Il vescovo di Locri e l’Arcivescovo di Campobasso hanno espresso solidarietà al sindaco di Riace, Domenico Lucano, arrestato il 2 ottobre con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti. Lucano è l’artefice di un modello virtuoso di accoglienza e inclusione dei migranti in Calabria, riconosciuto a livello internazionale. Sulla vicenda pubblichiamo un intervento del teologo morale padre Giordano Muraro.
Meritava il sindaco di Riace una denuncia e gli arresti domiciliari? Lo abbiamo chiesto ad una persona illustre, assolutamente estranea alle polemiche attuali, Aristotele, del 300 a.C. Ha risposto che il modo di agire di questo sindaco può essere considerato un esempio di comportamento virtuoso e quindi non da condannare, ma da apprezzare e da imitare. Abbiamo insistito chiedendo quale sia questa virtù. Ci ha risposto nella sua lingua: la virtù della «epikeia», spiegandoci che è «un correttivo della legge, laddove è difettosa a causa della sua universalità» (Etica Nicomachea, V, cap. 16). Conosciamo le sette virtù cardinali e non abbiamo trovato l’epikeia in questo elenco. Abbiamo insistito esaminando le quaranta virtù minori che completano le sette virtù cardinali e l’abbiamo finalmente trovata tra le virtù della giustizia, addirittura come una forma superiore di giustizia. Qualcuno la confonde con l’equità, ma sbaglia se con questo termine intende l’applicazione benevola della legge in casi particolari. L’epikeia non è infatti una interpretazione benevola della legge, né una eccezione alla legge e neppure un comportamento contrario alla legge, ma è la virtù che dice di andare oltre una legge che è giusta, ma che in casi particolari con la sua osservanza materiale avrebbe l’effetto di produrre i mali che vuole evitare.
San Tommaso, che sviluppò un’ampia riflessione su questa virtù, porta un esempio che spiega in modo semplice la natura e il modo di agire dell’epikeia. La legge dice che le cose imprestate devono essere rese al proprietario quando le richiede. Ma se io so che chi mi ha imprestato un’arma, la richiede per usarla contro la patria, io non gliela restituisco perché in quel caso la legge che è stata dettata per promuovere il bene della società, non solo non lo promuove, ma produce un danno. La legge della restituzione è giusta, e resta sempre l’obbligo della sua osservanza, ma in quel caso la virtù dell’epikeia mi dice che sarebbe sbagliato osservarla.
Analogamente: se la legge dice che per attribuire i servizi si deve fare un appalto per evitare favoritismi, ma un sindaco sa con certezza che negli appalti entrano uomini di malaffare che hanno il potere di piegarli ai loro interessi delittuosi, il sindaco ha l’obbligo (sic!) in quel caso particolare di non fare l’appalto, ma di ricorrere ad altri modi nell’attribuzione dei servizi. Il sindaco non può sottrarsi a questo obbligo, altrimenti applicando in quel caso la legge, diventerebbe di fatto connivente della criminalità. In fondo è una applicazione del principio espresso da Gesù in quel detto che è diventato proverbiale: «non è l’uomo per il sabato, ma il sabato per l’uomo», La legge non è un assoluto, ma è buona e giusta solo quando promuove il bene dell’uomo.
La virtù dell’«epikeia» (più esattamente: epieikeia, che vuole dire mettersi al di sopra del giusto dettato dalla legge) sembra essere caduta oggi nel buco nero della dimenticanza. Ma è una virtù quanto mai necessaria per promuovere in ogni situazione il bene comune, anche se deve essere usata con grande prudenza, perché non si può andare oltre la legge con un «a me sembra che», e tanto meno urlando «me ne frego di quello che il legislatore dice», ma si deve avere la certezza – comprovata anche dai saggi e esperti (la docilità fa parte dell’agire del prudente) – che in quel caso l’applicazione della legge è dannosa; come pure bisogna essere in grado di giustificare a chi ha la responsabilità del bene comune il comportamento suggerito dalla virtù dell’epikeia.
Ci sono dei primi segni indicatori che permettono di capire se si tratta di un comportamento dettato dalla virtù dell’epikeia o è altro. Il primo indizio è dato dal fatto che la persona che promuove questa azione non trae vantaggi personali o di parte.
Il secondo indizio riguarda il modo con cui questo comportamento viene realizzato. Chi urla, polemizza aspramente e vuole imporre con la violenza il suo comportamento non produce un atto virtuoso, perché è proprio della virtù agire sempre in modo equilibrato e rispettoso degli altri.
Un terzo indizio è dato dai frutti che il comportamento produce. Se produce del bene reale e immediato senza causare dissesti in altri ambiti e non fa promesse che non si sa quando e come si realizzeranno e addirittura se si realizzeranno, fa pensare che si tratti di un comportamento virtuoso. Per verificare questi indizi e condizioni e chiedere all’interessato che giustifichi il suo comportamento non sono necessari gli arresti domiciliari. Basta convocare la persona e chiederle che spieghi e renda ragione di queste sue scelte. A meno che non ci sia altro che il giudice ha l’obbligo di verificare.