Invertire il tempo: un’illusione affascinante

Scoperta – L’esperimento al computer quantistico di cinque scienziati russi ha sollevato nei giorni scorsi clamore e suggestioni. Un elettrone che evolve all’opposto di come ci si aspetterebbe: un processo artificiale che in natura è estremamente improbabile

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Lo scorso 14 marzo, alcuni quotidiani titolavano: «La nuova frontiera della Fisica: invertita la direzione del tempo». Che bello! Grazie alla scienza potremo tornare giovani senza dover fare un patto col diavolo come il Dr. Faust? Ma subito uno pensa: sarà una ‘bufala’; allora va a cercare le fonti (come bisognerebbe sempre fare) e trova che, effettivamente, il giorno prima «Scientific Reports» ha pubblicato on line un articolo di cinque fisici russi dal titolo «Arrow of time and its reversal on the Ibm quantum computer», ovvero «La freccia del tempo e la sua inversione…».

Superato il fastidio per il titolo ad effetto, che va contro il bon ton delle riviste scientifiche, uno comincia a leggere l’articolo e cerca di capirci qualcosa. Per non creare illusioni a chi già pensa di poter tornare bambino grazie al computer quantistico, dico subito come va a finire, anzi lo lascio dire al Mit Scientific Report del 14 marzo che titola: «No, scientists didn’t just reverse time», cioè «No, gli scienziati non hanno invertito il tempo». In realtà, hanno costruito al computer (quantistico) uno specialissimo stato iniziale che evolve in direzione contraria a quella più naturale. Ma, come affermano gli stessi autori, questo è un processo artificiale che in natura è estremamente improbabile (perchè avvenga bisognerebbe aspettare un tempo pari a fantastiliardi di volte l’età dell’universo); anche artificialmente, si può realizzare solo su un numero piccolissimo di particelle; è categoricamente escluso che possa funzionare su un oggetto macroscopico.

Chi è solo interessato a ringiovanire può chiudere qui, magari sperando nella prossima puntata (la scienza non dà mai risposte definitive); per chi invece volesse capire qualcosa in più di questa famosa «freccia del tempo», proverò a raccontare come la vedono i fisici. Non è una faccenda facile facile, ma mi sforzerò di non essere troppo oscuro.

Dalla meccanica alla termodinamica

Nella seconda metà dell’Ottocento la Fisica colse due clamorosi successi: il più sorprendente è certo l’unificazione di elettricità e magnetismo, da cui nasce la luce, con tutte le altre onde elettromagnetiche; ma anche l’unificazione fra meccanica e termodinamica non è affatto da buttar via: proprio questa ci aiuterà a capire che cos’è la freccia del tempo (per i fisici, ovviamente questo è solo uno dei punti di vista). Già si sapeva che il lavoro si può sempre trasformare in calore; quindi anche il calore è una forma di energia (I principio della termodinamica). Ma è solo con Boltzmann e Maxwell (sì, quello delle equazioni dell’elettromagnetismo) che si è capito che fornendo calore ad un corpo si aumenta l’energia cinetica del moto disordinato delle sue molecole. Quindi l’energia cinetica è sempre moto delle molecole di un corpo: quando il moto è ordinato il corpo si sposta, invece quando il moto è disordinato il corpo sta fermo, ma si scalda.

È qui che entra in gioco l’irreversibilità; come testimoniano le nostre scrivanie, si passa molto facilmente dall’ordine al disordine, ma il viceversa richiede un bel po’ di lavoro… Bisognerebbe allora parlare del II principio della termodinamica, che è nient’altro che la ovvia constatazione che il calore passa naturalmente da un corpo caldo a uno freddo e non viceversa. Ma per farla breve e vedere subito che cosa c’entra la freccia del tempo, studiamo un semplice esempio di trasformazione irreversibile.

Consideriamo una scatola divisa a metà da un setto separatore; la metà di sinistra contenga un gas e quella di destra sia completamente vuota. Adesso rimuovo il setto; è ovvio che il gas si diffonde uniformemente nelle due parti della scatola. Naturalmente non basta rimettere il setto per far tornare tutto il gas nella parte di sinistra; questo suggerisce un’enunciazione non proprio aulica del II principio: «è inutile chiudere la stalla quando i buoi sono scappati». Se noi potessimo girare un film del moto delle molecole nella scatola a partire dall’istante successivo alla rimozione del setto, noi vedremmo questa mandria di molecole partire da sinistra e poi spargersi per tutta la scatola; le molecole poi continuano a muoversi in linea retta e a rimbalzare sulle pareti, senza mai ritornare a concentrarsi tutte nella parte sinistra.

Quindi se, rivedendo il film, lo facessimo girare al contrario ci accorgeremmo immediatamente che per sbaglio abbiamo «invertito la freccia del tempo».  Ma pensate un po’ a che cosa succederebbe se filmassi il moto di due o tre molecole soltanto; basterebbe un minimo di pazienza per ritrovarle tutte nella parte sinistra, e poi un po’ qua e un po’ là, e poi tutte a destra, e così via (naturalmente per vedere qualcosa a occhio nudo dovrei giocare con oggetti macroscopici, tipo palline da ping pong, ma ai fisici, specie ai teorici, piace fare esperimenti mentali, Gedankenexperiment per darsi delle arie). Stavolta, se rivedessi il filmino facendolo girare al contrario, nessuno si accorgerebbe del mio errore. Per dirla pulitamente, le leggi della meccanica (classica) non cambiano se «inverto la freccia del tempo». Ma come! Come posso ottenere la termodinamica, che studia processi irreversibili, a partire dalla meccanica classica che è reversibilissima?

La probabilità

Si esce dall’apparente paradosso solo facendo entrare in gioco la probabilità. Pensiamo a infinite copie della mia scatola piena di gas, con le molecole buttate lì a caso; se avessi solo due molecole, starebbero tutte due a sinistra in un caso su quattro, così in un caso su quattro starebbero tutte due a destra; invece in due casi su quattro starebbero una di qua e una di là; ovvero le probabilità delle tre possibili situazioni sarebbero rispettivamente 1/4, 1/4 e 1/2. Già con tre particelle la probabilità di trovarle tutte e tre a sinistra scenderebbe a 1/8, e così via, con la probabilità di trovarle tutte dalla stessa parte che scende vertiginosamente con il crescere del numero delle particelle.

Quando le particelle sono tante, ma tante davvero, milioni di miliardi di miliardi, come in un centimetro cubo di gas, allora la probabilità di trovarle tutte nella stessa metà diventa veramente trascurabile. Lo stesso per la probabilità che con il passar del tempo si raggruppino tutte spontaneamente in una parte della scatola, anche uno avesse la pazienza di aspettare per un tempo pari alla vita dell’universo.

Attenzione, però: a rigor di termini, estremamente improbabile non significa impossibile. Se un diavoletto si mettesse al servizio del Dr. Maxwell, lui potrebbe misurare posizione e velocità di tutte le molecole e selezionare fra le infinite copie della nostra scatola proprio quelle pochissime che contengono molecole così disciplinate da andarsi a raggruppare spontaneamente nella parte sinistra della scatola. In questo modo si otterrebbe sì l’inversione della freccia del tempo, ma con l’ausilio del diavoletto di Maxwell, molto più simpatico di Mefistofele del Dr. Faust, ma pur sempre un essere sopra, o comunque fuori, dalla natura.

Con le nostre povere forze dobbiamo rassegnarci a sottostare al secondo principio della termodinamica, che ci obbliga a un disordine crescente, e tutti sappiamo come andrà a finire; poi passeremo a cieli nuovi e a terra nuova.

Il caso quantistico

Ma perché tutte queste storie con la meccanica classica? Sappiamo tutti che quella vera è la meccanica quantistica (MQ), di cui la meccanica classica è solo un’approssimazione (anche se va benissimo per la vita di tutti i giorni). Peggio che andar di notte! Primo: è assolutamente impossibile far finta di spiegare la MQ in poche righe. Secondo: la meccanica quantistica la probabilità ce l’ha nella pancia fin dall’inizio; quindi anche quando descriviamo il moto di una particella singola dobbiamo sottostare a questa inesorabile freccia del tempo.

Per dare una pallida idea di che strana ‘bestia’ sia la MQ, facciamo una breve divagazione considerando un elettrone che se ne sta tranquillo in uno stato stazionario (che non evolve col tempo) attorno a un nucleo. È radicalmente sbagliato dire che l’elettrone gira attorno al nucleo, come fosse un pianeta che gira attorno al sole. La bislacca realtà è la seguente: l’orbita ellittica è sostituita da una superficie sferica con l’elettrone che sta in ciascuno dei suoi punti con uguale probabilità. Ma non si capisce nulla! Giusto, è così che deve essere, se capire vuol dire ricondurre alla nostra esperienza sensibile. La MQ dà una grande lezione di umiltà ai fisici: «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia», citando Shakespeare. Nel mondo microscopico succedono naturalmente cose che è impossibile descrivere con il nostro linguaggio di tutti i giorni; però siamo in grado di dominarle con il linguaggio della matematica.

Avviciniamoci finalmente al tema dell’articolo che ha fatto tanto scalpore, studiando invece uno stato che evolva nel tempo. Prepariamo lo stato in modo che la probabilità di trovare il nostro elettrone sia concentrata in un volume molto piccolo; con il passar del tempo, il nostro pacchettino d’onda ci si disfa fra le mani e il nostro elettrone si spaparanza in un volume rapidamente crescente, così che non sappiamo più dove sia andato a finire. In natura è invece estremamente improbabile che succeda il contrario, cioè che un elettrone spaparanzato vada spontaneamente a raccogliersi in un piccolo spazio. Quindi c’è una ben visibile freccia del tempo! Però attenzione, estremamente improbabile non significa impossibile!

Per farla breve, semplificando al massimo, i cinque fisici russi si sono inventati una specie di ‘diavoletto quantistico’ per preparare uno stato specialissimo di un elettrone che evolve nel tempo all’opposto di come ci si aspetterebbe, come se da spaparanzato si concentrasse in un volume molto piccolo. Ma loro stessi ammettono che una vera inversione della freccia del tempo richiederebbe un algoritmo valido per un gran numero di processi, e questo continua ad essere impossibile. Tanto rumore per nulla? No, vale sempre la pena di provarci, purché non si alimentino illusioni infondate.

E del computer quantistico non ci dice nulla? Ne parliamo un’altra volta, tanto c’è tempo; al momento sono disponibili pochissimi prototipi, uno solo per uso commerciale, e sono piuttosto ingombranti. Anche perché devono stare alla temperatura di 273°C sotto zero, cioè 0,02°C sopra lo zero assoluto.

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