Le persone più povere in Italia sono i bambini e i ragazzi. Nel 2021 in Italia 1,4 milioni di fanciulli e adolescenti vivevano in povertà assoluta (senza una casa riscaldata, senza possibilità di fare un pasto al giorno adeguato). Le famiglie con minorenni in povertà assoluta sono quasi 762 mila. Sono alcuni dei dati del 12° Rapporto di monitoraggio dell’attuazione della Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Crc) in Italia presentato a Roma, lo scorso 23 novembre, per celebrare il giorno in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò la Dichiarazione dei diritti del fanciullo e la Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20 novembre), ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991. Il Rapporto Crc, curato da 100 associazioni – dalla Caritas all’Agesci, da Shave the Children a Paideia, da Unicef ad Antigone -, fotografa la situazione dell’infanzia e dell’adolescenza evidenziando l’importanza di una raccolta di dati aggiornati e uniforme per concretizzare una progettualità efficace. «Cosa che è ancora difficile», ha sottolineato Liviana Marelli, membro del Coordinamento nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), «soprattutto sulla situazione della prima infanzia o nell’ambito della disabilità. Bisogna entrare nell’ottica che non è solo una questione di statistica: i dati servono per costruire una matura consapevolezza collettiva di chi si sta parlando, delle criticità che si devono affrontare, per superare narrazioni autoreferenziali e valorizzare le buone prassi».
L’importanza dei dati è stata richiamata anche da Laura Reali dell’Associazione culturale pediatri che proprio sulla base delle informazioni raccolte ha denunciato il «calo» della condizione di benessere dei bambini: «Condizione che rende ancor più grave la situazione attuale in cui non c’è sufficiente ricambio di pediatri, i neuropsichiatri infantili sono una rarità e hanno poco supporto. Neuropsichiatri che oggi sono necessari, perchè con il Covid i problemi del disagio mentale sono esplosi». Tra i dati ripresi dal Rapporto proprio il fatto che già prima della pandemia 200 bambini e ragazzi su mille avevano un disturbo neuropsichico (ovvero oltre 1,8 milioni di minorenni), di questi solo 60 riuscivano ad accedere ad un servizio territoriale di Neuropsichiatria infantile e solo 30 ottenevano risposte terapeutico-riabilitative. «La mancanza di un sistema informativo nazionale per la salute mentale delle persone di minore età», si legge nel Rapporto, «rende difficile poter analizzare le attività territoriali e gli andamenti regionali. Il tasso in aumento dei ricoveri, pur nella carenza dei posti letto di ricovero ordinario dedicati, negli ultimi anni è un indicatore della carenza di risposte».
Risposte appropriate e buone prassi che nel Rapporto vengono presentate secondo una struttura che si ripete su ogni ambito: «All’inizio di ogni paragrafo è esplicitato il riferimento agli Obiettivi di sviluppo sostenibile per dare una lettura attuale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e sottolineare l’inestricabile rapporto tra lo sviluppo inclusivo, equo e sostenibile promosso dall’Agenda 2030 e la realizzazione dei diritti delle persone di minore età». Diritti che la povertà economica condiziona pesantemente, come ha ricordato Donatella Turri, Caritas Italiana: «Ci troviamo di fronte a dati drammatici, che sottolineano l’urgenza di una risposta. La povertà assoluta dei bambini è la peggiore da quando hanno iniziato ad essere rilevati i dati. I nuclei toccati da povertà sono 762 mila: il 6% hanno un solo bambino, il 20% tre o più figli. Il 36,2% delle famiglie in povertà assoluta sono straniere.
Se i dati rilevano abitazioni sovraffollate, mancanza di accesso ai device, non bisogna limitarsi al dato economico ma richiamare l’attenzione della politica alla povertà educativa: «Solo la metà dei bambini italiani ha accesso a una mensa e il 20% non pratica attività sportiva. Scuola e realtà extrascolastiche dovrebbero ‘parlarsi’ per considerare educazione e crescita nell’ambito di un progetto complessivo». E tra i fattori che incidono sulla povertà educativa anche l’uso delle nuove tecnologie. Nel Rapporto vengono riportate diverse indagini che rilevano i rischi a cui sono esposti i ragazzi sia nel non aver accesso ai device (difficoltà a seguire i programmi scolastici), sia nell’essere lasciati troppo soli nella gestione. Dal rapporto Eures «Smartphone addiction: vissuto dei giovani e strumenti di contrasto» (17 dicembre 2021) risulta che la maggioranza dei giovani (54,5%) utilizza lo smartphone tra le 4 e le 8 ore al giorno, mentre oltre un quarto supera le 8 ore; l’82% dei giovani sarebbe a rischio dipendenza.
Un rapporto che evidenzia molteplici criticità ma che al contempo confida nel richiamo agli obiettivi e in una crescita di sensibilità: «Ci sono tutti i presupposti», concludono i curatori, «affinché questo momento storico, che ha messo a nudo le fragilità dei sistemi di promozione e protezione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, soprattutto per i bambini più vulnerabili, sia colto anche come un’occasione per ripensare le politiche dell’infanzia e dell’adolescenza, mettendo a sistema e garantendo una governance efficace rispetto alle priorità identificate nei recenti Piani adottati e le risorse rese disponibili a livello europeo e nazionale».