La via obbligata dei vaccini

Intervista – La guerra mondiale contro il Covid-19, la campagna vaccinale in Piemonte, la questione della sicurezza dopo il caso AstraZeneca. Parla il virologo Giovanni Di Perri, primario di malattie infettive all’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino

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Foto Pellegrini

«I vaccini sono l’unica possibilità di uscire da questa pandemia; non esiste un piano ‘B’». Ad affermarlo è il virologo Giovanni Di Perri, primario di Malattie infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino. L’abbiamo intervistato il 15 marzo, nel giorno della sospensione delle somministrazioni di AstraZeneca (il vaccino finito sotto osservazione per episodi di trombosi) e dell’avvio della campagna vaccinale del Piemonte sulla fascia 70-79 anni  e sulle persone in condizioni di estrema vulnerabilità (altro servizio su La Voce e il Tempo in edicola).

Il virologo Giovanni Di Perri

Prof. Di Perri, anche a fronte di quanto è successo ad AstraZeneca i vaccini sono l’unica strada?

Certamente. Solo con la vaccinazione possiamo pensare di uscire da questa epidemia. Purtroppo l’allarme generato dal caso AstraZeneca è un duro colpo per la campagna vaccinale, ma speriamo che la gente comprenda e non si faccia spaventare. Attraverso le autopsie e l’esame dei casi andrà accertata la natura degli episodi di trombosi per i quali si ipotizza una correlazione con il vaccino, ma finché tutti gli esiti non ci saranno non ci si può pronunciare. Bisogna d’altra parte riflettere sulle cifre: sono già state vaccinate con AstraZeneca in tutto il mondo oltre 17 milioni di persone e su numeri così grandi c’è inevitabilmente una percentuale di casi infausti, che si verificano successivamente, coi quali non è detto che ci sia correlazione.

Nel Regno Unito AstraZeneca viene usato massicciamente.

Nel Regno Unito, su oltre 11 milioni di vaccinati sono morte 275 persone dopo l’inoculazione, ma si tratta di decessi la cui connessione con il vaccino era soltanto temporale, non c’era un nesso di causa. Oggi tutti parlano di AstraZeneca, ma sono decedute anche persone vaccinate con Pfizer… Per ragionare correttamente bisogna considerare, per confronto, la percentuale di morti che si verificano nella popolazione non vaccinata: se non si osservano scostamenti, vuol dire che i deceduti dopo il vaccino sarebbero morti indipendentemente dalla vaccinazione.

Però adesso la gente ha paura…

Si, anche perché su questo argomento c’è un’attenzione molto elevata dei mass media e una comunicazione che porta a trarre conclusioni affrettate. Accadde già con il vaccino antinfluenzale alcuni anni fa: si ipotizzava che fosse responsabile di alcuni decessi, ma poi si dimostrò che si trattava di episodi indipendenti. La gente deve avere fiducia nelle autorità preposte e pensare ai benefici che il vaccinarsi offre a tutta la collettività, perché gli effetti della pandemia si ripercuotono su tutti.  Se io infatti mi  vaccino contro il Covid, non solo non mi infetterò e non mi ammalerò, ma non trasmetterò la malattia!

C’è forse un problema di mentalità?

Deve prevalere una mentalità altruistica perché siamo in un momento difficile e la società sta affondando, sta facendo debiti per sopravvivere, ma non potrà farlo per sempre. Anche a fronte degli esiti infausti, i benefici della vaccinazione sono superiori agli effetti del Covid. Purtroppo paghiamo i retaggi del passato, di chi pensa ancora ai vaccini di tanti anni fa… Ma è come se paragonassimo il cruscotto di una automobile moderna con quello di una macchina di 50 anni fa… Poi il mondo dei social spesso non favorisce la comunicazione scientifica, alimenta la confusione, il diffondersi di fake news.

Non le sembra che ad aumentare la perplessità della popolazione sui vaccini stia pesando anche il discorso delle varianti del virus?

Anche in questo caso sono i dati a darci gli strumenti per vincere i dubbi e le resistenze. Sulla variante inglese, che è quella al momento prevalente e molto contagiosa, la risposta viene proprio guardando ai dati della Gran Bretagna, dove si è originata e da dove si è diffusa: ebbene, in Gran Bretagna i vaccini risultano  efficaci. Rispetto alla variante brasiliana e a quella sudamericana l’efficacia sembra inferiore, ma non bisogna pensare solo al problema di non infettarsi.

Cioè?

Il vaccino assume importanza non solo in quanto blocca il virus, ma anche nel momento in cui riduce gli effetti più pesanti dell’infezione. La pressione sugli ospedali, le complicazioni, la gestione dei malati aumenta per il fatto di avere tanti pazienti con sintomi gravi, tante persone che necessitano di posti in terapia intensiva. Bene, se gli effetti peggiori si riducono, eviteremo che siano i più vulnerabili a farne le spese. L’efficacia di un vaccino è anche questa.

Alle persone «vulnerabili» è dedicata la nuova fase vaccinale del Piemonte, che si è aperta il 15 marzo: in cosa consiste?

Il criterio è sempre quello di allentare la pressione sugli ospedali per garantire il più possibile le cure. Per questo la nuova fase della campagna vaccinale tutela i più fragili, cioè quelli che, per età o per condizioni patologiche indipendenti, contraendo il virus correrebbero rischi maggiori. L’obiettivo resta quello di vaccinare più rapidamente possibile tutta la popolazione e per questo confidiamo nella possibilità che in aprile si possa disporre anche della fornitura del vaccino di Johnson & Johnson. Nel frattempo si è partiti dal personale sanitario, indispensabile per garantire le cure, quindi il personale scolastico particolarmente esposto e le fasce di popolazione partendo dai più anziani. Ora per le persone «in estrema vulnerabilità» il piano nazionale indica 13 categorie di malati che attraverso il medico di base potranno richiedere il vaccino, per loro il Covid potrebbe avere effetti gravi, è quindi importante che siano tutelati.

Siamo a metà marzo. Dall’inizio della campagna vaccinale  in Piemonte  sono state inoculate  593.766 dosi di vaccino (delle quali 179.994 come seconda dose), corrispondenti all’83,7% delle 709.000 dosi disponibili fino ad oggi. Ora si rischia il rallentamento, si rischiano le rinunce, quali sono le prospettive?

Se si riuscisse a vaccinare la popolazione con più di 60 anni, a metterla così in sicurezza, allora si potrebbe pensare ad un allentamento progressivo delle misure sociali di sicurezza. Ma certamente si dovrebbe aumentare il ritmo con cui vacciniamo. Come abbiamo visto lo scorso anno, con l’arrivo della stagione calda  e con il fatto che si limita la permanenza negli ambienti chiusi, i contagi diminuiscono: così, tenuto conto che nella popolazione ci sono anche coloro che hanno già avuto l’infezione (circa 6 milioni di Italiani), credo che procedendo con i vaccini, l’estate potrebbe essere il tempo in cui vedere la luce in fondo al tunnel.

Intanto però siamo in zona rossa…

Sì. E purtroppo la gente oggi è più stanca, meno disponibile ad accettare le restrizioni e anche questo è un problema. Non credo che le misure della zona rossa sortiranno grande effetto: ci vorrebbe in questo momento qualcosa di molto rigoroso, ma le persone non ce la fanno più… Dobbiamo affrontare questo sforzo e soprattutto non dimenticare che è solo il vaccino la strada per uscirne.

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