Sinceri, ma qualche volta possono essere anche un po’ bugiardi. Senza dubbio seri e utili nel registrare umori, percezioni e individuare orientamenti, anche se non sempre riescono a interpretare perfettamente la realtà. Parliamo dei sondaggi o, come Lorenzo Pregliasco (analista politico, esperto di comunicazione, co-fondatore e direttore di YouTrend) li ha chiamati con un pizzico di ironia nel titolo di una sua recente pubblicazione, i «Benedetti sondaggi. Leggere i dati, capire il presente» (Add editore, pp. 208, euro 18), quell’insieme di numeri, percentuali, mappe, grafici e tabelle sulle intenzioni di voto dei cittadini che accompagnano lo svolgimento di ogni campagna elettorale.
Sondaggi, dunque, benedetti sondaggi. Non assicurano certezze, non sono infallibili, ma senza dubbio sono uno strumento utile per aiutarci a capire il presente e, perché no, a dare una sbirciatina sul futuro. Al direttore di YouTrend abbiamo rivolto qualche domanda per capire come meglio leggere, comprendere e maneggiare le informazioni e i dati raccolti da società e istituti specializzati in sondaggi d’opinione, al fine di misurare le aspettative per un dato progetto o il gradimento per un partito, una coalizione o un leader politico.

Dottor Pregliasco, fare un sondaggio non vuol dire prevedere il futuro, sono parole sue, e aggiunge che non dobbiamo aspettarci più di quello che può darci. Assolutamente chiaro, i sondaggisti non sono àuguri e neppure aruspici, non vedono presagi nel volo degli uccelli e neppure il domani osservando le viscere degli animali, ma esperti che, come lei stesso afferma, per lavoro leggono e analizzano l’opinione pubblica. Quindi, che cosa possiamo chiedere e cosa ci può dare un sondaggio?
Una fotografia delle opinioni nel momento in cui gli intervistati rispondono alle domande loro poste. I sondaggi non possono prevedere il futuro, dicendo con certezza come le stesse persone sentite in un dato momento la penseranno tra un mese, sei o un anno. E’ però altrettanto vero che una tendenza d’opinione registrata oggi è una buona indicazione della probabilità che, nel caso ad esempio di un sondaggio elettorale, il partito dato in vantaggio sugli altri risulterà alla fine quello vincente. Detto ciò non dobbiamo mai trascurare il fatto che le persone possono sempre cambiare idea dal giorno del sondaggio a quello in cui inseriscono la scheda nell’urna.
A proposito di sondaggi, verità e bugie, nel suo libro dice che i dati numerici non mentono mai, tuttavia, al contempo, ammonisce che il modo in cui questi vengono proposti può cambiare completamente la loro interpretazione. Allora, che cosa deve fare il lettore per non farsi ingannare dai numeri, anzi da come vengono presentati i numeri?
I dati sono sempre soggetti a interpretazioni e, ahimè, possono esserlo anche a distorsioni. Ad esempio, se il titolo di un articolo è costruito su un certo dato del sondaggio, è possibile che ne vengano evidenziati alcuni aspetti e trascurati altri, oppure se occorre trasformarlo in grafico è naturale che risultino privilegiati alcuni elementi e sacrificati altri. Qualche consiglio per non farsi trarre in inganno? Per evitare le insidie nascoste nei grafici, il lettore dovrebbe innanzitutto osservare la legenda e i valori assegnati agli assi di un grafico. Può sembrare una raccomandazione eccessiva, ma non è così, perché è lì che talvolta si nasconde l’inganno: classico è il caso di rappresentazioni in scale diverse che sembrano indicare fenomeni differenti e invece ne danno solo un’illusione ottica. E poi si dovrebbe prestare attenzione alle fonti, a quando risale la rilevazione, da chi è stata fatta, quali sono state le domande agli intervistati e come sono state raccolte le risposte. Tutti piccoli accorgimenti utili a non farsi ingannare e a leggere ogni sondaggio con maggiore consapevolezza.
Qualche volta però i sondaggisti hanno clamorosamente fallito ogni previsione, come nel 2016 per il referendum sulla Brexit e le presidenziali americane. Lei anche in questo caso assolve i numeri, scrivendo che sulla base dei dati la vittoria di Trump non era imprevedibile. Chi avrebbe sbagliato allora?
Nel caso delle presidenziali, considerando il sistema elettorale americano, possono aver influito la sovrastima dei sondaggi a livello nazionale rispetto ai singoli Stati e il mancato inserimento del titolo di studio tra i criteri per la composizione dei campioni di cittadini da intervistare. Alla prova del voto vero, Trump risultò avanzare moltissimo tra le fasce meno istruite della popolazione statunitense. Ma in realtà i sondaggi non avevano affatto sottostimato Trump e i numeri mostravano che quella con Hillary Clinton si presentava come una partita aperta. Tuttavia a molti osservatori, forse anche per le caratteristiche del personaggio, sembrava impossibile una sua vittoria nella corsa alla Casa Bianca. Le loro valutazioni non erano in linea con quanto rivelato dai dati, che invece prefiguravano una sfida molto combattuta. Sotto questo aspetto è stato ancora più eclatante il caso Brexit. I sondaggi per quel referendum erano da testa a testa, ma l’uscita del Regno unito dall’Unione europea era un esito che molti non auspicavano e che a tanti sembrava sconvolgente. Pertanto si dava quasi per scontata la vittoria del remain, ma non era questa la fotografia mostrata dai sondaggi. In entrambi i casi non è del tutto vero che i sondaggi siano stati clamorosamente smentiti.
Soprattutto quando ci si avvicina a un importante appuntamento elettorale, i giornali, le televisioni e i media online danno ai sondaggi ampio rilievo e sulla base dei loro verdetti definiscono i probabili scenari post-voto. Le analisi sulle intenzioni di voto possono condizionare gli esiti della consultazione vera, quella delle urne?
Sicuramente forniscono agli elettori informazioni che in parte possono influenzare la loro scelta. Ma una campagna elettorale è fonte di molti e diversi input, dalle polemiche tra i leader ai programmi dei partiti, dagli imprevisti, agli eventuali scandali, alla copertura dei media, dei social e ad altro ancora. Ciascuno di essi, compresi i sondaggi, contribuisce a formare quell’opinione che porterà il cittadino a tracciare una ics su questo o quel simbolo presente nella scheda elettorale o a decidere di non votare.
A proposito di non voto. Ormai, da tempo, ogni appuntamento elettorale fa registrare un preoccupante calo di votanti. Pensa che il prossimo 25 settembre si possa verificare un’inversione di tendenza o sia destinato ancora a crescere il partito dell’astensione?
Difficile oggi prevederlo, anche perché la prima parte della campagna elettore si è svolta d’estate, in un periodo inusuale. Tuttavia molti analisti si aspettano un’affluenza più bassa rispetto al 2018, scendendo sotto il 70 per cento: un dato alto se confrontato alle amministrative del 2021, ma decisamente più basso di quattro anni e mezzo fa e soprattutto di molto inferiore rispetto a quella che era l’affluenza ai seggi fino agli anni Novanta, quando superava l’80 per cento.