Il Coronavirus ha abbattuto le nostre certezze

Emergenza – Scuole chiuse in Piemonte, celebrazioni religiose sospese nelle chiese, misure di sicurezza senza precedenti per l’epidemia mondiale: l’umanità scopre di essere fragile, un improvviso bagno di umiltà

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È cambiato tutto, ci resta la saggezza del cuore. Salviamola! Così, improvvisamente, ci siamo trovati senza giubbotti, senza scarpe, senza vestiti e soli nelle nostre case, dove sono crollate in una notte tutte le difese (grate, inferriate, sistemi d’allarme, raggi infrarossi, telecamere, luci crepuscolari, percorsi protetti), idealmente spogliati di tutte le nostre certezze: fragili, inermi, fuscelli e canne sbattute dal vento. Sì, proprio noi che andiamo e torniamo dalla luna, che facciamo interventi chirurgici pazzeschi, che abbiamo il mondo nel cellulare e tutto il resto e, a volte, ci sentiamo quasi onnipotenti: tutto inutile. Il virus senza volto non ha muri, fili spinati, fiumi e mari che lo fermino.

E, piano piano, stanno emergendo tutte le nostre paure, anche quelle più inconfessabili. Facciamo quello che ci dicono, e deve essere così: ci laviamo le mani ed applichiamo l’intero decalogo della sopravvivenza, ma i nostri sospetti si sono triplicati, come i dubbi. E allora facebook va in tilt per trovare risposte e anche tante fake news, gruppi whatsapp, circuiti privati: è la febbre che corre sulla fibra.

È la prima epidemia dell’era dei social e della nostra vita. Quelli che hanno conosciuto «la spagnola», «l’asiatica», «l’aviaria» sono sempre meno. Certo, questa volta la botta è stata bestiale perché non c’è il vaccino, solo altre medicine, la speranza e la preghiera.

Sembra d’essere tornati al clima degli untori della peste manzoniana del 1628. In giro si sente di tutto. Siamo diventati tutti immunologi, virologi e governanti. Bruciate tutte le scorte di mascherine, sciolte le riserve di amuchina, fatta incetta d’ogni cosa nei supermercati, anche della più inutile. È allarme molto grave, ma non c’è il coprifuoco!

E poi, diciamolo, mentre viaggiamo in tram o autobus o metrò, tutti o quasi ci chiediamo: «Ma questo vicino a me, da dove arriva? Che storia ha? Chi frequenta?». E quando è così, siamo peggio della Stasi: passiamo la salvietta di disinfettante sul sedile, sul mancorrente, sulla maniglia. Ed è anche corretto, ma non bisogna scatenare il panico. Però, quando la paura ti entra dentro, è così! Basta un colpo di tosse più violento del solito e via di corsa nei «pronto soccorso» o ad ingolfare il 118 e i centralini degli ospedali, a  richiedere di fermare i treni, gli aerei, di far evacuare i locali. L’importante è avere l’impressione (certo, non la certezza) di non essere stati contaminati. L’importante è scappare calpestando, magari, anche la libertà degli altri. Si sente, si orecchia, si indaga, si inventa per poter costruire lo scafandro o un immaginario rifugio atomico dove star sereni.

Sono state chiuse le scuole e le università, niente Messe e funerali in chiesa… Tutto giusto purché la prevenzione non lasci spazio alla psicosi e non diventi un alibi alle nostre paure. Non si dà l’abbraccio della pace, basta un sorriso – ha detto l’arcivescovo Cesare Nosiglia. Ecco, è un ottimo consiglio: proteggerci, pur nella preoccupazione, con uno sforzo di serenità. È questo lo spirito.

Purtroppo però è cambiato tutto, perché inspiegabilmente sono diversi gli occhi con i quali guardiamo; soprattutto è diversa la prospettiva. Avremo città, periferie e paesi più deserti, bar e ristoranti con le luci basse, tram ed autobus vuoti, mercati rionali avvolti dal silenzio, ascensori evitati, le relazioni sociali paralizzate, anche quelle in casa sotto traccia, caute e rade. D’altra parte è emergenza globale e siamo il terzo paese del mondo per contagiati. Ma non è la fine di tutto. Sarà pandemia? Ci sono i mezzi per fermarla.

L’importante è che «le frontiere di sabbia», che stanno prendendo forma, durino appena il tempo necessario per fermare e sconfiggere l’epidemia e non ci lascino quella nebbia nel cuore che, spesso, nell’esplosione del pericolo viene a galla e potrebbe minare e rovinare il «dopo Coronavirus». Perché ci sarà un «dopo» e non vorremmo trovare sul terreno «vittime collaterali», noi e la nostra umanità, la saggezza del cuore, appunto!

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