La stampa cattolica in Piemonte fra Ottocento e Novecento

Puntata 1 – Il caso più clamoroso è forse quello della Stampa Diocesana Novarese (SDN). Dal 1882 a Novara si pubblica «Il Bescapè» sottotitolo «Gazzetta novarese», dal nome del vescovo Giovanni Francesco Carlo Bascapè, barnabita, collaboratore e biografo a Milano di San Carlo Borromeo e poi vescovo di Novara, venerabile dal 2005. PUNTATA 2 – PUNTATA 3

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Papa Paolo VI e mons. Franco Peradotto, già direttore de La Voce del Popolo

Il caso più clamoroso è forse quello della Stampa Diocesana Novarese (SDN). Dal 1882 a Novara si pubblica «Il Bescapè» sottotitolo «Gazzetta novarese», dal nome del vescovo Giovanni Francesco Carlo Bascapè, barnabita, collaboratore e biografo a Milano di San Carlo Borromeo e poi vescovo di Novara, venerabile dal 2005. Il liberale «Monte Rosa» di Varallo Sesia nasce nel 1861, anno dell’unità d’Italia; nel 1903 diventa cattolico; dal 1957 entra tra i periodici della diocesi di Novara: 10 testate, sorte a fine Ottocento,10 edizioni dello stesso giornale, ciascuna con propria testata, metà pagine comuni e metà locali; un solo direttore, un solo editore. Formula indovinata per una diocesi fortemente differenziata dal punto di vista storico-geografico, un territorio vasto e variegato. L’idea vincente è raggrupparle e valorizzarle attorno a «L’Azione» di Novara.

«Torino risorgimentale è la capitale della stampa laica e della stampa cattolica» afferma lo storico della Chiesa subalpina Giuseppe Angelo Tuninetti: «È difficile pensare il processo politico italiano senza la focosa figura del giornalista ligure-piemontese don Giacomo Margotti e il suo “L’Armonia”, capostipite di una lunga serie di preti giornalisti che hanno narrato, segnato e co­struito la storia della Chiesa in Piemonte». E don Giorgio Zucchelli, già presidente della Fisc, nel documentatissimo «Il settimanale diocesano questo sconosciuto» (2014) sostiene: «Quella del Piemonte è l’esperienza più vivace dell’editoria diocesana in Italia: ben 15 (il 48,38%) giornali nati nell’Ottocento e 7 dopo la metà del Novecento (22,58%)». Per don Franco Peradotto, storico direttore de «La Voce del Popolo» e per 12 anni presidente della Fisc, «la santità torinese e piemontese ha un carisma particolare: il giornalismo. strumento di evangelizzazione, solidarietà, testimonianza e servizio alla comunità» con i santi Giovanni Bosco e Leonardo Murialdo, i beati Giacomo Alberione ed Edoardo Giuseppe Rosaz, i venerabili Paolo Pio Perazzo ed Eugenio Reffo, il servo di Dio Giovanni Barra. Tutti paladini della «buona stampa».

Nei settimanali diocesani la Chiesa locale riconosce la propria voce. La popolarità è la loro caratteristica. Notevole la gamma di «diocesanità» e di «ecclesialità», enormemente cresciute dopo il Concilio Vaticano II (1962-65). Quasi tutti i settimanali nascono dopo il 1870, in pieno movimento cattolico e in un’atmosfera intransigente: «L’Ancora» di Acqui Terme (Alessandria); «Gazzetta d’Alba» di Alba (Cuneo); «La Voce Alessandrina» di Alessandria; «Corriere della Valle» di Aosta; «Gazzetta d’Asti» di Asti, «Il Biellese» di Biella; «La Vita Casalese» di Casale Monferrato (Alessandria), «La Guida» di Cuneo, «La Fedeltà» di Fossano (Cuneo), «Il Risveglio Popolare» di Ivrea (Torino); «L’Unione Monregalese» di Mondovì (Cuneo), «L’Azione» di Novara; «L’Eco del Chisone» di Pinerolo (Torino); «Corriere di Saluzzo» di Saluzzo (Cuneo); «La Valsusa» di Susa (Torino); «La Voce del Popolo» di Torino; «L’Eusebiano» di Vercelli. Si aggiunge il settimanale culturale, ma non strettamente diocesano, di Torino «il nostro tempo», emblema dell’imprenditoria massmediale cattolica nel Secondo dopoguerra. Quindi la stampa cattolica esiste ed è onorabile ma «povera e nuda» come la filosofia di Petrarca.

Il Piemonte e Torino sono la culla della stampa italiana, nel senso di testate risorgimentali che ispirano e supportano l’unificazione della Penisola. Così è per la stampa cattolica. Il 15 dicembre 1847, grazie alla nuova legislazione emanata da re  Carlo Alberto, esce a Torino «Il Risorgimento» di Camillo Benso di Cavour, seguito da «Concordia», «Opinione» «Gazzetta del Popolo», tutti fieramente anticlericali con evidenti venature anticristiane e anticattoliche, senza dimenticare il secolare dissidio Chiesa-Stato. I cattolici rispondono dal 4 luglio 1848 con «L’Armonia della Religione colla Civiltà» di Margotti, bisettimanale, poi trisettimanale, infine quotidiano. Nel 1848-50 compaiono altri giornali: i quotidiani «Il conciliatore torinese», «Lo smascheratore», «La campana»; e poi una quantità di periodici. Una storia travagliatissima: testate che nascono e muoiono, scompaiono e riappaiono, sospendono e rinascono. I pionieri sono vescovi, sacerdoti e laici, direttori e giornalisti che si nutrono di coraggio e di fervore creativo grazie a Leone XIII e alle sue encicliche «Rerum novarum» (1891) ed «Etsi nos» (1882) che auspica la nascita nelle diocesi di libri, scritti e giornali «che pigliano le difese della Chiesa».

«L’Armonia» di don Margotti è una voce molto intransigente e molto scomoda: il potere sabaudo tenta di soffocarla con sequestri, chiusure, multe, anche un tentativo di omicidio del direttore Margotti; Cavour, il principe dei liberali, ne ordina la chiusura per quattro mesi annulla la vittoria elettorale di alcuni concorrenti scomodi, tra i quali Margotti. «Il moderatore», fondato dall’ex gesuita Carlo Passaglia, vuole la conciliazione fra Stato e Chiesa. Nascono «Il Conciliatore Torinese», «Lo Smascheratore» e «La Campana»; i periodici «L’Ordine» e il «Subalpino». L’intransigente «Corriere Nazionale» nel 1894 si fonde con «L’Italia reale». L’arcivescovo Lorenzo Gastaldi vuole «L’Emporio popolare-Corriere di Torino» per contrastare l’eccessiva intransigenza dell’«Unità Cattolica». Nel nuovo secolo i moderati prendono il sopravvento con «Il Momento» che finirà filo-fascista; poi i settimanali «La buona settimana» e «La Riscossa»; i quotidiani «Il Corriere» e «Il Popolo Nuovo» della Democrazia cristiana dopo la Seconda guerra mondiale.

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