La Terra soffoca, il Papa lancia un anno di riflessione

Iniziativa speciale – Francesco chiede di rileggere l’enciclica «Laudato sì’» per affrontare alla radice i problemi ambientali, economici e sociali del pianeta. All’origine degli squilibri, l’idolatria del profitto

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«I can’t breathe», «non posso respirare». C’è una struggente e drammatica coincidenza tra il grido disperato di George Floyd, l’afroamericano di 46 anni fermato dalla polizia a Minneapolis lo scorso 25 maggio e ucciso dalla pressione impressa sul suo collo dal poliziotto che lo immobilizzava, e il grido del pianeta Terra. L’uno e l’altra vittime di una pressione malvagia e irrazionale. La pressione di chi sente di avere il potere e ritiene di doverlo gestire arbitrariamente, fino alla fine. Per l’uno come per l’altra una via di scampo, mollare la pressione, ma per Floyd il suo grido non ha trovato ascolto. Per ben 8 minuti e 46 secondi il poliziotto ha scaricato il suo peso sul suo collo. Da più di due secoli, con l’inizio della rivoluzione industriale (1798), l’uomo ha dato il via ad un processo di inquinamento atmosferico senza precedenti e gli esperti ci avvisano che il 2050 rappresenta la data di non ritorno, quando cioè sarà troppo tardi per far «respirare» la Terra. Il mondo ha recentemente ricordato questa urgenza lo scorso venerdì 5 giugno, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente dedicata quest’anno al tema del declino della biodiversità.

Il 24 maggio 2015, giorno di Pentecoste, Papa Francesco, con la sua esortazione Laudato si’, ha profeticamente denunciato la duplice pressione dell’uomo sul proprio simile e sul pianeta. Due crisi apparentemente diverse, che invece Francesco ha ricondotto alla sua radicale unità: «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale». Pertanto «le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» (LS n. 139). Esiste un’intima connessione tra lo sfruttamento ambientale e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Entrambe sono mosse da una medesima logica, quella dell’usa e getta che genera «scarto»: scarto che è spreco, scarto che inquina, scarto che emargina. Occorre prendersi cura della nostra «casa comune» e dei nostri fratelli e sorelle «più fragili».

Con questa intenzione Papa Francesco il 24 maggio scorso, subito dopo la recita del Regina Coeli, ha voluto ricordare il quinto anniversario della pubblicazione della sua enciclica, richiamando l’attenzione sul «grido» della Terra e dei poveri. Ha così nuovamente fatto proprio il grido del pianeta e di ogni uomo che, come Floyd, ha implorato pietà: «I can’t breathe», «non posso respirare»; e con coraggio ha indetto «un Anno speciale per riflettere sull’enciclica (dal 24 maggio di quest’anno fino al 24 maggio del prossimo anno)». L’intento non è quello di celebrarla, quanto di rilanciare il suo messaggio.

Non abbiamo trovato molti rimandi mediatici alla ricorrenza della pubblicazione di questa enciclica, ma forse è più onesto così. Il suo magistero è troppo scomodo per riprenderlo nella radicalità del suo messaggio, come quando denuncia che «i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull’ambiente» (LS n. 56). E ancora, «il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano. La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale» (LS n. 109).

Anche per la politica non mancano rilievi nella Laudato si’, poiché essa, a differenza di ciò che sta avvenendo, «non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. […] Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura. La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo» (LS n. 189). Se ciò non bastasse, tuona ancora Francesco, «diversi Paesi sono governati da un sistema istituzionale precario, a costo delle sofferenze della popolazione e a beneficio di coloro che lucrano su questo stato di cose. Tanto all’interno dell’amministrazione dello Stato, quanto nelle diverse espressioni della società civile, o nelle relazioni degli abitanti tra loro, si registrano con eccessiva frequenza comportamenti illegali» (LS n. 142).

Sono solo alcune delle affermazioni che incontriamo leggendo le pagine della Laudato si’. Come celebrarla, quando né crisi economiche, né pandemie fanno venire il dubbio che il sistema esiga una radicale trasformazione, più che non piccoli aggiustamenti. Neppure gli ecologisti hanno trovato motivi per ricordare l’anniversario della pubblicazione della Laudato si’. La logica che la sorregge in effetti non la rende un manifesto ecologista. La sua parola d’ordine è «ecologia integrale». Dal momento che tutto è connesso, l’azione di riparazione ecologica deve essere contemporaneamente ambientale, dell’uomo in rapporto alla natura, sua «casa comune», e in rapporto al proprio simile, «carne della propria carne»; economica, così da instaurare un’economia capace di superare il criterio del solo profitto; e sociale, attraverso la rigenerazione delle istituzioni locali ed internazionali che compongono e governano la società (LS nn. 138-142). Queste le parole più puntuali di Francesco: «Una strategia di cambiamento reale esige di ripensare la totalità dei processi, poiché non basta inserire considerazioni ecologiche superficiali mentre non si mette in discussione la logica soggiacente alla cultura attuale» (LS n. 198), che lo stesso Papa definisce logica dello sfruttamento e dello scarto.

Francesco ha cercato di dare ‘carne’ a questa sua proposta di cambiamento. Lo ha fatto con il sinodo Panamazzonico svoltosi a Roma nell’ottobre del 2019, che ha trovato non poche resistenze. L’approccio metodologico sostenuto nella sua enciclica ha messo in evidenza la pertinenza della sua analisi. La desertificazione di quelle aree geografiche corrisponde alla rovina delle popolazioni indigene. Alla distruzione della biodiversità corrisponde la distruzione delle diversità culturali… Di contro il sogno di Francesco: «Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa. Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana. Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste» («Querida Amazonia» nn. 6-7).

Francesco intendeva ribadire il suo messaggio a sostegno di un’ecologia integrale anche ad Acerra, dove lo scorso 24 maggio avrebbe voluto trascorrere il quinto anniversario della sua enciclica, se il Covid19 non glielo avesse impedito. Da due anni nove diocesi campane, tra le quali quella di Acerra, colpite dal dramma dell’inquinamento prodotto dall’interramento e/o dall’incendio di rifiuti tossici (da cui l’espressione, coniata nel 2000, «Terra dei fuochi»), stanno facendo un cammino alla scuola della Laudato si’. Il loro intento: mettere la Chiesa in dialogo con tutte le persone di buona volontà per affrontare insieme le questioni ambientali, economiche e sociali di quell’area geografica che investe, in particolare, la provincia di Napoli e Caserta con un severo impatto sulla salute della popolazione locale e non solo, data l’esportazione dei loro prodotti ortofrutticoli (non dimentichiamo che «tutto è connesso»).

Di fronte alla criminalità che getta legna sul fuoco, alla finanza e alle multinazionali che rivolgono lo sguardo ai propri interessi, alla politica che osserva senza decidere, a noi il compito di generare pressione «su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale» (LS n. 206), anche se questo ci richiederà di perdere alcuni nostri privilegi. Bene facciamo a fare la raccolta differenziata, a non sprecare l’acqua e il cibo, a evitare il consumo inutile di energia, a usare mezzi di trasporto ecologici…, ma tutto questo non basta più. I problemi ambientali sono diventati talmente radicali che vanno affrontati alla radice. E la radice è un sistema che ha nel profitto il suo idolo. Nel suo nome sfrutta le risorse naturali pensandole infinite, deforesta, rende i poveri più poveri e crea nuove povertà… Il tutto a beneficio di pochi. Occorre «’cambiare il modello di sviluppo globale’, la qual cosa implica riflettere responsabilmente ‘sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni’.

Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso» (LS n. 194). In altre parole, si tratta di ricondurre il potere, il progresso e l’economia a servizio dell’uomo. Solo a queste condizioni possiamo impedire l’asfissia del nostro pianeta e quella dei tanti uomini che per ragioni razziali, sociali ed economiche sono destinati a fare la fine di Floyd.

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