«Ogni giorno, ogni ora, ogni luogo, ogni circostanza costituiscono un’occasione di santità. Proprio come il caffè che accompagna i diversi momenti della giornata». È il messaggio lanciato alla Notte dei Santi, organizzata dalla Diocesi, che la sera del 31 ottobre ha radunato centinaia di giovani presso la «Nuvola» Lavazza, la nuova sede direzionale del marchio del caffè nel quartiere Aurora in via Bologna.
Un percorso, alla vigilia della festa di Tutti i Santi, che ha portato i ragazzi, guidati dall’Arcivescovo Nosiglia, prima a visitare il Museo Lavazza e poi a sostare in preghiera sui resti dell’antica basilica paleocristiana di San Secondo tornata alla luce proprio sotto la «Nuvola». Ad accompagnare l’Arcivescovo nella visita il vicepresidente del gruppo Giuseppe Lavazza.
Ogni tappa della serata, che si è conclusa presso la parrocchia Maria Regina della Pace in Barriera di Milano, ha rappresentato una parte della vita quotidiana: la fabbrica, la piazza, il bar, la chiesa.
Ed ecco le provocazioni lanciate ai giovani: «ogni luogo è quello giusto per essere santi», ha sottolineato nella caffetteria del Museo don Luca Ramello, direttore della Pastorale giovanile diocesana, «non dove vorresti essere ma dove sei ora, dove abiti». «E voi dove abitate?». Una domanda che richiama le ultime due Lettere pastorali dell’Arcivescovo, «Maestro dove abiti?» e «Vieni! Seguimi!», in cui, nel cammino del Sinodo dei Vescovi sui giovani appena concluso, mons. Nosiglia invita a costruire una Pastorale capace di abbracciare tutti gli ambiti della vita giovanile: lo studio, il mondo del lavoro, il divertimento, la sessualità e l’affettività, la politica, la disabilità, la malattia.
«Non si può essere cristiani solo quando si frequentano i propri gruppi ecclesiali e quando si ricavano momenti spirituali», ha detto mons. Nosiglia, «si è cristiani nella vita ordinaria, proprio come hanno testimoniato i santi».
Un itinerario che ha messo anche al centro la riscoperta della condivisione e delle relazioni che spesso nascono proprio attorno ad un caffè: «oggi vogliamo», ha detto don Ramello, «che il caffè segni l’inizio di un cammino di santità per ciascuno di noi».
Così mentre i propri coetanei nei quartieri della movida torinese festeggiavano Halloween i ragazzi hanno camminato sulle radici della Chiesa torinese: sui resti della basilica paleocristiana di San Secondo del IV-V secolo d.C. che custodiva numerose tombe sorte attorno a quella del santo che fu patrono di Torino dal 1630 al 1850, le cui spoglie oggi sono conservate nel Duomo torinese. La chiesa, scoperta grazie ai lavori per la costruzione della «Nuvola», fu dismessa intorno all’anno 800 d.C., quando numerose tombe furono traslate altrove per evitare il saccheggio dei Saraceni.
«I primi cristiani», ha detto don Giuliano Naso, viceparroco di Maria Regina della Pace, seppellivano i morti vicino ai santi e ai martiri». Ed ecco l’invito a visitare i cimiteri senza paura, «sono segni di speranza e di vita, non di morte».
I giovani si sono poi messi in cammino tra la pioggia battente lungo corso Palermo verso la parrocchia della Pace. A guidarli l’Arcivescovo Nosiglia, insieme a don Ramello, don Nino Olivero, vicario episcopale per Torino-città, don Stefano Votta, parroco della Pace, e diversi sacerdoti.
«Nessuno è escluso dalla santità», ha detto mons. Nosiglia ai giovani che hanno affollato la chiesa, «ma ad una condizione: non abbiate paura di andare controcorrente rispetto alla cultura e ai modelli che dominano la nostra vita. Chi vive un’esperienza di amicizia nella fede possiede un anticorpo per non sopperire al ‘tutti fanno così’».
Nosiglia ha quindi spronato i giovani a testimoniare Cristo in primo luogo a partire dai propri coetanei. «Dov’è tuo fratello?», ha esortato, «Dove sono i ragazzi che che trascorrono le serate nello sballo, anche estremo? Dove sono i giovani ai margini della società, come i disabili, i migranti, chi vive la solitudine, chi è povero di giustizia e di speranza?».
Per l’Arcivescovo è questa la prima strada per la santità. «Chi vuole vita deve dare vita, chi vuole gioia deve dare gioia, chi vuole amore deve dare amore», ha concluso, «poniamoci dunque tutti l’ambizione di essere santi».