La nomina a cardinale del canavesano mons. Arrigo Miglio, tra le 5 porpore italiane annunciate da Papa Francesco durante il Reagina Coeli di domenica scorsa, ha colto di sorpresa non solo il diretto interessato ma, oltre la Chiesa sarda, tanti amici piemontesi, torinesi e generazioni di scout dell’Agesci guidati da un amatissimo assistente ecclesiastico. Migliaia di messaggi e tanti «Buona strada don Arrigo!» dalle migliaia di camicie azzurre che hanno percorso, zaino in spalla, un pezzo di strada, con lui.
«Come tanti di voi, ho appreso la notizia in Tv: sono arrivato in tempo a casa, dopo aver amministrato le Cresime, per seguire il Regina Coeli del Papa: ad un certo punto, sentendo pronunciare il mio nome ho capito che ero proprio io… E ho subito pensato al compianto card. Luigi De Magistris, cagliaritano, nominato cardinale da papa Francesco a sorpresa a 89 anni… anche lui non ci credeva». È la prima reazione di mons. Miglio raggiunto dai giornalisti, poche ore dopo la notizia dell’imminente creazione a cardinale. Anche lui, come don Giorgio Marengo, è piemontese e tra qualche mese compie 80 anni: «ormai sono in pensione e ho deciso di vivere a Cagliari», ci diceva qualche settimana fa a Torino a margine dell’ordinazione e dell’ingresso di mons. Roberto Repole a cui ha imposto le mani con i confratelli Vescovi… non immaginava certo i progetti di Francesco.
Mons. Miglio è nato il 18 luglio 1942 a San Giorgio Canavese dove ha frequentato le Scuole primarie. Entrato in seminario a Ivrea, dopo l’anno propedeutico nel seminario di Rivoli ha studiato all’Almo Collegio Capranica di Roma, ha conseguito la licenza in Teologia all’Università Gregoriana e la Licenza al Pontificio Istituto Biblico. Ordinato ad Ivrea nel 1967, dal 1970 ha ricoperto fin da giovane prete numerosi incarichi pastorali nella sua diocesi: viceparroco al Sacro Cuore e direttore alla Casa dell’Ospitalità e Casa Alpina Gino Pistoni per la pastorale giovanile a Gressoney, parroco a San Salvatore e responsabile della Caritas diocesana dal 1974 al ’77.
Vicario episcopale per la pastorale dal 1977 all’ 80, è stato scelto dal suo Vescovo mons. Luigi Bettazzi – che lo ha consacrato Vescovo ad Ivrea il 25 aprile 1992 – vicario generale dall’1980 al ‘92. Docente di Sacra Scrittura a Ivrea e alla Fist (Federazione italiana degli studentati teologici) e al seminario di via Settembre a Torino fino al 1992, è stato assistente ecclesiastico nei gruppi scout Agesci Roma IX e a Ivrea e in seguito assistente centrale per la formazione capi e assistente nazionale dal 1991 al ’97 dove ha coordinato anche l’animazione delle Giornate Mondiali della Gioventù volute da Giovanni Paolo II. Vescovo di Iglesias dal 1992-99 e poi nella sua di Ivrea, successore di mons. Bettazzi dal 1999 al 2012, ha poi guidato la diocesi di Cagliari dal 2012 al 2020. Tra l’altro è stato presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e del lavoro e presidente del Comitato scientifico delle Settimane sociali dal 2006 al 2016.
Mons. Miglio perché ha scelto di diventare prete?
La mia vocazione è nata da chierichetto a San Giorgio, man mano si è chiarita tra crisi e approfondimenti e ho ricevuto un grande aiuto dagli studi all’Istituto Biblico a Roma. Ma la chiamata che sentivo forte era di portare la Bibbia e il Concilio alla gente, alle parrocchie, alla diocesi. Mons. Albino Mensa, allora Vescovo di Ivrea, ci ha fatto amare il Concilio: è stato lui ad inviarmi a Roma, grazie anche a don Gigi Rey. Mons. Bettazzi ci ha portati con entusiasmo attraverso la stagione del post Concilio dove ho sperimentato la sua fiducia e la sua pazienza. Un testimone e un grande fratello e padre.
Cosa ha provato quando è stato nominato Vescovo ad Ivrea?
Mai avrei immaginato di diventare Vescovo nella mia diocesi. Ho avuto un grande esempio di umiltà e di affetto da parte dei preti che erano stati i miei formatori, dei compagni di seminario, del clero e dei laici. Ci conoscevamo a vicenda, carattere, limiti e difetti. È stata una ricca esperienza. Ma prima di Ivrea c’è stata Iglesias. Conoscevo un po’ di Sardegna, specialmente per via delle Missionarie dell’Amore Infinito di Vische e degli scout sardi, ma non ero mai stato a Iglesias. I minatori, commoventi e sofferenti mi dissero: «sappiamo che lei non può fare molto per noi ma a noi basta che lei ci sia vicino». E poi i Sardi, gente di carattere, umanità, pietà popolare: indimenticabili le celebrazioni della Settimana Santa ad Iglesias vissute con fede e profonda devozione.
E poi Arcivescovo di Cagliari e ora cardinale…
Cagliari: un’altra sorpresa e un’altra full immersion nella Sardegna. Città vivace e generosa, diocesi ricca di giovani e di vocazioni, una Caritas meravigliosa. Mi sono sentito sempre molto accolto. Anche ora da Arcivescovo emerito ho tenuto lì la mia base. Oggi mi sento ancora più in debito verso Cagliari e la Sardegna perché il mio titolo è Arcivescovo emerito di Cagliari, e anche verso Iglesias, la mia prima sede Vescovile: sono molto riconoscente alla Sardegna e ogni volta che torno è una nuova ricchezza di spirito e di cuore.
E adesso che succede?
Ora sto concludendo un periodo di soggiorno presso l’Abbazia di San Paolo Fuori le Mura: un’esperienza nuova e arricchita dalla spiritualità e dalla umanità dei monaci benedettini. E d’ora in poi si vedrà: quello che la Chiesa e il Papa Francesco mi chiederanno a servizio della Chiesa, e in ogni caso un rinnovato impegno per la Parola di Dio e per il Cammino sinodale. Il Papa ci dice in tutti i modi di non aver paura di guardare in avanti, di non avere paura del cambiamento, e la scelta dei nuovi cardinali, soprattutto nell’apertura all’Asia lo testimonia.