La Regione vuole rilanciare il Gioco d’azzardo

Focus – La maggioranza in Consiglio regionale ha presentato una nuova proposta di modifica della legge 9/2016 contro il gioco d’zzardo patologico che chiede di dimezzare le distanze dei luoghi sensibili dalle sale slot e di eliminare le limitazioni di orario. L’allarme della Diocesi e delle associazioni

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In Piemonte negli ultimi due anni  il gioco d’azzardo è calato del 9,7% (a fronte di un aumento dell’1,6% nel resto d’Italia), le perdite da gioco sono diminuite del 17,8% e i due terzi delle somme non spese nel 2018 non sono state reinvestite in altri giochi. In un biennio si è più che dimezzato il numero delle slot machine che sono passate da 26 mila in oltre 5.700 esercizi commerciali a 12.500 in 1.800 esercizi. Nel primo semestre 2018 il volume di gioco nella regione piemontese, dopo l’entrata in vigore del distanziometro, si è ridotto di 232 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, le perdite sono diminuite di 163 milioni.

I dati dell’Ires parlano chiaro. Eppure, nonostante l’imponente mobilitazione di cittadini e associazioni negli scorsi mesi, la maggioranza in Regione Piemonte continua ad andare dritta per la sua strada nel progetto di modificare, smantellandola, la legge 9/2016 contro il gioco d’azzardo patologico, approvata dall’allora Giunta Chiamparino.

Il provvedimento era stato messo in discussione lo scorso giugno da un emendamento, all’interno del ddl Omnibus, poi ritirato, che chiedeva di eliminare la valenza retroattiva delle norme sul distanziamento delle sale slot dai luoghi «sensibili» (scuole, banche, ospedali, parrocchie), anche ai titolari di sale gioco e sale scommesse già esistenti nel 2014, due anni prima che venisse approvata la legge.

La scorsa settimana il percorso di riforma ha iniziato il suo iter in Commissione consiliare a partire da una seconda proposta di modifica della legge presentata dal consigliere Claudio Leone (Lega). In sostanza la riforma chiede di dimezzare le distanze fra i luoghi «sensibili» e le sale slot, portandole da 500 a 250 metri, e di ridurre l’elenco dei luoghi a rischio cancellando, per esempio, le parrocchie, gli oratori, gli sportelli bancomat e gli istituti di credito. La nuova proposta, inoltre, elimina le limitazioni di orario alle macchinette da parte dei Comuni.

La maggioranza in Consiglio regionale, a cominciare dal presidente della Regione, Alberto Cirio, ritiene la legge del 2016 «troppo restrittiva e penalizzante sotto il profilo economico e occupazionale». L’assessore al Bilancio, Andrea Tronzano, negli ultimi mesi ha più volte sottolineato «la necessità di tutelare i posti di lavoro nel settore».

Secondo i dati pubblicati dal Libro Blu dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli lo scorso anno la media nazionale del denaro speso nel gioco d’azzardo (escluso l’online) è stata di 1.463 euro pro capite, mentre il Piemonte è molto al di sotto con 1.230 euro. Dati che indubbiamente confermano gli effetti positivi della legge regionale grazie agli strumenti del distanziometro dai luoghi sensibili e della limitazione degli orari di apertura delle sale slot. In Piemonte ad oggi c’è un locale con slot ogni 3 mila abitanti contro la media nazionale di un locale ogni 980 residenti e tra il 2015 e il 2019 le slot sono diminuite sensibilmente, passando da 30.000 a 12.274.

Le opposizioni sono in prima linea nel difendere la norma del 2016.

Per la consigliera regionale Monica Canalis (Pd) la nuova proposta di modifica normativa «è peggiore della precedente per quanto riguarda gli effetti del gioco d’azzardo su una popolazione fragile ancor più piagata dalla pandemia». «Chiederemo alla maggioranza, nelle audizioni che ci sono state concesse», evidenzia la Canalis, «in primo luogo di non considerare questo tema di esclusiva competenza del settore commercio. Riteniamo che la questione vada considerata di attinenza prettamente sanitaria: in prima battuta, infatti, si tratta di un tema sociale, di tutela della salute dei cittadini. La legge piemontese ha messo dei paletti al gioco d’azzardo, le slot machine hanno continuato ad esserci, ma con delle regole di distanza dai luoghi ‘sensibili’ e degli orari: norme che certamente vanno difese». Per la Canalis è inoltre necessario coinvolgere nel dibattito anche i sindacati, oltre alle associazioni di categoria, «per avere dei dati certi sui posti di lavoro del settore che attualmente non ci sono, mentre sono evidenti quelli relativi ai benefici della legge sulla salute della popolazione».

Anche il sindaco di Torino e della Città metropolitana Chiara Appendino ha evidenziato «gli ottimi risultati ottenuti in Piemonte e sul territorio torinese nel contrasto al gioco d’azzardo patologico».

Per il neuropsichiatra Augusto Consoli, già direttore del SerT (servizio dipendenze) dell’Asl di Torino, «nel dibattito che si è riacceso va in primo luogo posto al centro il tema fondante della tutela della persona e della salute. La legge del 2016 su questo fronte favorisce una prevenzione strutturale. I dati sanitari del SerT ci confermano che la norma ha messo in campo delle procedure virtuose. Non è possibile mettere in discussione l’effetto protettivo che il provvedimento ha avuto e che ha certamente permesso di salvaguardare persone e famiglie dal tunnel del gioco patologico. Dobbiamo quindi domandarci come mai si tenti di modificare una legge così virtuosa: per tornare a rilanciare il gioco d’azzardo?» Secondo il neuropsichiatra «non si tratta solo di limitare la perdita di denaro, ma di salvaguardare la salute e la vita dei cittadini più fragili nel suo complesso: il gioco patologico limita, infatti, la capacità produttiva, toglie la dignità alle persone. È grottesco, infine, anche solo pensare di incrementare posti di lavoro con questo tipo di attività. Si tratta di una proposta assolutamente inopportuna proprio in un grave momento di crisi».

Pierluigi Dovis, “le norme tutelino sempre le persone vulnerabili”

Pierluigi Dovis, incaricato regionale Caritas Piemonte e Valle d’Aosta

Le diocesi del Piemonte già da diversi anni sono in prima linea a contrasto del fenomeno del gioco d’azzardo. «La Chiesa piemontese», sottolinea Pierluigi Dovis, incaricato regionale Caritas, «pone attenzione al tema a partire dalla constatazione che il gioco d’azzardo è una delle cause di impoverimento delle persone, di rotture delle relazioni importanti, oltre che di solitudine e abbandono».

Ed ecco l’appello delle diocesi alla Regione «perché non sottovaluti gli effetti collaterali che stanno intorno al fenomeno». «Comprendiamo che il gioco d’azzardo ha anche delle valenze di interesse economico», evidenzia Dovis, «ma ci pare che mettendo sulla bilancia il peso economico e il peso della dignità delle persone, quest’ultimo non possa mai diventare secondario rispetto al primo».

Sin dall’inizio del dibattito sulla legge regionale, che fu poi approvata nel 2016, le diocesi piemontesi, attraverso la Caritas e la Pastorale della Salute, hanno partecipato alle consultazioni per la definizione dei vari strumenti normativi. «Riteniamo sotto questo profilo», prosegue Dovis, «che sia fondamentale includere nel dibattito il parere di tutti quegli attori impegnati sul territorio a salvaguardia delle persone vulnerabili che hanno bisogno di essere protette. I testi legislativi, che possono anche essere modificati, devono sempre mirare alla protezione dei soggetti più fragili».

In ultima analisi per il referente regionale Caritas «la valutazione della materia da parte delle istituzioni non può essere settoriale, ma deve tenere conto della complessità del quadro che ruota intorno all’azzardo, che non è composto solo dalle slot machine ma anche dal gioco on line, in modo da armonizzare il più possibile visuali diverse tra di loro, certamente quelle economiche ma anche quelle dell’ambito sociale, educativo e culturale». «Indubbiamente non si deve tornare indietro», conclude Dovis, «in quanto la legge del 2016 ha definito alcuni obiettivi che hanno saputo virtuosamente cogliere le necessità della popolazione a difesa, in primo luogo, dei soggetti più vulnerabili».

Allarme delle associazioni, “non si smantelli la legge”

Le associazioni Acli, Gruppo Abele, Libera, Movimento dei Focolari e Slot Mob la scorsa settimana hanno lanciato un appello ai sindaci dei Comuni piemontesi che chiede di approvare nei rispettivi Consigli comunali una mozione da rivolgere al Consiglio regionale «affinché la legge 9/2016 a contrasto del gioco d’azzardo patologico non venga abrogata e perché si trovino risposte diverse al problema occupazionale».

Le associazioni già lo scorso giugno avevano manifestato davanti a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte, contro la modifica della legge.

«La norma del 2016, approvata all’unanimità», scrivono le associazioni piemontesi, «è stata un traguardo di civiltà, che ha posto il Piemonte all’avanguardia nella prevenzione della ludopatia e ne ha fatto un esempio per le altre Regioni. L’emergenza coronavirus ci ha consegnato il volto dell’Italia migliore, capace di donazione estrema a servizio del bene comune e della salute pubblica. Il disastro della pandemia è il segnale di un necessario cambiamento nel campo delle scelte economiche, senza cedere al ricatto occupazionale, inevitabile se non si ha il coraggio della riconversione produttiva, in linea con la nostra Costituzione: l’articolo 41 ribadisce che la libera iniziativa privata ‘non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana’».

In prima linea nella difesa della legge c’è il movimento Slot Mob, che ha dato vita a iniziative di sensibilizzazione in più di 220 città italiane, la prima a Biella, nel 2013, quindi in altri comuni, fra cui Torino, nel 2016. Mentre si premiavano locali virtuosi ‘no slot’ il movimento richiamava la necessità «di favorite le relazioni delle persone con le persone e non con macchine programmate per sfruttare le loro debolezze.

«Dal buio di questi mesi», scrivono le associazioni ai sindaci dei comuni piemontesi, «non si può uscire tornando indietro».

Gli enti ecclesiali hanno dunque proposto ai sindaci uno schema di mozione «che il Consiglio potrà approvare, nel solco di azioni analoghe già messe in atto di propria iniziativa da alcune delle città della Regione».

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