«Siate testimoni di pace e riconciliazione, di unità e speranza. Impegnatevi a realizzare i sogni di un Paese migliore vincendo l’inimicizia che può distruggere le famiglie, i Paesi, il mondo. E l’inimicizia più grande è la guerra». L’augurio riassume i tre giorni (4-7 settembre 2019) della visita di Papa Francesco in Mozambico. Non si lascia intimorire dalle critiche, talora velenose. Commentando sull’aereo il volume «Come l’America vuole cambiare il Papa» del francese Nicolas Seneze, vaticanista de «La Croix», confida: «Per me, è un onore se mi attaccano gli americani». Il libro esamina il punto di vista di alcuni cattolici conservatori Usa, che detestano le sensibilità bergogliane verso i migranti, le aperture alla Cina, la denuncia del capitalismo sfrenato, l’attenzione all’ambiente. Alcuni lo accusano di eresia come il cardinale Raymond Burke, l’ex consigliere della Casa Bianca Steve Bannon, il quotidiano italiano «La verità».
PACE PER IL MOZAMBICO – Il Paese è ricco di foreste, vallate, spiagge, bellezze naturali. Oltre metà della popolazione segue i culti tradizionali; i musulmani sono un quinto; i cattolici il 28 per cento. Ai giovani, in un incontro interreligioso nella capitale Maputo, indica la strada: «Cantare, sorridere, ballare, in mezzo a tutte le difficoltà, è il miglior segno che siete la gioia di questa terra. Siete il presente, non lasciatevi rubare la gioia, miglior antidoto a chi vuole dividervi, frammentare e contrapporre». Propone l’esempio di due famosi atleti mozambicani. Eusébio Da Silva Ferreira, morto nel 2014 a 71 anni, «pantera nera», mitico attaccante del Benfica per 15 stagioni, 475 gol in 440 partite; grazie a due sue reti nel 1962 la squadra lusitana vince la Coppa Campioni battendo il Real Madrid 5-3. «Pallone d’oro» nel 1965, nasce in una famiglia povera e, nonostante la morte prematura del padre, persevera. Maria de Lurdes Mutola vince 20 medaglie d’oro nell’atletica leggera, specie nella corsa sugli 800 metri; avvia una fondazione per lo sviluppo dei giovani disabili, malati, vittime delle 500 mila mine anti-uomo disseminate dalle guerre d’indipendenza e civile.
CHIUDERE CON LA LEGGE DEL TAGLIONE – Nella Messa «per il progresso dei popoli» allo stadio di Maputo (60 mila persone) afferma: «Non si può costruire una nazione sull’occhio per occhio, dente per dente». Commenta il comando di Gesù: «Amate i vostri nemici» (Luca 6,27): «Cristo non è un idealista che ignora la realtà; parla del nemico concreto e reale, che ci odia, ci mette al bando, ci insulta e disprezza il nostro nome come infame. Non ci invita a un amore astratto, etereo o teorico, redatto sulle scrivanie». Riconosce che è difficile parlare di «riconciliazione quando sono ancora aperte le ferite procurate da tanti anni di discordia. Gesù ci invita ad amare e a fare il bene. È un atteggiamento non da deboli ma da forti, da uomini e donne che scoprono che non è necessario maltrattare, denigrare o schiacciare per sentirsi importanti. Gesù ci chiede di benedire e di pregare per i nemici. Lungi dall’essere un ostinato masochista, il Figlio di Dio vuole chiudere per sempre con la legge del taglione. Nessuna famiglia, nessuna etnia, nessun Paese ha futuro, se il motore che li unisce e li raduna è la vendetta e l’odio».
CONDANNA DELLA CORRUZIONE – Incalza: «Il mondo ignorava, e continua a non conoscere, la misericordia e la compassione, uccidendo o abbandonando persone disabili e anziane, eliminando feriti e infermi, divertendosi con le sofferenze agli animali». Constata che il Mozambico «possiede un territorio pieno di ricchezze naturali e culturali, ma con un’enorme quantità di popolazione al di sotto del livello di povertà». Condanna senza mezze misure la corruzione che piaga quasi tutti i Paesi africani: «È triste che coloro che si avvicinano con il presunto desiderio di aiutare, abbiano altri interessi ed è triste quando ciò accade tra fratelli della stessa terra, che si lasciano corrompere; è molto pericoloso accettare che questo sia il prezzo che dobbiamo pagare per gli aiuti esterni». Mette in guarda dalle «ideologie che cercano di manipolare i poveri e le situazioni di ingiustizia al servizio di interessi politici o personali». Auspica: «Vogliamo che la pace regni nei nostri cuori e nel palpito del nostro popolo. Vogliamo un futuro di pace. Le armi e la repressione violenta non apportano soluzioni ma creano nuovi e peggiori conflitti. Voi avete diritto alla pace».
LA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO CURA I MALATI DI AIDS – Da sempre la Chiesa e i cristiani aiutano «a casa loro» i popoli del mondo che evangelizzano. Un eclatante esempio è il «Progetto Dream» per il diritto alla salute, la lotta all’Aids e alla malnutrizione: cura donne e bambini colpiti dall’Aids. Dal 2002 se ne occupa la Comunità di Sant’Egidio che cura oltre 500 mila malati in 11 Paesi africani. Il Papa, accolto e accompagnato da Andrea Riccardi, fondatore della Comunità, visita l’ospedale, in funzione dal giugno 2018, guarda negli occhi e abbraccia con il cuore gli oltre duemila malati. Questo ospedale «mostra che c’è stato chi non ha ceduto alla tentazione di dire “non c’è niente da fare, è impossibile combattere l’Aids” e si è dato da fare per cercare soluzioni». I malati ricevono gratuitamente medicine, trattamenti sanitari, cibo, dignità e amicizia. Il «Progetto Dream» favorisce il diritto alla salute e la lotta alla malnutrizione, con piccoli centri diffusi nelle città e nei villaggi, che garantiscono assistenza gratuita e corsi di educazione sanitaria.
IL VIAGGIO IN MOZAMBICO, MADAGASCAR E MAURITIUS – CENNI STORICI
Dopo la seconda guerra mondiale inizia la decolonizzazione in Asia e Africa. Ma il Portogallo, schiacciato dalla brutale dittatura di António de Oliveira Salazar, non segue questa linea ma anzi spedisce in Mozambico altri coloni. I movimenti indipendentisti nel 1962 si fondono nel Fronte per la liberazione del Mozambico (Frelimo) che inizia la guerra d’indipendenza mentre il Portogallo già sostiene il conflitto armato contro forze indipendentiste in Angola e in Guinea-Bissau. Poi la «Revolução dos cravos, rivoluzione dei garofani», colpo di Stato incruento dei militari progressisti, culminato il 25 aprile 1974, abbatte il tiranno e ripristina la democrazia.
Dopo 10 anni di combattimenti il Frelimo prende la capitale Maputo (aprile 1974), espelle i coloni, proclama il Mozambico indipendente (25 giugno 1975) e Samora Machel, capo del Frelimo, diventa primo presidente. Contrariamente agli altri Stati europei, il Portogallo ha una politica coloniale che non sviluppa i territori d’oltremare. Questo fatto, la fuga dei coloni e la guerra d’indipendenza lasciano il Paese in grave crisi economica e totale assenza di professionisti qualificati: nel 1975conta solo 80 medici.
Il Frelimo si allea con l’Unione Sovietica, il Mozambico finisce sotto la dittatura comunista e diventa punto di riferimento dei movimenti indipendentisti e anti-razzisti nei vicini Sudafrica e Rhodesia i quali finanziano la Renamo (Resistenza nazionale del Mozambico), esercito di liberazione anti-comunista, che attacca ferrovie, scuole e ospedali. La guerra civile nel 1981-1994 provoca un milione di morti, il 95 per cento civili. Nel 1984 il presidente Samora Machel firma un accordo con Pieter Willem Botha, capo razzista del Sudafrica: cessazione delle ostilità in cambio dell’espulsione dal Mozambico dei membri dell’African National Congress (Anc). Maputo applica l’accordo, il Sudafrica invece continua a finanziare i ribelli e nel 1986 Machel è vittima in Sudafrica di un incidente aereo, provocato dai servizi segreti sudafricani.
Nel 1990 Frelimo e Renamo iniziano a negoziare. A novembre nasce la nuova Costituzione democratica e multipartitica. Il 4 novembre 1992, festa di San Francesco d’Assisi, a Roma nella sede della Comunità di Sant’Egidio, Joaquim Chissano, presidente mozambicano e segretario del Frelimo, e Afonso Dhlakama, capo della Renamo, firmano l’accordo di pace dopo 17 anni di guerra civile con centinaia di migliaia di morti e 3-4 milioni di sfollati. Una fotografia mostra Andrea Riccardi e don Matteo Zuppi, rispettivamente presidente e assistente (oggi cardinale arcivescovo di Bologna) di Sant’Egidio, applaudire i due capi africani.
In Madagascar e Maurizio prevale la questione ambientale con le deforestazioni e i cicloni. I temi centrali del viaggio sono: povertà, riconciliazione, sfide della comunità cattolica, convivenza fra etnie diverse. Giovanni Paolo II andò in Madagascar il 28 aprile-1° maggio 1989, nessun Papa è stato a Maurizio. Significative le visite alle case di accoglienza e alla sede del progetto che combatte l’Aids. Un viaggio lungo e faticoso per Francesco, che il 17 dicembre compirà 83 anni, pieno di insidie in Mozambico, in campagna elettorale per le presidenziali.