Cento anni fa, il 18 gennaio 1919, a Parigi nella reggia di Versailles, si apriva la conferenza di pace. Durò fino al 21 gennaio 1920 con alcuni intervalli. I Paesi vincitori della Grande Guerra stilano i trattati di pace e delineano la nuova Europa ridefinita secondo la loro volontà: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia. L’Italia, pur vincitrice, raccoglie le briciole. La Germania è umiliata di brutto. Papa Benedetto XV continua l’opera di pacificazione: indice pubbliche preghiere per la conferenza di pace («Quod iam diu»,1° dicembre 1918): «Tace finalmente il fragore delle armi: non ancora la pace ha solennemente posto fine alla grande guerra»; promuove una raccolta di offerte per i fanciulli indigenti («Paterno iam diu», 24 novembre 1919); rivolge un nuovo appello per i fanciulli che soffrono le conseguenze belliche («Annus iam plenus est», 1° dicembre 1920).
I GIOCHETTI DELLA GRAN BRETAGNA – L’11 novembre 1918, giorno dell’armistizio tra Germania e Alleati, l’Austria si ritrova senza impero e la Germania senza imperatore. I due Paesi combattono le forze rivoluzionarie a sinistra e il militarismo a destra e cercano di tenere alto il morale di popoli sconfitti e schiacciati. Il 1º dicembre 1918 inglesi e statunitensi varcano la frontiera tedesca e il 4 entrano a Colonia. Belgrado proclama il Regno dei serbi, croati e sloveni con 500 mila ungheresi, 500 mila tedeschi, decine di migliaia di romeni, albanesi, bulgari, italiani. Sulle trattative incombono minacciosi problemi irrisolti: frontiere; sicurezza; nazionalismi; Rivoluzione bolscevica e internazionalismo leninista; volontà punitiva dei francesi contro la Germania, come dice Raymond Poincaré, presidente francese: «La Germania deve essere punita per la guerra». I colonialisti inglesi, per assicurarsi maggior potere, negli ultimi mesi fanno scendere in campo le colonie contro gli Imperi Centrali e così africani e asiatici affollano i saloni di Versailles.
LE RIPARAZIONI DI GUERRA E L’UMILIAZIONE DELLA GERMANIA – Un discorso del presidente Poincaré nella sala dell’orologio del Quai d’Orsay, ministero degli Esteri, apre la conferenza, presieduta dal primo ministro francese Georges Clemenceau. Il Consiglio dei dieci – formato da cinque capi di governo e dai cinque ministri degli Esteri di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Giappone (per l’Oriente) e Italia – tratta le questioni più importanti. Il nuovo assetto dell’Europa è definito dai quattro «Grandi»: Thomas Woodrow Wilson, presidente degli Stati Uniti (ministro degli Esteri Robert Lansing); Georges Clemenceau primo ministro francese (Stephen Pichon); David Lloyd George primo ministro britannico (Arthur James Balfour); Vittorio Emanuele Orlando, presidente del Consiglio italiano (Sidney Sonnino). I vinti sono esclusi dai negoziati e sono ammessi solo alla firma dei protocolli. Una commissione esamina i danni di guerra e stabilisce la somma che gli sconfitti devono ripagare. Gran Bretagna, Francia e Italia vogliono ottenere un risarcimento pari all’intero costo della guerra. Londra rivendica anche i costi della guerra sottomarina e le incursioni aeree. È il concetto stesso di «riparazione» a bruciare perché impone alla sola Germania di pagare per la sconfitta in una guerra che ha provocato. Per costringerla a firmare gli Alleati rifiutano di togliere il blocco navale. Per l’inglese Lloyd George «la nostra pace dovrebbe essere dettata da giudici senza emozioni e interessi personali, e non già dalla vendetta selvaggia». Il francese Clemenceau gli ribatte: «Se gli inglesi sono tanto ansiosi di pacificare la Germania, che guardino oltremare e facciano concessioni coloniali, navali o commerciali». Parigi vuole far capire a Berlino che non le conviene covare sentimenti di vendetta.
DALLA CONFERENZA NASCONO CINQUE TRATTATI – Il trattato di Versailles (28 giugno 1919) per Germania, Austria, Ungheria, firmato da 44 Stati: i vinti firmano dopo che i vincitori hanno minacciato la ripresa della guerra. La Germania rinuncia a vasti territori coloniali; cede Alsazia e Lorena alla Francia; riduce l’esercito a 100 mila uomini; paga ai vincitori e al Belgio tutti i danni di guerra; cede agli Alleati materiale navale, ferroviario e industriale; fornisce carbone per dieci anni. Il trattato di Saint-Germain-en-Laye (10 settembre 1919) firmato da Austria, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia e altri 13 Stati. L’Austria è costretta a cedere all’Italia il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e l’Alto Bacino dell’Isonzo. Al posto dell’Impero austro-ungarico nascono le Repubbliche di Austria, Ungheria, Cecoslovacchia e il Regno di serbi, croati e sloveni; sul Baltico sorgono Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania. Il trattato di Neuilly-sur-Seine (27 novembre 1919) con la Bulgaria: fissa i confini tra Bulgaria, Turchia, Grecia e Regno di serbi, croati e sloveni; riduce l’esercito a 20 mila uomini; paga 400 milioni di dollari in riparazioni di guerra. Il trattato di Sèvres (10 agosto 1920) con la Turchia. L’Impero ottomano, già drasticamente ridimensionato dal trattato di Londra del 1913, rientra nei limiti della penisola anatolica, è privato dei territori arabi, degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Il trattato di Trianon (Palazzo del Grand Trianon di Versailles) con l’Ungheria (4 giugno 1920).
NON PACE MA ARMISTIZIO PER VENT’ANNI – Il trattato è unilaterale e ingiusto e contribuisce in modo significativo alla Seconda guerra mondiale, come prevede il generale francese Ferdinand Foch: «Questa non è la pace ma solo un armistizio per 20 anni». Gli Stati Uniti il 19 novembre 1919 respingono il patto, in vigore dal 10 gennaio 1920. Contemporaneamente nasce incrinata, con sede a Ginevra, la Società delle Nazioni: Stati Uniti, Russia e Germania non ne fanno parte. Un modo per dirimere le dispute internazionali senza per non ricorrere alla forza ma alle minoranze la Società offre più una speranza che un appoggio. Uno strumento nelle mani di Francia e Inghilterra, preoccupate di mantenere le posizioni di privilegio e propense a usare il nuovo istituto per i propri fini. Per ogni decisione è necessaria l’approvazione all’unanimità e non dispone di alcun mezzo d’intervento, solo sanzioni economiche.