La Santa Sede e l’impegno per far tornare i bambini ucraini portati in Russia

Viaggio apostolico in Ungheria – La Santa Sede si impegnerà per far tornare i bambini ucraini portati in Russia: «È un problema di umanità». Nel colloquio con i giornalisti sull’aereo che da Budapest lo riportava a Roma (30 aprile), Papa Francesco parla di accoglienza, pace, contatti con il Cremlino, dialogo ecumenico

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La Santa Sede si impegnerà per far tornare i bambini ucraini portati in Russia: «È un problema di umanità». Nel colloquio con i giornalisti sull’aereo che da Budapest lo riportava a Roma (30 aprile 2023), Papa Francesco parla di accoglienza, pace, contatti con il Cremlino, dialogo ecumenico con la restituzione alla Grecia di tre frammenti del Partenone di Atene e l’incontro con Hilarion, ex numero due della gerarchia ortodossa russa dopo il Patriarca Kirill, e ora metropolita d’Ungheria.

Il primo ministro ucraino ha chiesto il suo aiuto per riportare i bambini, portati forzosamente in Russia. Pensate di aiutarlo? «Penso di sì perché la Santa Sede ha fatto da intermediario in alcuni scambi di prigionieri. Siamo disposti a farlo perché è giusto. Dobbiamo aiutare perché questo non è un “casus belli” ma un caso umano. È un problema di umanità prima che un problema di bottino di guerra o di trasloco (deportazione) di guerra. Tutti i gesti umani aiutano; i gesti di crudeltà non aiutano. Dobbiamo fare tutto quello che è umanamente possibile. Penso alle tante donne che vengono nei nostri Paesi con i bambini, e i mariti o sono morti o combattono in guerra. Ora sono aiutate, ma non bisogna perdere l’entusiasmo: quando cade l’entusiasmo, queste donne rimangono senza protezione, con il pericolo di cadere nelle mani degli avvoltoi. Bisogna aiutare tutti i rifugiati. Questa missione non è ancora pubblica: quando lo sarà, lo dirò».

«Ha chiesto a Orbán di riaprire le frontiere della rotta balcanica che lui ha chiuso?». «Credo che la pace si faccia sempre aprendo canali, mai con la chiusura. Invito tutti ad aprire canali di amicizia. Le migrazioni sono un problema che l’Europa deve prendere in mano e non lasciarlo ai cinque Paesi che ne soffrono di più: Cipro, Grecia, Malta, Italia, Spagna. Un altro problema collegato è la natalità. Italia e Spagna non fanno figli: l’età media in Italia è di 46 anni; in Spagna è anche più alta. Sono disposto a fare tutto per la pace. Invito tutti ad aprire rapporti e canali di amicizia. L’ho fatto con Orbán, lo faccio dappertutto».

«Lei ha fatto un gesto ecumenico forte, ha donato alla Grecia tre frammenti del Partenone, che erano nei Musei Vaticani: ha avuto un’eco anche fuori dal mondo ortodosso perché molti musei dell’Occidente discutono se restituire gli oggetti acquisiti nel periodo coloniale. È disposto ad altri gesti di restituzione, per esempio ai popoli indigeni del Canada». «Questo, prima di tutto, è il settimo comandamento: se hai rubato, devi restituire! Questo è stato un gesto giusto, si doveva fare. E se domani vengono gli egiziani e chiedono l’obelisco, cosa faremo? Bisogna discernere. È in corso la restituzione delle cose indigene al Canada: eravamo d’accordo di farlo, adesso chiederò come va. L’esperienza con gli aborigeni del Canada è stata molto fruttuosa. Anche negli Stati Uniti i gesuiti fanno qualcosa. Nella misura che si può restituire, bisogna farlo. A volte non si può perché non c’è la possibilità politica o pratica. Anche per non abituarsi a mettere la mano nelle tasche altrui».

«Come è andato l’incontro con Hilarion, metropolita ortodosso russo dell’Ungheria?». «Il metropolita Hilarion è una persona che rispetto molto: abbiamo sempre avuto un bel rapporto e questi rapporti sono necessari. Dobbiamo avere la mano tesa con tutti. Con il patriarca di Mosca Kirill ho parlato una sola volta in teleconferenza per 40 minuti dall’inizio della guerra. È rimasto in sospeso l’incontro che dovevamo avere a Gerusalemme a giugno o luglio dell’anno scorso: si dovrà fare. Ho un buon rapporto con l’ambasciatore in Vaticano che adesso lascia. È un uomo “comme il faut”, una persona seria, colta, equilibrata. Il rapporto con i russi è principalmente attraverso questo ambasciatore». Hilarion era capo del Dipartimento delle relazioni internazionali del Patriarcato – lo fu anche Kirill prima di diventare Patriarca di Mosca – e nel giugno 2022 è stato rimosso da numero due della Chiesa russa perché, si disse, troppo filo-occidentale e filo-cattolico. Con l’invasione della Russia di Putin in Ucraina, il Patriarca oligarca Kirill ha ripreso saldamente in mano i il Patriarcato. Pochi giorni dopo aver schivato le sanzioni Ue, grazie al veto del capo ungherese Orbán, Kirill ha nominato Hilarion metropolita d’Ungheria e lo ha rimpiazzato con il giovane Antonij, 36 anni, ex segretario di Kirill.

«Che ricordi ha degli ungheresi?». «Negli anni Sessanta studiavo in Cile e ho incontrato tanti gesuiti cacciati dall’Ungheria; sono rimasto amico delle suore ungheresi che avevano una scuola a 20 chilometri da Buenos Aires. Non capivo l’idioma ma due parole le ho capite: “gulasch e tokaj”. Ho visto la vicenda del cardinale József Mindszenty e l’entusiasmo e poi la delusione del 1956 con l’invasione dei carri armati sovietici. L’ungherese non si parla fuori dall’Ungheria: soltanto in Paradiso lo si parla perché dicono che ci vuole un’eternità per impararlo».

Pier Giuseppe Accornero

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