Incursione di giovani antagonisti nel Duomo di Torino

6 giugno – I dimostranti protestavano contro la detenzione di due anarchici in un carcere del centro Italia, sono stati allontanati rapidamente dalla Cattedrale, la celebrazione è stata ripresa dopo una breve interruzione. GALLERY

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Durante la Messa presieduta dall’Arcivescovo Cesare Nosiglia nella Festa del Corpus Domini, un gruppo di dimostranti ha fatto incursione nel Duomo di Torino la sera del 6 giugno attorno alle 21.30 distribuendo volantini e gridando slogan di protesta contro la detenzione di due giovani anarchici in un carcere del centro Italia. La Chiesa torinese, com’è ovvio, non ha nulla a che fare con la vicenda dei detenuti.

Gli antagonisti hanno tentato di srotolare uno striscione, sono stati fermati e rapidamente allontanati dal Duomo, proseguendo la contestazione presso il Mercato Centrale di Porta Palazzo, ove si sono verificati tafferugli con la polizia. Risulta che i dimostranti siano stati denunciati dalle forze dell’ordine per turbativa di cerimonia religiosa. La celebrazione in Duomo ha ripreso il suo corso dopo una breve interruzione. Non si è tenuta la tradizionale processione del Corpus Domini.

Non è la prima volta che il Duomo viene preso di mira da dimostranti estemporanei: celebre l’uomo che nel 2000 tentó di interrompere la celebrazione di apertura dell’Ostensione  della Sindone, in diretta televisiva, agitando preservativi fra i fedeli. Anche in quel caso venne bloccato in pochi istanti.

Di seguito pubblichiamo l’omelia che l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha pronunciato nella Messa che ha presieduto:

La celebrazione del Corpus Domini ci richiama questa sera il miracolo eucaristico di Torino che il 6 giugno 1453 ha segnato per sempre l’annuale processione che si svolgeva nella nostra città in onore del Santissimo Sacramento. Quel miracolo dell’ostia trafugata che rimase sospesa in aria per lungo tempo e venne portata dal Vescovo in Duomo, è impresso nella memoria dei fedeli e ancora oggi rappresenta per la nostra Chiesa che ne conserva il vivo ricordo un invito a testimoniare pubblicamente la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia sacramento fontale di unità e di missione.

È dunque con atteggiamento di riconoscenza che diciamo con le parole del salmo: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” (Sal 115). È una preghiera che sale dal profondo dell’anima e riconosce quanto i doni di Dio siano superiori rispetto ai meriti e alle attese.Dio è sovrabbondante nel suo amore e va oltre ogni misura umana di confronto.

L’Eucaristia è certamente il più concreto esempio di questo amore infinito che nessuno avrebbe mai potuto immaginare e attendersi perché supera ogni umana comprensione,ogni sogno e desiderio impossibile della mente e dal cuore dell’uomo.
È l’amore più grande che siamo chiamati ad accogliere e a donare a tutti.L’Eucaristia è, come ci ricorda Papa Francesco, la fonte prima e la spinta costante che conduce la Chiesa fuori di se stessa,sulle vie della missione.

L’Eucaristia ci interpella e ci sfida. Forse ne abbiamo fatto un rito talmente chiuso in se stesso da stemperarne la carica di amore e di cambiamento che offre. Una comunità che non vive nella ricerca continua dell’unità,nella cura e nell’attenzione verso tutti e in particolare verso i suoi membri più sofferenti e bisognosi,non può illudersi di celebrare degnamente l’Eucaristia e riconoscere il corpo del Signore. L’Eucaristia inquieta le coscienze e allarga il cuore facendo superare barriere di estraneità e di indifferenza o di rifiuto che sono tutt’ora presenti nella società e anche nelle nostre comunità,verso fratelli e sorelle in condizioni di difficoltà morale o materiale.

Sono convinto che se la nostra Chiesa privilegerà gli ultimi e se con coraggio profetico non si sottrarrà alle nuove sfide di tante miserie morali e materiali proprie del nostro tempo,allora non dovremo temere: la fede non verrà meno, l’Eucaristia che celebriamo si tradurrà in pane spezzato nell’amore,il Vangelo sarà sempre più credibile via di cambiamento anche sociale.
Cari fratelli e sorelle la processione del Corpus Domini ci ricorda che portare il corpo del Signore per le strade della città è segno che vogliamo donarlo a tutti perché sia principio di quella civiltà dell’amore di cui ha estremo bisogno la nostra società.

La celebrazione eucaristica è annuncio e testimonianza viva di questo mistero di amore che, accolto, diventa fonte di una gioia tale da non poterla tenere chiusa in se stessi.
Così Paolo dirà ai Corinzi: “Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunciate la morte del Signore finché egli venga”( 1 Cor 1,23-36).

L’annuncio della Pasqua non è un evento solo celebrato e accolto nella fede, ma è una vera e propria esperienza del Risorto nella comunione piena con lui e la sua comunità. Per cui ne nasce l’impegno di fare della propria vita un’eucaristia vivente e di rinnovare il mondo a misura di Eucaristia. Dobbiamo superare l’idea che la missione viene dopo l’Eucaristia.

L’Eucaristia è l’atto missionario più fecondo che la Chiesa immette nella storia dell’umanità, perché attualizza la salvezza pasquale di Cristo nel tempo e nell’oggi della vita della persone e del mondo. Ciò che nasce è conseguenza di questo evento missionario ed investe di sé e della sua forza propulsiva e sconvolgente tutta l’esistenza del credente e della comunità.
Mai deve venire meno la speranza del credente in Cristo perché Egli ha voluto rimanere con noi nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, iscrivendo così in questa presenza sacrificale e conviviale le promesse di una umanità rinnovata nell’amore.

Nessuno può fare a meno del pane che è Cristo, pena l’infelicità della vita e il non senso del proprio futuro.“Spezzavano il pane nelle loro case ” ci dicono gli Atti degli Apostoli presentando la prima comunità di Gerusalemme: quel modello di chiesa ci invita anche ad andare in ogni casa e in ogni ambiente, per portare quel pane di vita che sono la Parola di Dio e la carità.I rifiuti, le indecisioni e le perplessità che possono esserci di fronte a questo impegno missionario scompaiono dal nostro cuore di pastori e fedeli se sapremo ascoltare l’appello che si alza dalla vita di tante famiglie, anziani e giovani che di quel pane hanno bisogno, anche se sembra che ne possano fare a meno.

Le nostre comunità superino l’autoreferenzialità e si immergano con coraggio nel fiume della missione, sorretti dalla certezza che lo Spirito Santo predilige chi si fida della sua forza e va dove lui ispira e guida, per le strade della città dell’uomo,là dove più complesse e difficili sono le condizioni di vita e più arida è la fede. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui” (Gv 6,56). L’assicurazione del Signore nel Vangelo ci rivela che l’Eucaristia è Cristo che ci trasforma in lui, per cui non siamo più noi che viviamo ma è Cristo che vive in noi. Se resteremo uniti a Cristo e cresceremo nella comunione con lui,lo saremo anche tra noi e porteremo in ogni casa e nella città una testimonianza credibile e feconda di frutti spirituali e sociali.

Maria Santissima, prima missionaria nella casa di Elisabetta e poi a Cana, sotto la croce e nel cenacolo, si unisca alla nostra preghiera unanime affinché ogni cristiano di questa città si senta interpellato in prima persona dall’Eucaristia e si renda disponibile ad accoglierla e a farsene partecipe nella ferialità della vita in famiglia, sul lavoro e nei diversi ambienti.
Sì, alziamo il calice della salvezza e invochiamo il nome del Signore in ogni momento per dire grazie di quanto egli ci ha dato e continua a donarci:la sua vita di risorto nel sacramento del suo corpo e del suo sangue versato per noi e per tutti in remissione dei peccati, pane del cielo che ci assicura la vita eterna. Amen.

+ Cesare NOSIGLIA
Arcivescovo Metropolita di Torino

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