I diseredati, detenuti e donne vittime di tratta, nel cuore di Papa Francesco nella Settimana Santa 2019 che porta alla Pasqua di risurrezione del Signore.
Giovedì Santo (18 aprile) nel carcere di Velletri (Roma) incontra detenuti, agenti di custodia, personale civile; celebra la Messa «in Coena Domini» con la lavanda dei piedi a dodici dei quasi 600 detenuti, il 25per cento stranieri, in prevalenza romeni, marocchini e albanesi.
Per il Giovedì Santo il Papa sceglie luoghi di sofferenza a Roma e provincia. Il 28 marzo 2013, quindici giorni dopo l’elezione (13 marzo), va nel carcere minorile in via Casal del marmo; il 17 aprile 2014 nel Centro riabilitativo Santa Maria della Provvidenza della Fondazione don Gnocchi; il 2 aprile 2015 nel carcere di Rebibbia; il 24 marzo 2016 tra gli stranieri del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto (Roma); il 13 aprile 2017 nella Casa di reclusione di Paliano (Frosinone); il 29 marzo 2018 nel carcere Regina Coeli. Ora a Velletri.
Cosi faceva da cardinale arcivescovo di Buenos Aires. Per la Messa «in Coena Domini» andava nel penitenziario di Devoto: «Come prete e come vescovo devo essere al loro servizio. Ma è un dovere che mi viene dal cuore». Da Papa continua a ritagliarsi spazi per incontrare i carcerati, anche nelle visite in Italia e nel mondo. «Ci fa bene uscire dai nostri recinti perché è proprio del cuore di Dio traboccare di misericordia, straripare, spargendo la sua tenerezza» ha scritto due anni fa offrendo la chiave di lettura di tanti gesti di solidarietà e misericordia.
Le meditazioni della Via Crucis al Colosseo la sera del Venerdì Santo (19 aprile) saranno dedicate alla sofferenza delle vittime della tratta di esseri umani. Francesco ha affidato la preparazione dei testi a suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata e presidente dell’Associazione «Slaves no more. Mai più schiave» sorta il 29 dicembre 2012 su iniziativa di religiose e laici impegnati nella lotta al traffico di esseri umani e nella salvaguardia delle vittime. Presidente è suor Eugenia Bonetti, che si occupa di questo fenomeno che coinvolge migliaia di ragazze, soprattutto immigrate. Spiega la religiosa: «Vorremmo agire in modo ancora più efficace per prevenire e contrastare le violenze sulle donne e per combattere il fenomeno della tratta, lavorando con altri gruppi, enti e associazioni in Italia e all’estero. Il traffico tocca diversi Paesi di origine, transito e destinazione».
Classe 1939, milanese di Bubbiano, pioniera dell’apostolato antischiavista, una vita dedicata alla missione e un passato anche a Torino. A vent’anni entra tra le Missionarie della Consolata, fondate dal beato Giuseppe Allamano nel 1911, e va in missione per 24 anni in Kenya: a Nairobi, Meru, Nyeri, Murang’a lavora nell’educazione e formazione di catechisti e insegnanti, nella pastorale parrocchiale e vocazionale, nell’animazione delle giovani e delle donne. Racconta: «In Africa le donne sono state le mie maestre. Da loro ho imparato l’accoglienza, la gioia, la condivisione. Le donne africane nella loro povertà sono straordinarie. Quando sono tornata in Italia, sono caduta in crisi: mi sembrava di tradire la mia vocazione. Volevo tornare in Africa».
A Torino, nell’ambito della Caritas diocesana, si occupa del Servizio migranti, che ha due sezioni, una maschile in via Principi d’Acaja e una femminile – di cui la suora è responsabile – in via Parini 7, centro di ascolto e accoglienza di donne immigrate. Il 2 novembre 1993 ha l’incontro decisivo: «Ho conosciuto Maria, una prostituta nigeriana, malata, tre bambini, senza documenti. Mi ha avvicinata per strada e mi ha supplicata: “Sister, help me! Help me! Sorella, aiutami, aiutami!”. Quel grido non mi ha fatto dormire e mi ha aperto gli occhi sul mondo della strada e della notte, sulla realtà di migliaia di donne trafficate e costrette a prostituirsi come schiave. Non solo nigeriane. Ha capovolto il modo di vivere la mia vocazione missionaria. Me l’ha mandata il Signore per farmi capire che la missione non è una questione geografica. Ho capito che dovevo star loro vicina. E loro, attraverso di noi suore hanno capito la diversità fra chi le sfrutta e chi le aiuta senza pretendere niente in cambio».
Nel 1997 frequenta a Londra un corso di specializzazione al Missionary Institute of London, realizzando una ricerca su migliaia di giovani donne importate in Europa, in particolare tremila nigeriane che da Torino erano costrette a prostituirsi in diverse città del Nord. Dal gennaio 2000 lavora a Roma all’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi) come responsabile del settore «Tratta donne e minori» nel quale coordina 250 religiose di 80 Congregazioni e un centinaio di case di accoglienza in Italia con oltre 6.000 vittime: «Le sorelle non hanno paura di uscire dai conventi, anche di notte, per incontrare le donne costrette a prostituirsi», un immondo «traffico» che le trasforma in «merce».
Sollecita adeguate legislazioni contro i trafficanti e per la protezione delle vittime. Visita donne immigrate del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Ponte Galeria (Roma); è tra le fondatrici di «Slaves no More». «Le religiose sono state tra le prime in Italia a leggere la tratta delle donne per lo sfruttamento sessuale e hanno cercato di dare risposte concrete, offrendo ospitalità nelle loro case e proponendo cammini di integrazione». Il 16 ottobre 2013 riceve il «Premio Cittadino europeo» dell’Europarlamento a Strasburgo. Con la sua testimonianza di «missionaria di strada» manda in visibilio il milione di donne che partecipano alla manifestazione contro il governo di centrodestra «Se non ora quando?» nel marzo 2011. L’8 marzo 2014 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le conferisce l’Ordine al merito della Repubblica «onorificenza rivolta a tutta la “squadra di religiose” per il servizio di compassione, accoglienza e recupero sulle strade, nei centri ascolto, nelle case di accoglienza».