«Sì, è vero, alcuni dati ci danno un barlume di speranza, ma ci aspettiamo ancora un picco. In Piemonte la macchina dell’emergenza sta rispondendo con una solidarietà ed una capacità straordinarie. Certo che ce la faremo, se ognuno fa la sua parte e la gente sta in casa».
Parla al telefono Luigi Icardi, assessore alla sanità della Regione Piemonte, con la pacatezza e la competenza di un uomo che ha sempre lavorato, come dirigente, nella Sanità. Sta andando al nuovo Ospedale di Verduno, che apre a giorni con i primi trenta posti di terapia intensiva e sub intensiva: un ospedale in costruzione da quindici anni, con una storia travagliata e tante polemiche alle spalle ma che ora, nel momento della massima urgenza, con i suoi letti e le sue strutture, diventa una scialuppa di salvataggio, per tutto il Piemonte. La cosa è possibile grazie alla disponibilità di Giovanni Monchiero, alto dirigente della Sanità in pensione, di tornare a gestire l’Ospedale come commissario.

«E’ vero: la stretta che abbiamo chiesto alla popolazione, con gli uffici, i bar, le pizzerie, le piccole e grandi imprese, i ristoranti chiusi, un sacrificio enorme che stiamo pagando tutti, sta dando i primi risultati, ma la battaglia è ancora lunga. Nei primi giorni molti, non noi, hanno sottovalutato il pericolo subdolo, perfido, inafferrabile dell’epidemia. Fin verso il 20 febbraio, i provvedimenti adottati erano troppo leggeri per non parlare delle eccezioni. Poi, finalmente, s’è capito che l’unica strada era quella del ‘fermare tutto’, o quasi, per poter limitare il contagio, ingabbiarlo, curarlo e sperare di ripartire gradualmente, tornando così alla normalità. Questo virus, dopo il contagio, sviluppa la propria carica in 4-5 giorni ed entro 10-11 può esplodere con i sintomi anche gravi.
Allora i prossimi giorni saranno decisivi?
Certamente, questi sono i giorni che con i loro dati ci diranno se ciò che stiamo facendo è sufficiente a fermare il nemico. Io sono stato nei reparti di terapia intensiva: vedere donne e uomini, anziani e giovani faticare a respirare è stato terribile. Ma va detto che i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario hanno una carica di umanità davvero grandissima. Li ho visti lottare anche con le lacrime agli occhi. E tutto, naturalmente, con la paura del contagio e di portarselo a casa…in famiglia.
Già, le mascherine che non si trovano…
No, ora ci sono. Ne abbiamo 600 mila dalla Miroglio e il nostro personale è di circa 50 mila persone, ma abbiamo difficoltà con alcuni tipi di mascherine, che peraltro avevamo comprato, perché sono state intercettate dalla protezione civile e distribuite in tutta Italia. Però, per esempio, stiamo facendo acquisti dei camici che scarseggiano in tutto il mondo. Lo facciamo dall’unità di crisi.
Che cos’è l’unità di crisi? Come funziona?
Ci sono decine di persone che si alternano in turni massacranti e rispondono alle esigenze di tutto il Piemonte, da Domodossola a Limone. C’è chi fa acquisti; chi coordina e gestisce i letti di terapia intensiva o sub; chi crea collegamenti tra un ospedale e l’altro; chi fa simulazioni con gli algoritmi matematici per capire quando finirà l’epidemia.
I letti, appunto…
Ora, con i centri Covid 19 , come Verduno, in ogni quadrante della regione, tutto dovrebbe essere più chiaro. Diciamo che i Pronto soccorso con il pre- triage sono stati una ‘prima linea’ che sta funzionando, a volte in affanno, ma efficiente ed immediata. Ma dietro la prima linea ci sono infermieri, medici e tecnici bravissimi. Abbiamo chiesto al Governo di darci gli strumenti, per poter offrire loro qualche incentivo come Regione, perché stanno svolgendo un lavoro immenso. Dietro di loro, ecco gli infermieri, che girano nei paesi e nelle città a fare i tamponi, quando il tragitto del possibile contagio è stato tracciato, e i tecnici dei laboratori pubblici e privati. Una macchina da guerra veramente potente.
La risposta dei privati, qual è stata?
Spontanea ed immediata. Chi aveva posti letto di rianimazione, li ha messi subito a disposizione: dalla Pinna Pintor alla Cellini, dal Gradenigo a Villa Pia, da Torino ad Alessandria, area che resta ancora ad alto e concentrato rischio. Ci stanno aiutando tutte le strutture sia laiche che cattoliche. Ad Alba, ad esempio, la Diocesi ha messo a disposizione alcune stanze del seminario per gli infermieri e i medici (hanno risposto già in 160) che si occuperanno del Covid center di Verduno. Altre diocesi hanno fatto e fanno altrettanto.
C’è un appello dalle case di riposo. Servono mascherine, disinfettante, materiale sanitario…
Stiamo rispondendo con le prime mascherine; poi arriverà anche tutto il resto. Non lasciamo solo nessuno: né gli infermieri, che si occupano dell’assistenza domiciliare, né il personale delle case di riposo.
Ma come si fa a seguire tutto?
Siamo riusciti, in tempi davvero record, con l’aiuto determinante del Csi a creare il software di una piattaforma sulla quale c’è tutto: ci sono i centri-ricovero, i posti letto normali o di rianimazione, le criticità.
Tutte le criticità?
Certo: se un ospedale va in crisi per il personale, se mancano i guanti di lattice, se le medicine scarseggiano. E questa fotografia in movimento abbraccia l’intero Piemonte e tutti i piemontesi. Sappiamo chi è in quarantena fiduciaria a casa, chi non la rispetta e provvediamo. E’ stata un’operazione gigantesca a livello informatico (tutta opera nostra, senza alcun aiuto da Roma), ma taglia i tempi di tutto, evita doppioni. Ci serve per coordinare gli acquisti, per distribuire il materiale, per ricercare respiratori o scafandri; qualsiasi cosa passi dalla piattaforma può essere letta da tutti gli enti interessati, dalle prefetture, dalle questure, dalle Asl. Sì, perché così le Asl, che continuano a fare gli acquisti di sempre, evitano di fare doppioni; vedono le scelte che vengono fatte dalle altre Asl; si confrontano ed agiscono. Insomma, si cerca di muoversi tutti insieme per preparare la fase 2 che verrà.
E cioè?
Passata l’emergenza, ci sarà la gestione dei centri Covid 19, della lunga coda della degenza. Ci sarà la gestione del ritorno alla normalità, anche se molto lento, perché ora, in questa fase, tutti gli ospedali si sono riorganizzati, in fretta e furia, per il Covid: cancellate le visite negli ambulatori, bloccati gli interventi chirurgici non vitali, interrotta la normale catena di assistenza del sistema sanitario.
Anche in Piemonte si sperimenterà il farmaco, Avigon, già usato in Cina ed ora a Napoli e in Veneto?
Non appena Roma ci dà il via, partiamo.
Dunque c’è qualche bagliore di luce in fondo al tunnel, dopo giornate di troppi contagi, troppi morti, troppo dolore senza speranza?
Sì, certamente, qualcosa si comincia a vedere, ma ci saranno ancora giorni pesanti per tutti: a casa e negli ospedali.