sono diverse le realtà con le quali padre Marengo ha intessuto legami nel corso degli anni: dagli scout alla comunità parrocchiale torinese di Sant’Alfonso dove risiede la famiglia, dal Centro Missionario diocesano di Torino alla Città sul Monte, solo per citarne alcune.

«La nomina di Giorgio», ha subito scritto il superiore dei Missionari della Consolata mentre era in volo da Boa Vista a San Paolo,«fa bene a tutti: alla Chiesa, al mondo, all’istituto, all’Asia e a tutti noi. La nomina di Giorgio è per noi tutti un messaggio e un invito all’impegno, alla generosità, alla disponibilità alla volontà di Dio nella nostra vita. È conferma che la missione non ci appartiene ma è opera di Dio e che noi siamo suoi semplici strumenti nelle sue mani».

Una missione che padre Marengo vive in una terra dove i cristiani sono appena 1.300, su una popolazione di oltre 3 milioni di persone, «dove si sperimenta la marginalità della fede cristiana», ma anche dove, come ha ricordato alla Consolata, i fiumi di acqua impetuosi che si formano al disgelo ci ricordano che «la Grazia che si riversa su di noi deve rimbalzare su chi ci sta intorno». Zampilli d’acqua che si propagano, cieli sconfinati, terra e polvere che «impastano» un quotidiano fatto di dialogo, di confronto, di fatica, di rispetto, di un Vangelo «sussurrato».

Immagini legate ad una missionarietà, ad uno stile che la nomina a cardinale non cambierà: «Oggi», ha proseguito, «prendo spunto da una frase che, tornato da Roma, mi ha detto la mia mamma: ‘al di là del ruolo, del vestito, del lavoro, noi siamo dei poveretti..’. Ecco penso che sia vero, perché nella misura in cui ci sentiamo dei poveretti, scopriamo, come ha sperimentato Maria, che l’amore di Dio va al di là di quello che possiamo fare noi per migliorare. Ciò che Dio promette si compie perché siamo poveretti amati a tal punto che Dio ha scelto di essere un poveretto anche lui, bisognoso di tutto e che ha sperimentato gioie e sofferenze».

Piccoli e scartati non per richiudersi in se stessi, ma per rivelare le meraviglie dell’opera di Dio, così padre Marengo spiega anche il significato del dono consegnato al Papa nella visita con la delegazione buddista: «gli abbiamo offerto la riproduzione di una Madonna di legno che una donna non cristiana aveva trovato in una discarica. Trovata tra i rifiuti, l’aveva portata nella sua tenda come cosa preziosa perché le ricordava la figura che le suore che andavano a trovarla le avevano fatto vedere…».

Quell’immagine di Maria «che si è fatta trovare nei rifiuti per andare ad abitare tra gli ultimi», donata come testimonianza del desiderio di riconoscere il valore di ciò che è scartato e marginalizzato è anche il significato che padre Marengo ha voluto associare alla sua nomina «che», ha proseguito, «ha un valore più che per la mia persona, per la Chiesa che è in Mongolia e manifesta l’attenzione che il Papa ha per quelle realtà in cui il popolo di Dio è una minoranza assoluta e vive con grande umiltà il poter essere cristiani.

Sono molto felice che questa attenzione potrà essere recepita come il desiderio che il Papa ha di promuovere il dialogo e la fraternità fra presone di varie religioni e varie tradizioni culturali. Io continuerò il mio servizio nella semplicità e nella umiltà come ora».

Una semplicità e un affidamento «palpabili» in quell’Ave Maria recitata in lingua mongola con i due sacerdoti davanti all’effigie della Consolata al termine della celebrazione: «fino a poco più di 48 ore fa», ha concluso, «pensavo di avere sotto controllo almeno la situazione del giorno successivo, invece la nomina di Papa Francesco mi ha fatto capire che non è così… Ma vivere di fede è proprio trasformare la logica del controllo in quella dell’abbandono quotidiano alla volontà di Dio, come ha fatto Maria e per questo a lei affidiamo la Mongolia e il cammino che ci attende».

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